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Il nucleare

Per rispondere alle nostre esigenze energetiche con il minor impatto ambientale si hanno più soluzioni: una di queste potrebbe essere il ricorso all’energia Nucleare, ma prima di parlare di questo tipo di energia è bene ripercorrere un po’ di storia.


Era il 9 novembre 1987 quando si decise di mettere fine al programma nucleare del Bel Paese, in quegli anni l’Italia era all’avanguardia tecnologica grazie alla presenza sul proprio territorio di quattro centrali con diverse tecnologie; fattore che ci rendeva unici in Europa e terzo produttore mondiale di energia nucleare. Ancora oggi, dopo 36 anni dalla fine dell’era nucleare italiana, i nostri centri di sviluppo e i nostri ricercatori continuano ad essere i più premiati per i risultati conseguiti nelle pubblicazioni sul nucleare; eppure siamo tra gli unici paesi avanzati a non usufruire di questa fonte di energia pulita a basso prezzo. L’esito di questa scelta venne fortemente influenzata dal peso che la stampa dedicò all’incidente a Chernobyl. Un’incidente avvenuto sotto il regime sovietico.


Ma perché non avrebbe senso considerare l’incidente di Chernobyl nella sicurezza delle centrali nucleari? L’Unione Sovietica era un regime altamente corrotto e in quell’episodio si verificarono innumerevoli errori evitabili scaturiti dalla volontà del regime di affermare la propria supremazia rispetto all’Occidente.


L’unione sovietica utilizzava nelle proprie centrali i reattori RBMK, le centrali con questo tipo di reattore erano costruite per mantenere bassi i prezzi di realizzazione, poiché l’URSS non aveva fondi a sufficienza, ma allo stesso tempo permettevano al regime di millantare la propria potenza sull’Occidente anche sul fronte dell’energia nucleare. Queste centrali erano prive di qualsiasi guscio contenitivo di emergenza e, ancora peggio, era presente un problema progettuale nel raffreddamento delle barre di controllo. Al tempo l’errore era già noto ai vertici del regime, ma non venne mai divulgato, a causa della censura, per evitare l’umiliazione.


Per attirare l’attenzione internazionale e rendere noto l’errore, Valerij Legasov, un chimico incaricato di indagare sull’incidente, dovette suicidarsi.


Cosa avvenne la notte del 26 aprile 1986 a Pripyat? Durante alcuni test di sicurezza sulla centrale di Chernobyl, già in servizio senza aver passato i collaudi, vennero effettuate manovre proibite per ottenere disperatamente l’esito positivo del test, cosa che comportò un surriscaldamento del nocciolo che, a contatto con l’acqua, generò una esplosione sul tetto della centrale con la conseguente fuoriuscita del materiale radioattivo.


In italia? L’opinione pubblica italiana si fece fortemente condizionare dall’incidente, convincendo i cittadini a votare a favore dell’interruzione del programma nucleare. Questa scelta era già al tempo illogica perché nei paesi occidentali era impensabile non rispettare le norme di sicurezza. Per di più le centrali nucleari devono rispettare criteri di sicurezza rigidissimi rispetto a quelli di qualunque altro tipo di produzione di energia e rispetto allo smaltimento di ogni altro tipo di rifiuto. Proprio per questo motivo le centrali vengono continuamente e periodicamente monitorate dall’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica.


Nonostante ciò, questi stereotipi in Italia continuano a persistere, come ha mostrato il referendum del 2011, nonostante la sicurezza e le potenzialità delle centrali siano state fortemente dimostrate.


Ad oggi i maggiori oppositori di questa fonte energetica contestano la supposta obsolescenza della tecnologia e la conseguente produzione di scorie radioattive; oltre a ricordare gli incidenti avvenuti in passato. Le tecnologie attuali sfruttano la fissione nucleare, che in futuro, forse, verrà soppiantata dalla tecnologia a fusione nucleare, che non produce scorie radioattive. Premettendo che questa futura tecnologia, la fusione nucleare, ha ancora grandi problemi realizzativi è difficile pensare che possa essere pronta in meno di 30 anni, mentre la fissione è una tecnologia ben sviluppata che può ancora dare un grande contributo nella produzione di energia pulita.


Le scorie prodotte dalla fissione sono molte meno di quelle che si possa pensare: tutte le scorie radioattive prodotte fino ad ora nel mondo potrebbero stare all'interno di un'area grande quanto un campo da football americano, riempito fino ad un'altezza di 3 metri. Si tratta quindi di rifiuti che, oltre ad essere riciclabili sono solidi, compatti e facili da stoccare.

E se dobbiamo parlare di sicurezza allora avremmo dovuto anche interrompere l’energia idroelettrica dopo il disastro del Vajont, no?


Nucleare e rinnovabili: il nucleare sarebbe un’ottima fonte per gestire il base load, ovvero la richiesta minima di energia che il sistema nazionale fornisce in una giornata. Proprio perché la sua produzione è costante. Mentre per gestire i picchi di potenza, si potrebbero usare facilmente le fonti rinnovabili o le centrali termoelettriche.

Il nucleare sarebbe la scelta più intelligente da adottare. Se credessimo a chi sostiene che sia possibile, nel medio periodo, una transizione al 100% rinnovabile senza l’utilizzo del nucleare staremmo credendo a qualcuno che non si è mai soffermato a leggere i dati di produzione.


Partiamo dal presupposto che la disponibilità dell’energia rinnovabile è suscettibile alle condizioni meteorologiche, di conseguenza dovremmo installare enormi quantità di accumulatori per non avere interruzioni nei periodi di minore o completa assenza di produzione; osservando i dati di Terna, per sostituire tutte le fonti fossili, l’Italia dovrebbe installare non meno di 58.80 GW da fonti rinnovabili, ovvero l’attuale produzione massima erogabile dalle centrali termoelettriche.


In primo luogo, consideriamo che l’energia idroelettrica, circa 22.80 GW, è sfruttata quasi al 100% sul suolo nazionale. Di conseguenza servirebbero 58.80 GW solo da pannelli solari e pale eoliche, attualmente 35.90 GW. Il problema nasce dal fatto che vento e sole non sono sempre disponibili e hanno una produzione scostante sia nell’arco della giornata sia nell’arco dell’anno. Quindi sarebbe necessario sovrastimare di molto le capacità nominale per poter produrre più energia del necessario, quando si riesce, e rilasciare questa energia, grazie ad accumulatori, quando non si può produrre.


Da delle stime personali, con enormi approssimazioni ed ottimismo, calcolate facendo riferimento alla produzione nel giorno con meno esposizione solare nell’arco dell’anno, il 21 dicembre, sarebbe necessario installare non meno di 556 GWh di batterie e una produzione istantanea di non meno di 111 GW; e poiché durante l’inverno il rendimento delle celle fotovoltaiche diminuisce sarebbe necessario sovrastimare le installazioni dei pannelli fotovoltaici rispetto alle indicazioni nominali.

Per queste installazioni sarebbero necessari non meno di 5600 chilometri quadrati di superficie, per capire le dimensioni il Molise ricopre 4461 chilometri quadrati. In tutto ciò bisogna anche considerare la domanda crescente nel tempo e i tempi realizzativi che sono inimmaginabili. Ad oggi in inverno riusciamo a produrre picchi di solo 3,6 GW istantanei di energia rinnovabile.


Filippo Pagliuca

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