top of page

Dossier POW-MIA: l’irrisolto caso dei militari USA dispersi in Indocina

[Rimani aggiornato sulle nostre attività: iscriviti al Canale Whatsapp]


Il Bilancio dei Prigionieri e delle Dispersioni nella Guerra del Vietnam


Dall’inizio del primo coinvolgimento americano nella guerra del Vietnam nel 1958, al suo termine nel 1975, circa seicento prigionieri furono restituiti dai governi avversari indocinesi. Tuttavia, per quanto riguarda un numero di prigionieri e dispersi in azione che può essere quantificato in 2303 uomini (1678 in Vietnam, 573 in Laos, 82 in Cambogia e 6 nelle acque territoriali cinesi), i suddetti governi non cooperarono minimamente al fine del loro ritrovamento.


Sebbene tema di dibattito politico e storico negli Stati Uniti, la causa dei POW-MIA (Prisoner of War & Missing in Action) rimane tuttora attiva.



La ricerca e la sorte dei prigionieri di guerra americani:



Nel periodo compreso tra il 1975 e il 1990, vi furono 1362 rapporti di avvistamenti in Indocina, di questi, 1248 furono risolti. 920 riguardavano ex POW o individui trattenuti dopo la caduta di Saigon, 328 erano delle macchinazioni ed i restanti 114 sotto investigazione.


Dalla fine della guerra e per circa otto anni, il governo americano non fece alcuna analisi riguardo la posizione in prigionia dei restanti prigionieri nel sud-est asiatico. Questo cambiò con l'arrivo di Ronald Reagan alla presidenza e di rifugiati vietnamiti e laotiani recanti testimonianze.


Perché il caso è ancora aperto? Si potrebbe dire che molti sono morti di vecchiaia, per malattie o per la mancanza di adattamento alle condizioni di vita, nel caso fossero stati liberati o in condizioni di semi libertà. Tuttavia, bisogna ricordare che prigionieri francesi furono trattenuti dai Nord-Vietnamiti, anche per oltre venti anni, dopo la sconfitta di Dien-Bien-Phu, e liberati in seguito a trattative segrete e invii di denaro con, generalmente, causale "ricostruzione". Un ulteriore avvistamento reputato affidabile venne dato da parte di tecnici scandinavi facenti parte di un programma di cooperazione in Vietnam.


Secondo il giornalista Nigel Cawthorne, 17 anni dopo il termine della guerra, vi era un numero imprecisato di americani ancora sotto ostaggio, un numero stimato tra i 100 ed i 300. Ritiene inoltre che parte di essi si trovarono nelle zone settentrionali del Laos sotto controllo dei Vietcong. Si vocifera che la sorte dei prigionieri, oltre che per motivi strategici data la vasta quantità di armamenti, mezzi, velivoli e informazioni abbandonate durante il ritiro degli americani, fu dettata anche da una promessa segreta del presidente Nixon, sebbene bloccata da parte del congresso americano: questa consisteva in 3,2 miliardi di dollari come pagamento per le riparazioni di guerra in una lettera datata 1 febbraio 1973.


Stando a quanto dichiarato dall'ex segretario alla difesa James Schlesinger, durante il ritiro delle forze americane in base agli accordi di Parigi, l'amministrazione Nixon era consapevole che alcuni soldati venivano abbandonati alla loro sorte in mani nemiche. Il governo vietnamita, invece, ha sempre dichiarato che nessun americano era detenuto in Vietnam in aree poste al controllo governativo, sorvolando invece sulle zone non direttamente controllate o in Laos. Si vocifera inoltre del possibile trasferimento in URSS insieme a relitti di aerei ed apparecchiature elettroniche.


Nei successivi anni vennero organizzate una serie di operazioni clandestine, finanziate da gruppi privati, che però, purtroppo, non furono in grado di riportare indietro alcun americano o portare a termine un ritrovamento. Sebbene con un buon fine, queste operazioni resero più complessi i rapporti ufficiali tra i due stati.


Nel corso della prigionia, gli americani erano costretti a stilare periodiche relazioni sulle informazioni di cui erano a conoscenza e per valutare il loro percorso e lo sviluppo del programma di rieducazione.


Philip Arena



Di Arena potresti voler leggere: Difendere Taiwan, perché l'Ue non fa nulla?


Rimani aggiornato sulle nostre attività: iscriviti al Canale Whatsapp


Per scrivere a Il Presente: redazione@il-presente.it

bottom of page