Beato Rolando Rivi, ucciso a 14 anni dai partigiani comunisti. 80 anni dal martirio in odio alla fede di un seminarista innocente
- Alessio Benassi
- 13 apr
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 14 apr

Emilia, terra di sangue: il “Messico d’Italia”
Nell'aprile del 1945, la guerra in Italia volgeva al termine, ma il conflitto civile continuava a permeare la società e la popolazione. Questo clima teso, accuito dalle lotte politiche (anche interne agli ambienti anti e non fascisti), sfociò in episodi efferati di violenza e (in)giustizia sommaria.
Nelle regioni dell'Italia settentrionale le violenze si registrarono a migliaia, ma in una in particolare le efferatezze furono particolarmente terribili: l'Emilia. In questa terra il terrore dilagava e il sangue scorreva.
Giovannino Guareschi, grande scrittore e umorista natio di quella terra, scrisse:
«Noi chiamammo poco tempo fa l'Emilia "Messico d'Italia", ma ciò è ingiusto perché piuttosto si deve dire che il Messico è l'Emilia d'America. Cose terribili succedono a Castelfranco Emilia e gente ci manda lettere piene di terrore elencando assassinii. Quarantadue persone sono già state soppresse misteriosamente per cause di politica o di vendetta, in uno spazio di pochi chilometri quadrati, in piena pianura. E la gente sa, ma non parla perché ha paura.»
Il paragone con il Messico allude alla persecuzione anticattolica, avvenuta nel paese sudamericano negli anni 20, quando il governo anticlericale passò per le armi i Cristeros, milizia cattolica messicana, insorta contro il governo laicista, in difesa della propria fede.
La storia del Beato Rolando Rivi, martire quattordicenne
Tornando all'Emilia, uno degli episodi che mi ha sempre colpito profondamente, avvenne il 13 aprile del 1945, sto parlando della tragica storia del beato e Rolando Rivi.
Rolando, classe 1931, figlio di Roberto Rivi e Albertina Canovi, secondogenito di tre; nell'autunno del 1942, giovanissimo, segue la propria vocazione ed entra nel seminario di Marola.
Nel 1944 i tedeschi occupano il paese e il seminario e Rolando deve tornare a casa, dove sceglie di continuare a indossare la sua divisa, la veste da seminarista, continuando a considerarsi tale, nonostante l'appello dei genitori che, viste le centinaia di violenze ai danni dei sacerdoti ad opera dei partigiani, lo scongiurano di vestire abiti laici.
Il 10 aprile, un gruppo di partigiani comunisti, parte della 27ª Brigata Garibaldi, costrinse Rolando a seguirli nella boscaglia, lì fu avviato un "processo". I partigiani accusavano Rolando di essere una spia dei tedeschi.
Per tre giorni, il povero Rolando fu percosso e torturato. Gli ordinarono di togliersi i vestiti e sputare sul crocifisso. Nonostante la prova, Rolando non chinò il proprio capo davanti all'odio e non rinnegò mai la propria fede in Gesù Cristo. Il 13 aprile, Giuseppe Corghi, commissario politico della formazione partigiana, lo finì con alcuni colpi di pistola. Solo la sera seguente, il padre di Rolando e il curato Don Alberto Camellini, trovarono il corpo straziato del ragazzo.
Processo e amnistia: i colpevoli e la giustizia negata
I responsabili, i partigiani Corghi e Delciso Rioli, vennero condannati in tutti i gradi di giudizio, ma le pene furono ridotte per effetto dell'amnistia Togliatti.
La giustizia appurò che Rolando, non era una spia fascista infiltrata e che non aveva causato la morte di un plotone partigiano, come da accuse dei suoi aguzzini. Nonostante ciò, ancora oggi, una parte della sinistra, sostiene la tesi della "spia Rivi": paragonare un seminarista quattordicenne a uno 007, per difendere i criminali che lo massacrarono in odio alla sua fede, è semplicemente una pretesa anti-storica.
Eccidi in Emilia: il Triangolo della Morte e le vittime dimenticate
Come già detto, il martirio in odium fidei del Beato Rolando Rivi non è l'unico caso di questo tipo, le uccisioni sommarie e ingiuste, in Emilia e in tutto il nord Italia, furono numerosissime.
Nel maggio del 1945, a San Pietro in Casale, fu fucilato il podestà Sisto Costa, insieme alla moglie, al figlio e ad altri dodici presunti fascisti. E' passato alla storia come il primo Eccidio di Argelato, seguito, l'11 maggio, dal secondo Eccidio di Argelato, che vederà la morte dei sette fratelli Govoni e di Giacomo Malaguti, sottotenente di artiglieria del Regio Esercito, rimasto fedele all'Esercito Cobelligerante.
Altresì, tra giugno e luglio, furono uccisi proprietari terrieri, sacerdoti, esponenti di partiti politici anticomunisti, agricoltori e giornalisti, come Confucio Giacobazzi e Giorgio Morelli.
Questa pagina della nostra storia, ancora oggi troppo negata, taciuta e minimizzata, merita, invece, di essere raccontata. La memoria del Beato Rolando Rivi, e di tutti gli innocenti massacrati nel Triangolo della morte dell'Emilia, va custodita e tramandata.
Alessio Bennassi
Riporto all'attenzione dei lettori che la vicenda legata al Beato Rolando Rivi, essendo nativo di San Valentino (comune di Castellarano, provincia di Reggio Emilia) ed essendo stato ucciso a Monchio (comune di Palagano, provincia di Modena) si svolge tra l'appennino reggiano e quello modenese.