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Una città che si è fatta strada
Ogni mattina ci tiriamo su dal letto e ci rechiamo in bagno. E già qualcheduno ridacchia.
Nell’ambito del succo di questo pezzo, che parrebbe essere “di colore”, le cose che sicuramente facciamo sono due: azioniamo lo sciacquone del water e ruotiamo il rubinetto del lavandino.
Ma il risultato è uno solo: facciamo in modo che qualche cosa scorra via, trascinato dall’acqua, la quale da limpida e potabile è divenuta lurida, reflua. Ora, confessate a voi stessi se su ciò avete posto capo almeno una volta.
Attenzione, non tanto sui gesti che divengono meccanici, abitudinari, ma sul fatto che per poter ottenere quei due getti d’acqua si sono impiegate risorse naturali. Diciamo, più precisamente, che 24 ore su 24 si impiegano anche le capacità umane e gli impianti tecnologici ben progettati ed efficienti.
Milano non è il paesone della moda e delle vetrine sempre più povere di stile.
Milano non è una curiosa realtà monocentrica alla ricerca di una identità.
Milano non è la città che per un caso fortuito è divenuta metropoli.
Questo, semmai, è quello che taluni vogliono farvi credere.
Milano, un luogo semplicemente straordinario
Quale sarà l’elemento che ha fatto di questa città una “Grande Città”? Posso rispondere, senza timore di essere contraddetto, che è stata una combinazione vincente: il suo peculiare terreno geologico e la conseguente perenne e copiosa disponibilità di acqua, uniti a persone dalle menti aperte, sveglie ed operose.
L’acqua potabile e salubre ha garantito la vita e la prosperità di ogni abitante e in ogni momento storico, da almeno tremila anni a questa parte. Ma per fare questo si è dovuto prelevarla, condottarla, gestirla in ogni suo aspetto.
L’acqua corrente derivata dai corsi naturali e da quelli artificiali ha incrementato la produzione agricola, ha mosso i magli prima e le turbine poi nelle industrie, grandi e piccole. A un passo dal Novecento e dalla modernità, una persona ha progettato e riunito sotto un’unica guida l’elemento vincente, ovvero l’acqua, pianificando i due fondamentali impianti che hanno consolidato il progresso e che hanno garantito e che garantiranno la vita: acquedotto e fognatura.
Nel libro Le Fognature di Milano edito nel 1897, il cui autore è il Municipio di Milano, compare questo passo semplice, ma carico di significato e implicazioni:
«Soltanto verso il 1884 e in relazione al movimento edilizio che andavasi preparando, ritornò in campo la questione della fognatura. Apparve evidente come, davanti ad un continuo aumento di popolazione ed uno sviluppo edilizio corrispondente, la nostra città non potesse seguitare col vecchio sistema di provvedere volta per volta agli scarichi d’ogni nuova strada; anzi cominciarono a verificarsi i casi in cui non era possibile dare uno scarico qualsiasi alle nuove costruzioni, sempre più lontane dalla cerchia dei bastioni, ed alle quali si provvedeva con pozzi di disperdimento nella falda acquifera sotterranea».
Chi ha progettato la Milano moderna?
Si è trattato di un concorso di “intelligenze”, le quali hanno dovuto destreggiarsi tra imbecilli, pescicani e approfittatori, come -purtroppo- avviene in ogni ambito del quotidiano. Ma ci è riuscito, tale “concorso”. Ma una persona ha fatto la differenza. Felice Poggi è colui che ha progettato la “Milano Moderna”.
Questo straordinario, capace e perseverante ingegnere ha firmato i progetti dell’Acquedotto Civico, intuendo e convincendo la Giunta che il miglior sistema di approvvigionamento dell’acqua potabile, anche per il futuro, stava sotto la città stessa.
Contestualmente ha progettato la rete fognaria di Milano, con criteri ancora oggi validi e vincenti. Per il suo apporto alla salubrità di Milano e per i suoi progetti riguardanti molti dei servizi pubblici essenziali, dei quali traggono beneficio anche i cittadini di oggi, nel 1908 Felice Poggi ha ricevuto la medaglia d’oro come benemerenza dalla Giunta Municipale.
Quando oggi sento talune mezze tacche annaspare dietro progetti metropolitani che non possiedono né sentimento, né intelligenza e tantomeno una parvenza di successo, mi chiedo se tali idioti siano stati fatti salire sul palco per provocare oppure perché, accidenti, noi non siamo stati in grado di allontanarli dalla vita pubblica con la semplice azione della mano che mette in moto lo sciacquone.
Gianluca Padovan
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