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Carlo Fecia di Cossato: eroe suicida per l'onore d'Italia

Il 27 agosto 1944, schiacciato da una opprimente situazione morale del Paese e da una profonda crisi interiore, si tolse la vita Carlo Fecia di Cossato, pluridecorato Capitano della Regia Marina Italiana; una figura eroica e unica, per abnegazione e altissimo senso dell'onore.



Classe 1908, originario di un nobile famiglia di origine piemontese, sì dedicò fin da giovane alla vita navale. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, fu assegnato alla base dei sommergibili italiani a Bordeaux, la celebre Base Betasom. Con azioni eccellenti si distinse ben presto in azione, ottenendo una medaglia d'oro al valor militare, due medaglie d'argento e due di bronzo, e molte altre decorazioni.


Nel 1942, con un ardimento unico, colpì e affondò navi davanti alle coste americane, sfidando con orgoglio le vedette alzava il tricolore, per rivendicare la nazionalità dell'azione (spesso gli americani incolpavano i tedeschi e non credevano che gli italiani potessero arrivare così vicini alle loro coste).


Nel febbraio del 1943, con il soprannome oramai consolidato di "Corsaro dell' Atlantico", e con il grado di capitano di fregata assunse il comando della IIIª Squadriglia Torpediniere, con insegna sulla torpediniera Aliseo.


L'armistizio dell' 8 settembre 1943 colse il capitano e la Regia Marina alla sprovvista, sconvolse la situazione, rendendo nemici gli ex alleati e "cobelligeranti" gli Alleati anglo-americani; nonostante ciò, in virtù del sacro giuramento fatto al Re e alla Patria, Fecia di Cossato combatté coraggiosamente anche contro i tedeschi.

Il duro colpo avvenne nel 1944, quando iniziò a girare la notizia che il naviglio italiano sarebbe stato ceduto agli alleati, nonostante la cobelligeranza; questo causò il primo moto di ribellione in Fecia di Cossato, che hai suo marinai, a proposito del caso caso in cui fosse giunto l'ordine di cedere le navi, disse:


«Se venisse confermato l'ordine di consegna, dovunque vi troviate lanciate tutti i vostri siluri e sparate tutti i colpi che avete a bordo contro le navi che vi stanno attorno, per rammentare agli angloamericani che gli impegni vanno rispettati; se alla fine starete ancora a galla, autoaffondatevi.»


Poi si ribellò ancora, contro il neonato governo Bonomi, che riteneva illegittimo perché si era rifiutato di giurare fedeltà al Re, a questo proposito disse, in faccia all'Ammiraglio Nomis di Pollone:


«No, signor ammiraglio, il nostro dovere è un altro. Io non riconosco come legittimo un governo che non ha prestato giuramento al Re. Pertanto non eseguirò gli ordini che mi vengono da questo governo. L'ordine è di uscire in mare domattina al comando della torpediniera "Aliseo". Ebbene l'"Aliseo" non uscirà».


Tutta la flotta aderì con ardore alla protesta contro il governo illegittimo, con marinai che esponevano striscioni a favore del Fecia di Cossato. Questo atto, portò all'arresto per insubordinazione del nostro.


Davanti al crollo dei pilastri a cui aveva consacrato la vita, quali la Monarchia, la Patria e la Regia Marina, impossibilitato a raggiungere la famiglia al Nord, contrario ad accettare le scelte di un governo illegittimo e non riuscendo ad ottenere un colloquio con il Luogotenente Umberto di Savoia, l'eorico corsaro Fecia di Cossato si tolse la vita.


La profonda crisi morale e valoriale del Paese lo spinse a questo estremo gesto, che egli stesso spiegò in una lettera testamento inviata alla madre:


«Da nove mesi ho molto pensato alla tristissima posizione morale in cui mi trovo, in seguito alla resa ignominiosa della Marina, a cui mi sono rassegnato solo perché ci è stata presentata come un ordine del Re, che ci chiedeva di fare l'enorme sacrificio del nostro onore militare per poter rimanere il baluardo della Monarchia al momento della pace.


Tu conosci cosa succede ora in Italia e capisci come siamo stati indegnamente traditi e ci troviamo ad aver commesso un gesto ignobile senza alcun risultato. Da questa constatazione me ne è venuta una profonda amarezza, un disgusto per chi ci circonda e, quello che più conta, un profondo disprezzo per me stesso. Da mesi, mamma, rimugino su questi fatti e non riesco a trovare una via d'uscita, uno scopo nella mia vita. Da mesi penso ai miei marinai del Tazzoli che sono onorevolmente in fondo al mare e penso che il mio posto è con loro.


Spero, mamma, che mi capirai e che anche nell'immenso dolore che ti darà la notizia della mia fine ingloriosa, saprai capire la nobiltà dei motivi che mi hanno guidato. Tu credi in Dio, ma se c'è un Dio, non è possibile che non apprezzi i miei sentimenti che sono sempre stati puri e la mia rivolta contro la bassezza dell'ora.


Per questo, mamma, credo che ci rivedremo un giorno. Abbraccia papà e le sorelle e a te, Mamma, tutto il mio affetto profondo e immutato. In questo momento mi sento vicino a tutti voi e sono sicuro che non mi condannerete. Carlo».

Alessio Benassi

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