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Gira gira l'elica romba il motor, la storia dell'Aeronautica Militare Italiana

Fra '800 e '900, la storia della nostra aviazione prima dell'Aeronautica Militare:

Il 28 febbraio 1923 veniva finalmente riconosciuta come arma indipendente dall'Esercito, la Regia Aeronautica.

Facendo però un passo indietro, le sue origini sono ben più lontane di quel febbraio degli anni '20. Seppur non con aerei, bensì con palloni aerostatici, già nel 1888 la Compagnia Specialisti d'Africa osservava da un'altezza di 500 metri i movimenti delle truppe abissine. Fu solo nel corso del nuovo secolo, grazie al volo dei fratelli Wright, che i primi aeroplani presero forma, seppur ancora in maniera sperimentale. Il primo impiego bellico di velivoli biplani viene riconosciuto all'Italia, che nel 1911 era impegnata nella coloniale in Libia; azioni di bombardamento e di ricognizione assunsero un ruolo importante per l'esito vittorioso del nostro esercito, che già l'anno successivo poté contare sul consolidamento dei territori costieri. Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, le grandi potenze europee si resero conto dell'importanza che i velivoli potevano avere, dando il via ad una corsa agli armamenti e alla produzione. Non solo ricognizioni e bombardamenti, ma dal momento che spesso aerei nemici si incrociavano nei cieli di guerra, questi furono dotati di armamenti offensivi, con mitragliatrici montate sulla parte anteriore della fusoliera. Il termine inglese dogfight è tutt'ora utilizzato per descrivere i duelli aerei, che seppur con variazioni dovute allo sviluppo tecnologico, hanno caratterizzato tutto il corso del '900. In questi scontri ad alta quota, diversi piloti si sono distinti per coraggio e per numero di abbattimenti; fra questi ricordiamo il più famoso, Francesco Baracca, l'eroe del cavallino rampante. Poco dopo la fine del primo conflitto mondiale, nel 1923, la Regia Aeronautica si vedeva riconosciuta autonoma dalle altre forze armate del paese e il suo primo comandante fu l'asso dei cieli Pier Ruggero Piccio, già distintosi in azione belliche sia durante la guerra in Libia che durante il primo conflitto mondiale.


La Regia Aeronautica fra le due guerre:

Gli anni ‘30 videro l'Italia superare un primato dopo l'altro, battendo record e investendo in modo massivo nell'aeronautica. Già nel 1925, due eroici aviatori riuscirono a compiere un'impresa epica: partire da Sesto Calende (VA) per raggiungere Melbourne, poi Tokyo ed infine tornare a Roma, volando complessivamente per 55 mila chilometri. Un'altra azione degna di nota è quella compiuta da Italo Balbo, quadrumviro della rivoluzione fascista e poi dal 1926 sottosegretario di Stato al Ministero dell'Aeronautica, che nel dicembre del 1930 organizzò la prima traversata dell'Atlantico in formazione, fino a giungere in Brasile. Fu sempre Balbo che, per celebrare il decennale della fondazione della Regia Aeronautica, nel 1933, sorvolò nuovamente l'oceano per arrivare questa volta a New York a bordo degli idrovolanti S.55X, divenuti simbolo delle imprese pionieristiche dell'aviazione degli anni '30.

Con lo scoppio della guerra in Etiopia nel 1935 e di quella di Spagna nel '36, l'aviazione tornò a svolgere un ruolo bellico necessario alla vittoria; mentre in terra d'Africa la situazione era più tranquilla poiché l'Etiopia non era fornita di un'aviazione militare, in Spagna i nostri aviatori combattevano ferocemente contro i piloti sovietici, mandati in soccorso dei repubblicani spagnoli.


La Regia Aeronautica nella Seconda guerra mondiale:

Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, in l'Italia la situazione di instabilità in cui versava la Regia Aeronautica venne a galla, mostrando i limiti dello sviluppo tecnologico e della scarsa produzione. Infatti, la nostra Aeronautica poteva contare su circa tremila velivoli, per lo più biplani, di cui però solo i tre quarti funzionanti.


