top of page

Bisogno di Esistere

Dei ragazzi si scontrano fuori da un liceo fiorentino, subito si leva da sinistra un grido concitato: si teme per la libertà, per il futuro dei propri figli che cresceranno in un mondo senza diritti, che saranno costretti a fare i conti con le violenze squadriste.

Il pericolo sembra quanto mai concreto, ora che siamo governati da questi stessi individui, bisognava aspettarselo, forse era solo questione di tempo.

È il momento di r-esistere.


R-esistere. Trovo particolarmente interessante questo gioco di parole e il modo con cui viene utilizzato dal mondo intellettuale di sinistra. Sembrerebbe quasi fatto a bella posta.

La parola r-esistere infatti ha una valenza più profonda di quanto si possa credere, non rimanda unicamente al passato, alla tradizione, non evoca solamente l’epopea partigiana nella guerra civile, ma aggiunge qualcosa di nuovo, proprio del nostro secolo, del nostro mondo, coglie, cioè, il bisogno di esistere.


Il clamore intorno ai fatti di Firenze, che potrebbero essere liquidati come risse di ragazzi e nient’altro, e l’appello dei presidi a diffidare delle destre con un continuo rimando al passato, alla storia trascorsa, lascia trapelare un bisogno esistenziale della sinistra moderna: riemergere dalla fanghiglia post-ideologica in cui ci troviamo e riaffermare sé stessa.

Perciò piace parlare di fascisti contro comunisti perché è un po’ come ritrovare qualcosa, riscoprire il basamento di una colonna sotto le macerie e illudersi che possa essere eretta di nuovo.


I progressisti, poi, amano particolarmente rivitalizzare questo scontro, riaccendere gli animi intorno a questioni che dovrebbero essere ormai superate, sobillare l’opinione pubblica, per non vedere il vuoto che ci circonda.


Un vuoto che è innanzitutto vuoto di idee; i fantomatici valori di cui la sinistra si fa portatrice oggi non sono infatti che la negazione di ciò che c’era prima: la libertà di amare, la libertà di credere in ciò che più ci aggrada e l’affrancamento da qualsiasi tipo di morale cristiana, il mondo senza frontiere, non sono altro che la negazione dell’idea di famiglia, delle radici spirituali e dell’idea di popolo, e sono perciò privi di una realtà ontologica propria.


Questo vuoto che circonda e che sembra fagocitare ogni cosa è stato creato e voluto dai progressisti stessi nel corso degli anni, hanno spazzato via i riferimenti che caratterizzavano il vecchio mondo con un colpo di spugna. Eppure, mi viene da pensare che non fossero pronti al dopo. Non erano pronti a costruire, forse non ne erano in grado, e le idee sulle magnifiche sorti e progressive si sono come disperse nel fango o sono esse stesse divenute il fango, limo informe, residuo dalle macerie del sistema precedente e in cui ancora siamo immersi.

Nella fanghiglia nulla ha più la forma che aveva prima, tutto si confonde e non c’è differenza tra le cose, si somigliano tutte.


I giovani, in particolare, in questo vuoto ci sono nati e cresciuti, lo hanno respirato sin dal primo momento, hanno assorbito, cioè, un’idea imperante che li costringe a non essere niente di fatto per poter essere tutto in potenza. Non ci si può stupire se in questo scenario la politica perde via via il suo ruolo fondamentale. Non ci si può stupire perché la politica richiede di avere una visione del mondo da realizzare, un sistema di valori da portare alla luce, la politica richiede di avere un credo, di essere qualcosa e prendere una posizione.

Se gran parte della popolazione, giovane o adulta, non si reca ai seggi quando è chiamata a votare significa che è necessario iniziare a porsi delle domande, comprendere la radice di un problema profondo che con gli anni non fa altro che acuirsi.


Inoltre, Il modo di fare politica che è stato importato dagli Stati Uniti negli ultimi anni, le battaglie sul gender, sul razzismo e sull’ambientalismo, che sembrano essere così capaci di catturare consenso giovanile, in realtà hanno provocato l’effetto contrario. Un consenso ci potrà pur essere tuttavia si ferma alla condivisione sulle reti sociali, non ha la forza di superare lo schermo del cellulare.

In fondo, è solo così, vivendo come se si seguisse un moto inerziale, che si può sopportare un’esistenza incolore.


L’unica via, quindi, per riaffermare la propria esistenza, per distaccarsi dall’ammasso indistinto e amorfo diviene quella di rifarsi al passato, quando ancora esistevano delle categorie, dei valori contrapposti a cui poter guardare, perché nessun essere umano è fluido e abbiamo tutti bisogno di confini che stabiliscono cosa siamo noi e cosa sono gli altri.

E la sinistra necessita di questo più che mai per riaffermarsi e trovare un posto nel firmamento, per riscoprire una sua ragione d’essere.


Bianca Marzocchi

bottom of page