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Dalla parte di Saviano

Il programma Insider, faccia a faccia con il crimine condotto da Roberto Saviano è stato cancellato dai palinsesti Rai.

Così dal giorno alla notte, i vertici Rai prendono una decisone tanto inattesa quanto discutibile.

La motivazione ufficiale: «incompatibilità col codice etico del servizio pubblico».

E se da un lato si possono prendere le distanze dalle esternazioni fatte negli ultimi giorni sul Ministro Salvini, definito dallo scrittore campano «sciacallo» e «Ministro della Mala Vita», dall’altro non si può che ritenere l’allontanamento di Saviano un atto di mera rivalsa personale, ai danni di un servizio pubblico.

Perché la televisione ha bisogno di persone come Saviano.


Innanzitutto, le opinioni espresse da Saviano, perché di opinioni si tratta, sul suo profilo Twitter personale sono affermazioni fatte da un libero cittadino, giornalista e scrittore che in quanto tale è pienamente autorizzato a trasmettere la sua personale visione del reale, qualunque essa sia. Se i toni usati vengono percepiti come esagerati, non consoni e offensivi, Matteo Salvini ha piena facoltà di rivolgersi alla giustizia e affidare l’esito della vicenda alla competenza di un magistrato.


Ritengo esagerato gridare alla censura, tuttavia l’allontanamento di Saviano rimane un atto grave, infantile e miope.

È grave perché la Rai è un servizio pubblico, e sebbene attraverso le nomine, le tanto discusse nomine, finisca per diventare mera espressione di chi ci governa, deve rimanere espressione di pluralità. Alla luce di quanto accaduto le varie discussioni e polemiche portate avanti dallo stesso Salvini e condivise da tutta la destra, riguardo l’utilizzo politico fatto dai precedenti governi della TV pubblica, penso per esempio al discutibile invito di Fazio a Carola Rackete, perdono di valore. Non ha senso ribadire quanto noi siamo diversi da loro, criticare il sistema attuale di comunicazione in cui c’è sempre meno libertà d’opinione e d’espressione per poi comportarsi allo stesso modo.

È poi assurdamente infantile, infatti sembrerebbe quasi una ripicca da bambini se non fosse che il protagonista non è un bambino, bensì un Ministro della Repubblica.

Per di più il tutto avviene in un clima di polarizzazione del dibattito politico, in cui i cittadini non sono più elettori ma quello che in inglese si direbbe fan o supporter, e i politici quindi vengono percepiti alla stregua di celebrità del mondo dello sport o dello spettacolo.

Tutto ciò genera un dibattito che dibattito non è, ma è un semplice scontrarsi di slogan che i politici di fazioni avverse si gridano contro.

Senza ragione, senza dialogo, senza partire dal comune presupposto dei problemi che da anni affliggono la Nazione. E i problemi della Nazione non sono di destra o di sinistra, i problemi sono “sempre e prima di tutto italiani”.

È compito della politica, poi, proporre soluzioni a tali problemi che rispecchino una visione del mondo di destra o di sinistra.


Infine, è miope allontanare Roberto Saviano. È meschino e privo di qualsiasi buonsenso. Soprattutto perché il programma che avrebbe condotto non era un talk show sull’attualità, al contrario avrebbe trattato di criminalità organizzata. E gli italiani hanno bisogno di sentirne parlare.

Qualche settimana fa succede che il Sindaco e l’amministrazione comunale di Petilia Policastro, provincia di Crotone, esprimono la propria vicinanza alla famiglia Curcio per la perdita del loro parente: Rosario Curcio, 'ndranghetista, che partecipò nel 2009 all’assassinio di Lea Garofalo, testimone di giustizia. Cose così accadono spesso nel nostro Paese, eppure sembra che a nessuno interessi, che siano storia d’altri, storie lontane e marginali.

La stampa nazionale non ha riportato la notizia, in TV nessuno ne ha parlato, com’è accaduto così è stato dimenticato, notizia inghiottita dal silenzio di una politica incapace di fare i conti con le mafie.

Le istituzioni di un Comune della Repubblica che esprimono cordoglio per la morte di un uomo di 'ndrangheta rappresentano il fallimento della politica, e la politica non vuole non solo affrontare ma nemmeno vedere questo fallimento.

Nel silenzio generale solo Saviano, dai suoi profili social, ha riportato al grande pubblico la notizia.

Per questo penso che se c’è in Italia una persona in grado di parlare di criminalità è senza dubbio lo scrittore campano.

Roberto Saviano, seppure con posizioni su legalizzazione e diritti molto diverse dalle mie, è un uomo che conosce il silenzio dei politici, conosce i limiti del nostro sistema e li porta alla luce nel suo racconto.

Roberto Saviano avrebbe certamente parlato in TV di storie come quella di Petilia Policastro, rendendo un piccolo comune dell’ultima parte d’Italia oggetto di attenzioni nazionali.

Avrebbe narrato tutte quelle vicende legate alla criminalità organizzata, considerate dai più lontane e prive di riscontri nella quotidianità, trasformandole in storia di tutti. E allora anche la politica non avrebbe potuto più chiudere gli occhi.


L’ultima rapida considerazione va al fatto che da contribuente, tra tutti i programmi che la TV pubblica ci propina, sarei stata ben contenta di pagare per una trasmissione come Insider, perché il contrasto al crimine organizzato non deve avere colore politico e pretendo la massima serietà dalla politica, non solo dall’area che voto ma da tutto l’arco parlamentare, nell’affrontare questo tema cruciale.


Roberto Saviano, piaccia o non piaccia, rimane uno dei più importanti scrittori contemporanei in Italia, ed è triste vedere persone gioire per la cancellazione del suo programma.

Bianca Marzocchi

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