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Chico Forti: quel sogno di Patria


Una lettera di speranza

 

«Oggi compio 40 + 25 anni, 40 libero + 25 detenuto. […] sento che questo è l'anno del "va o spacca" e le mie attuali 45 "spaccature" disdegnano un incremento. Oltre a quello ricorrente di volare, da qualche giorno sogno di emulare il Papa, baciando l'asfalto al mio rientro in patria […]. Ad occhi aperti con estremo desiderio, soffiando sulla mia candelina immaginaria, continuo a perseguire quel sogno...»

 

Le parole di questa lettera, pubblicata nel giorno del suo compleanno dal quotidiano Libero, racchiudono la tenacia e insieme la speranza di un uomo condannato, ma che si è da sempre dichiarato innocente. Enrico Forti, detto Chico, 65 anni lo scorso 8 febbraio, sta pagando il prezzo dell’intraprendenza priva di malizia, scontando una pena all’ergastolo in Florida. La lieta notizia, però, è che il desiderio espresso spegnendo le candeline ora diventerà realtà: il Governo italiano, grazie a un encomiabile lavoro diplomatico, ha ottenuto - e non solo annunciato alla stampa per farsi fare i complimenti - l’autorizzazione al trasferimento in Italia di Forti.

 

Chico torna a casa, Chico può baciare la terra della sua Patria come sogna.

 

Una vita all’insegna dell’estremo

 

Dopo una carriera sportiva ricca di successi, si trasferisce a Miami, in Florida, dove intraprende l’attività di film-maker e presentatore di programmi televisivi incentrati sugli sport estremi. Tuttavia, la sua curiosità lo porta a interessarsi di un fatto di cronaca assai intrigante: l’omicidio di Gianni Versace, avvenuto nel 1997 proprio nella città statunitense dove vive, in merito al quale Chico Forti realizza un documentario che andrà in onda con il titolo Il sorriso di Medusa. Grazie a un vicino di casa, Thomas Knott, e al detective Gary Schiaffo, che gli passano alcuni contatti e i rapporti segreti sul caso, Forti ricostruisce l’accaduto e sottolinea alcuni aspetti controversi nella versione ufficiale della polizia, avanzando perfino l’ipotesi che il colpevole sia stato incastrato da alcuni poliziotti corrotti di Miami nel tentativo di coprire i veri responsabili.

 

Amici poco sinceri

 

Thomas Knott, inoltre, gli fa conoscere un amico di vecchia data, Anthony Pike, con il quale condivide un passato di truffe miliardarie. Il signor Pike è, o meglio era, proprietario dell’hotel Pikes, centro della movida del jet-set internazionale di Ibiza; all’epoca dell’incontro, in realtà, la proprietà è passata a un’altra società a causa dell’elevata massa di debiti di Pike. Inoltre, essendo malato di AIDS, Pike è interdetto, quindi la sua firma non ha alcun valore legale. Ciononostante, i due truffatori programmano di vendere l’hotel, definito “elefante bianco”, a Forti, convincendolo che concludere l’accordo fosse un buon affare.

 

Qualcosa non torna

 

Il figlio di Pike, Dale Pike, vuole conoscere l’acquirente dell’hotel del padre, soprattutto perché attratto dalla sua attività cinematografica. I due si fanno il pagare il biglietto dell’aereo da Chico per andare a trovarlo, ma all’ultimo Tony Pike non parte. Forti, pur non conoscendolo, si offre di andare a prendere Dale all’aeroporto e lo accompagna al ristorante dove ha appuntamento con alcuni amici di Thomas Knott, prima di rincasare dalla famiglia. Vicino al parcheggio di quel ristorante, la mattina seguente, Dale Pike viene rinvenuto morto, nudo, “giustiziato” con due colpi di pistola calibro 22 alla nuca.

 

Se questa si chiama giustizia…

 

Le indagini procedono in maniera poco trasparente e, soprattutto, poco lecita: tanto per fare un esempio, confidando nelle rassicurazioni del detective ormai pensionato Gary Schiaffo, Chico si reca spontaneamente dalla polizia per consegnare i documenti relativi alla compravendita del Pikes Hotel, ma viene sottoposto a un interrogatorio lungo 14 ore senza assistenza del suo avvocato.

 

L’accusa iniziale nei suoi confronti, priva di qualsiasi prova fondante, è di omicidio, poi mutata in concorso in omicidio e infine in frode, circonvenzione di incapace e concorso in omicidio. Di fatto, Chico è assolto con formula piena dalle prime due accuse relative alla compravendita del Pikes; sebbene sia così caduto ciò che, secondo gli inquirenti, è il movente del delitto, Forti viene condannato all’ergastolo senza possibilità di condizionale per l’omicidio di Dale Pike. Così, da giugno 2000 Chico è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza sperduto tra le paludi della Florida.

  

Un sogno che si avvera

 

La prospettiva del suo imminente trasferimento in Italia non eccede i due mesi, tenuto conto dell’articolato procedimento burocratico che coinvolge le autorità giudiziarie dei due Paesi sulla base della Convenzione di Strasburgo. In ogni caso, come dichiarato dall’avv. Canestrini, «Una volta rientrato Forti sconterà la pena in Italia con le norme italiane. Se l'ergastolo è comune [non ostativo o 41 bis, ndr] il condannato può essere ammesso, se ritenuto non pericoloso e dopo l'espiazione di almeno 10 anni di pena, ai permessi premio e, dopo 20 anni, alla semi-libertà e dopo 26 anni alla liberazione condizionale. Un limite che può arrivare a 21 anni per 'buona condotta' con l'istituto della liberazione anticipata con sconto di pena di 45 giorni ogni 6 mesi.»

 

Ci auguriamo che il Governo e le autorità preposte agiscano senza ulteriori perdite di tempo, in modo tale da concedere a Chico, se non proprio la revisione del processo, quantomeno la libertà nella sua amata Patria.

 

Alessia Antoniazzi


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GN Milano, insieme a Fratelli d’Italia, ha sempre creduto nell'innocenza di Chico Forti e ne ha sempre chiesto la scarcerazione perché la vicenda di cui è stato protagonista ha più ombre che luci.



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Per approfondire la vicenda giudiziaria:

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