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Crisi tedesca: la locomotiva al capolinea?

La Guerra in Ucraina ha scatenato sull’Europa la peggior crisi inflazionistica da decenni e la più grande sconfitta da questa crisi è la Germania, incapace di sostenere la propria crescita economica senza il gas russo e con un ritardo tecnologico e politico che ora è emerso in maniera netta. Ma quali sono le cause, gli effetti e le opportunità del declino tedesco?


Il declino economico


La Germania ha registrato un tasso di crescita del Pil negativo per due trimestri consecutivi, entrando dunque tecnicamente in recessione, una parola che abbiamo sentito nominare molto di rado riferendoci a quella che per anni è stata la Locomotiva economica di un’Unione Europea a piena trazione tedesca. I tassi di crescita del Pil in questione hanno registrato un -0,5% negli ultimi tre mesi del 2022 e un -0,3% da gennaio a marzo 2023, con cali dunque non elevati ma che erodono un sistema in evidente crisi.


Ciò che pesa principalmente sulla recessione tedesca è proprio l’inflazione che si è attestata al 7,2% ad aprile e al 6,1% a maggio, dando finalmente uno spiraglio di ripresa allineandosi pienamente alla media europea (6,1% a maggio contro il 7% di aprile). I prezzi più alti dei beni e soprattutto dell’energia hanno stroncato sia la produzione che i consumi tedeschi, trainando il Paese verso una situazione economica critica. I tedeschi, dopotutto, hanno sempre avuto un rapporto molto conflittuale con l’aumento dei prezzi, memori del periodo di iperinflazione della Repubblica di Weimar del 1923.


Tale paura è così forte che in Unione Europea la linea tedesca sul contrasto all’inflazione ha sempre avuto la meglio, tanto da porre il tasso target della BCE al 2%, un valore comunque in linea con le altre potenze occidentali.

Vista la fobia tedesca per l’inflazione, non è da escludersi che i dati così negativi sul Pil siano in parte motivati da una componente psicologica che ha abbattuto il consumo interno, inducendo la popolazione a una austerità dei consumi che non ha fatto altro che peggiorare la crisi e non ha smorzato un aumento dei prezzi trainato dalle fonti energetiche. Sono infatti le fonti energetiche il primo problema tedesco: come si nota dal grafico riportato da Reuters, il 32% dei rifornimenti di gas veniva dai gasdotti russi, in particolare dal Nord Stream 2. Tali importazioni hanno garantito alla Germania una fonte enorme di energia a prezzi contenuti visti i bassi costi di trasporto. Ora che questo 32% non è più disponibile, per le sanzioni economiche alla Russia, i nuovi rifornimenti sono più costosi e meno tempestivi, mettendo in crisi la potente ma energivora industria pesante tedesca.


La crisi politica e tecnologica


Se la crisi economica può essere considerata di passaggio, ciò che però la Guerra in Ucraina ha dimostrato è una mancanza di programmazione e coesione politica.

Sul fronte della politica interna, il Governo di Socialisti (SPD), Verdi (Grüne) e Liberali (FdP) sta fallendo nel rispettare le promesse fatte agli elettori in campagna elettorale: da un lato i lavoratori sono sempre più in crisi, dall’altro la transizione energetica non è nemmeno iniziata.


I socialisti stanno vedendo un lento stillicidio dei loro consensi, il Cancelliere Scholz era stato molto talentuoso in campagna elettorale a recuperare la fiducia di una grossa fetta dei lavoratori, promettendo un salario minimo a 12 euro l’ora (promessa effettivamente mantenuta) e un potenziamento dei servizi pubblici, tuttavia l’incapacità di gestire la situazione economica sta ampliando il divario tra ricchi e poveri in Germania.


I Verdi, se possibile, sono ancora più in difficoltà dopo la decisione del Governo di riaprire le centrali a carbone per far fronte alla crisi energetica, le loro battaglie contro il nucleare che ha portato alla completa chiusura delle poche centrali rimaste ha provocato una transizione energetica al contrario, con maggiori investimenti su carbone e fonti non rinnovabili, cosa che ha fatto infuriare più di un quarto degli elettori verdi che hanno abbandonato il sostegno al partito.


I sondaggi più recenti vedono in testa la CDU, i cristiano-democratici, intorno al 30%, l’SPD è la seconda forza intorno al 20%, mentre i Verdi si contendono la terza piazza con AfD, l’ultradestra. Il sostegno al Governo è basso e un vento di destra, direbbe qualcuno, inizia a soffiare anche in Germania.


Le vere sconfitte sono però nella politica estera, dove il Governo non è riuscito a mantenere la linea moderata in Ucraina, cedendo alle pressioni statunitensi e inviando aerei e mezzi molto avanzati. In particolare, l’invio dei carri armati Leopard è stato la disfatta più grande. I Leopard si sono dimostrati inadatti ai campi di battaglia in Ucraina, venendo distrutti in enormi quantità a Zaporizhzhia, mettendo in luce una certa arretratezza tecnologica del comparto militare che soffrirà di questa “pessima pubblicità” per anni.


Queste disfatte interne ed esterne evidenziano un punto chiave: l’incapacità di trovare una guida dopo i 16 anni di governo di Angela Merkel, personalità totalizzante della politica tedesca, capace di donare alla Germania un dominio economico e politico in Unione Europea e una credibilità di spicco all’estero.


Quali opportunità per il futuro?


La crisi tedesca è un tema controverso tra gli studiosi di economia e geopolitica, alcuni parlano della fine di un’era, altri di una situazione temporanea. La verità è che senza la Merkel a guidare il Paese non solo la Germania, ma l’Unione Europea intera è priva di una guida. Emmanuel Macron ha tentato di portare la Francia al centro della diplomazia europea trattando in prima persona con Putin; il suo governo è tuttavia debole non avendo la maggioranza assoluta in Parlamento e avendo perso moltissimi consensi con la riforma delle pensioni.


I Paesi che godono di una maggioranza interna forte oggi sono due: l’Italia di Meloni e i Paesi Bassi di Rutte (anche se con alcune difficoltà di coesione), che non a caso sono stati i protagonisti del viaggio in Tunisia con la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen.


L’Italia avrebbe dunque una possibilità straordinaria di colmare il vuoto politico lasciato da Angela Merkel, tuttavia, i problemi interni, con l’inflazione ancora oltre il 7% e una crescita del Pil positiva (+0,6% nel primo trimestre 2023) ma ancora bassa e trainata dal settore terziario, viste le difficoltà della produzione industriale, rischiano di impedire al nostro Paese di prendere questo treno in corsa.


Le prossime elezioni europee sono fissate per giugno 2024, esattamente tra un anno. Un anno è il tempo che ha il Governo per risolvere le sue debolezze del Paese, vincere le Europee e presentarsi forte e compatto in Parlamento europeo, così da spostare finalmente il baricentro economico-politico dell’UE un po’ più a Meridione.


Matteo De Guidi

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