Le prime azioni belliche sul fronte africano e quello alpino non furono del tutto inefficaci, seppur i numerosi attacchi su malta spesso risultarono inutili non riuscendo mai a completare l'assedio dell'isola. Uno dei problemi dell'inefficienza della Regia Aeronautica fu la mancata collaborazione tra aviazione e flotta, che non rese possibili operazioni belliche su vasta scala nel mediterraneo. Lo stesso Galeazzo Ciano scrive nel suo diario: «'La vera polemica in materia di combattimenti navali, non è tra noi e gli Inglesi, bensì tra l'Aviazione e la Marina». Come già premesso, il livello tecnologico dei nostri velivoli era molto scarso e questo influenzava le prestazioni rendendo i nostri apparecchi poco letali per gli aerei avversari. La regia aeronautica nei primi anni di guerra fu dotata di molti biplani residui degli anni precedenti, come il Cr.32 o il Cr.42, per poi sviluppare i primi monoplani come il Macchi M.C.200 e il G.50. Solo successivamente l'industria bellica permise di sviluppare velivoli di spessore tecnologico come l'M.C.202 e il suo successore M.C.205, utilizzato però in gran parte dall'Aeronautica Nazionale Repubblicana (l'aeronautica della Repubblica Sociale Italiana). L'impiego della Regia Aeronautica avvenne su tutti i fronti di guerra che l'Italia intraprese, dalla difesa delle colonie africane, alla lotta al bolscevismo in terra sovietica. Combattere su apparecchi inferiori sia numericamente che tecnologicamente, non ostacolò i nostri coraggiosi aviatori dal compiere azioni di coraggio ed eroismo, dimostrando come l'Italiano fosse in grado di cavarsela in qualunque situazione, anche nelle avversità. Dopo l'8 settembre e l'armistizio badogliano, la nostra Aeronautica si ritrovò divisa; una parte di essa decise di restare fedele al credo politico, e dunque di combattere per la Repubblica di Salò, mentre altri piloti seguirono il Re e combatterono al fianco degli anglo-americani. In questo contesto di guerra civile, spesso successe che gli italiani da entrambi gli schieramenti, facessero accordi più o meno taciti per non combattersi a vicenda. Tra i numerosi piloti dell'ANR, una nota di merito si può attribuire ad Adriano Visconti, asso dei cieli già prima dell'armistizio, che difese lo spazio aereo delle città del nord Italia dai bombardamenti americani. Visconti, con la fine della guerra, si accordò per la vita dei suoi compagni di squadriglia con un gruppo di partigiani, ma venne barbaricamente colpito con una raffica alla schiena poco dopo essersi costituito.


L'Aeronautica Italiana dal secondo dopoguerra ad oggi:

Dopo la guerra, l'Italia entrò nella sfera di influenza occidentale, a guida americana, e fu anche uno dei dodici paesi che partecipò, nel 1949, alla costituzione della Nato. In questo clima di pace e collaborazione fra stati, l'Italia riprese la produzione attiva di velivoli jet che nel 1960 avrebbero composto gran parte della nostra aeronautica, come il famoso F-104 Starfighter. Negli anni '80, invece, venne progettato il più famoso aereo della nostra squadriglia acrobatica; l'Aermacchi MB-339 P.A.N. delle Frecce Tricolori. I primi veri scontri che la nostra aeronautica militare intraprende nel dopoguerra, avvengono durante la Guerra del Golfo nel 1990, quando un nostro apparecchio Tornado viene abbattuto sopra i cieli nel Kuwait. Con la dissoluzione della Iugoslavia, L'Italia e i suoi alleati intervengono per compiere missioni umanitarie pagando però il duro prezzo dell'abbattimento di un G-222 da parte di un'arma terra-aria. Le operazioni compiute dall'aeronautica sono comunque numerosissime; Balcani, Etiopia, Eritrea, nel 2003 in Iraq con l'operazione Antica Babilonia ed infine anche in Afghanistan. Ad oggi l'Aeronautica Militare Italiana possiede oltre 40mila effettivi e circa 500 velivoli di cui 193 da combattimento, senza considerare i numerosi elicotteri, droni e aerei in ordinazione che prestò arricchiranno le nostre schiere.


Con l'aumento delle ostilità fra l’Occidente e l’Est, causa anche la guerra in Ucraina, l'AMI controlla i cieli del nostro paese 24 ore su 24, assieme a tutti i velivoli dei nostri alleati e ai sistemi difensivi che l'Europa e la Nato hanno preparato. Miglia di persone, come detto, lavorano nel campo dell'aeronautica militare con l'unico e sacro scopo di difendere i cieli italiani ed europei, ed è proprio a loro che è dedicato questo articolo.

Diego Como

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