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Fiat canta la Marsigliese. Il Ministro Urso, giustamente, le canta a Stellantis

Il connubio storico tra lo Stato italiano e l'ex Gruppo Fiat, successivamente FCA e oggi Stellantis, si dipana come una complessa rete di interazioni e recentemente è tornato ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica. Per ben 49 anni, l'Italia ha elargito consistenti sovvenzioni a questo gruppo automobilistico, finanziando tali sostegni a spese dei contribuenti, senza riscontrare un ritorno significativo nell'industria nazionale.



Tuttavia, nell'arco dell'ultimo decennio, Fiat ha gradualmente abbandonato la sua identità di marchio esclusivamente italiano. La svolta definitiva si è concretizzata con la fusione con il Gruppo Chrysler nel 2014, che ha comportato il trasferimento della sede legale nei Paesi Bassi e di quella fiscale nel Regno Unito. Nel 2021, con la fusione aggiuntiva con il Gruppo PSA, si è accentuata in modo inequivocabile la diluizione dell’italianità all'interno di Stellantis. L'ex gruppo francese detiene ora chiaramente il controllo, l'attuale CEO, Carlos Tavares, proviene direttamente dal Gruppo PSA.

 


Le dichiarazioni del Ministro, delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, «se Stellantis vende meno in Italia è un problema suo», rappresentano un netto cambio di passo nei rapporti tra Stato italiano e Fiat perché testimoniano la volontà di porre un taglio ai favoritismi di cui l’azienda ha goduto, immeritatamente, fino ad oggi e sottintendono l’apertura a investimenti differenti nel settore. Diversamente dallo Stato francese, quello italiano non partecipa direttamente alle azioni del gruppo (per fortuna) e, per tanto, l'andamento dell’azienda dipende dalle scelte dei suoi dirigenti e, in quanto ormai non più italiana o strategica, non certo da mancanze del nostro Stato.

 

Un'analisi delle ragioni alla base delle vendite deludenti di Fiat svela una situazione di rilievo notevole: la mancanza di competitività dei modelli prodotti. Concentriamoci su alcuni dei marchi dell'ex Gruppo FCA:


Alfa Romeo vanta soli tre modelli, Giulia, Stelvio e Tonale. I primi due, lanciati dall’allora amministratore delegato Marchionne per rilanciare il marchio nel 2015 e 2016, hanno registrato vendite deludenti e sotto le aspettative, nonostante l’oggettiva superiorità meccanica rispetto ai concorrenti. L'ultimo arrivo, basato sul telaio di una 500L, sembra non all'altezza del prestigio storico del marchio, ma, al contrario, “degno” dell’etichetta Alfiat.

 

Lancia, un marchio essenzialmente defunto, ad oggi produce unicamente la Lancia Y, un modello ereditato dall'ex Autobianchi, che si basa su un progetto datato di oltre un decennio.

 

Mentre Fiat, i cui modelli di punta sono Panda, 500, Tipo, 600 e Topolino, sembra basare la propria offerta principalmente sugli antichi pilastri del marchio, Panda e 500, che, però, per la natura del mercato automobilistico, sono in circolazione da davvero troppo tempo. Per non parlare dei modelli 600 e Topolino, che sono addirittura reinterpretazioni di veicoli Citroen sotto mentite spoglie. Non credete che a mancare siano le idee?

 

La limitatezza e l'arretratezza dell'offerta di modelli, confrontate con i competitors Volkswagen e Renault, ma anche con i marchi del Gruppo PSA, emergono come una delle possibili spiegazioni delle vendite minime di Fiat. Nel 2023, Volkswagen ha persino superato Fiat nelle vendite in Italia, enfatizzando ulteriormente la decadenza dei marchi automobilistici italiani. Anche negli Stati Uniti la situazione non è rosea, con Stellantis in ritardo sulla transizione, per i veicoli elettrici, al nuovo standard di ricarica NACS, una lacuna che potrebbe compromettere la posizione dell'azienda nella mobilità del futuro.

 

La minaccia di Tavares al Governo e alla Stato italiano, il CEO paventa la possibilità di chiudere gli stabilimenti e ricorrere alla cassa integrazione, rappresenta un chiaro segnale di difficoltà. Tuttavia, il Governo italiano ha già fatto la sua parte tanto sul piano politico, dialogando con le istituzioni europee sui criteri omologativi, quanto su quello economico, con cospicui incentivi per stimolare le vendite.

 

Il passo cruciale che il Governo deve intraprendere è la creazione di condizioni favorevoli agli investimenti nel nostro Paese. Se l'industria automobilistica si sta allontanando dall'Italia è imperativo comprendere e decidere di affrontare le ragioni alla base di questa tendenza riconoscendo che gli aiuti statali, seppur utili, non possono rappresentare una panacea universale. Perfino Elon Musk, durante il suo intervento ad Atreju 2023, ha sottolineato che l'Italia non è, ad oggi, l'ambiente ideale per gli investimenti e la produzione, in riferimento alla localizzazione del nuovo impianto produttivo Europeo per Tesla.

 

Concludendo, è necessario impartire un segnale deciso e inequivocabile a Stellantis, che sembra aver adottato atteggiamenti ricattatori e disonesti nei confronti dello Stato italiano. La collaborazione tra Governo e azienda dovrebbe evolversi verso una relazione più equa e vantaggiosa per entrambe le parti, con un occhio di riguardo per la sostenibilità economica e la competitività sul mercato internazionale.


Filippo Pagliuca

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