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Grillo novello Robespierre: il calendario ha i giorni contati?

Distante sette giorni dal 25, quando noi strapaesani – cattolici e bestemmiatori – festeggiamo – col cuore grave e la pancia piena – l’incarnazione del Logos, il 31 dicembre è l’ultimo granello di quella clessidra che chiamiamo anno. C’è chi lo passa indifferentemente, senza quasi accorgersi che l’indomani dovrà aggiornare le cifre nello scrivere la data, chi, eroico, con ancora il panettone da digerire, si lancia sul cotechino, chi, ancora più eroico, ringrazia – nonostante tutto – ed eleva il suo Te Deum e poi c’è Beppe Grillo che, piccolo agitatore, spende questo suo ultimo granello dell’anno per provocare il granitico calendario gregoriano.



Ora, per quanto piccolo, Grillo non è proprio un agitatore innocuo, non fosse altro perché ci ha regalato il peggior partito più amato, con notabili eccezioni che ve ne si sono infatti allontanate, della storia italiana; per questo, nonostante si sia sicuri della lunga vita della fatica di Gregorio, vale sicuramente la pena passare in rassegna gli argomenti con cui un sobillatore, così capace di cogliere, e impiegare, i malumori della gente, prova a superare il calendario. Il tema si fa ancora più interessante se si considera che, nel passato, la vittima di Grillo ha ricevuto le attenzioni di tanti mali peggiori, nominiamo Robespierre e Lenin per citarne due.


Dicevamo, il 31 dicembre appare, sul noto Blog del comico, l’aggiornamento Riformiamo il nostro tempo!. Il testo, fin dal primo paragrafo, è un disarmante esercizio di stile luogo-comunista, degno dei migliori philosophe: «oggi, siamo dunque ancorati ad uno schema anacronistico, nato sotto una società prescientifica, teocratica, con un’economia feudale, che non semplifica affatto le nostre vite».


Esplicitiamo un po’ gli elementi di questa frase, «schema anacronistico»: le nazioni del mondo, quello scientifico e moderno, sono abitate da masse di pecoroni, che si ostinano, per un motivo non precisato, a utilizzare un calendario scomodo, e da un’esigua schiera di paladini e uomini di genio, che hanno come araldo un comico-politico e che, soli, lottano contro il popolo bue nel nome della sua comodità. Nonostante il fascino per tutto ciò che sia élite, la narrazione è decisamente poco credibile; l’adozione più recente del calendario in discussione risale allo scientifico 1924, nella Turchia del riformatore laico – e laicista – Kemal Ataturk.


«Società prescientifica»: che non è esattamente l’aggettivo più appropriato per definire quella società che passa dal calendario giuliano a quello gregoriano esattamente perché il calendario civile e quello astronomico erano ormai completamente disallineati.


«Economia feudale»: qui Grillo non perde occasione per dannare quegli uomini, liberi anche quando servi della gleba, che non conobbero l’accumulo del mercato capitalista, la fame del socialismo marxista e la noia della stagnazione keynesiana; ma, esattamente, questo «feudale» cosa c’entra con il calendario? Nulla, però fa scena.


«Teocratica», qui ci divertiamo, è probabilmente l’aggettivo preferito dei liberi pensatori illuministi, da Voltaire al suo «nipotino» Odifreddi, e quindi anche dal nostro comico, che in questo non fa ridere più degli altri due. Se volessimo essere puntigliosi, potremmo raccontare di come il calendario sia opera del medico calabrese Luigi Lilio, di come sia stato esaminato dal matematico e gesuita tedesco Cristoforo Clavio, professore del Collegio Romano, e da Giuseppe Scala, matematico e astronomo siciliano; quindi di come Papa Gregorio XIII si sia limitato a porre la propria autorità al servizio della verità scientifica, il modello più accurato, diffondendolo in tutta l’ecumene.


Io però vorrei sottolineare una cosa più gustosa, lo stracomico, che usa «teocratico» contro Gregorio, oppone al nostro calendario quello del filosofo Auguste Comte I, autoproclamato Papa della Chiesa Positivista, di cui è fondatore. Grillo, con l’onestà che non ha riservato a Gregorio, riporta giustamente che il filosofo francese è solo il divulgatore del modello di cui in realtà è autore il matematico ecclesiastico Marco Marcofini.


Nessuno irrida Comte che, pur eccentrico, è il figlio bastardo della controrivoluzione cattolica francese, il padre disertore della rivoluzione conservatrice ateo-cattolica francese, l’apostolo dell’episteme di Platone e quindi, con il suo positivismo-reazionario, il cugino di ogni avversario della Modernità.


Ridete piuttosto di Grillo, a cui di scientificità ed episteme non importa nulla. Se il filosofo francese cercava spasmodicamente, per ideale di verità e simmetrica perfezione, il modello che meglio traducesse la natura del tempo terrestre e, quindi, era in questo fratello di Papa Gregorio XIII che, a-moderno come Comte, nel nome di questi ideali avrebbe abbandonato senza esitazione il proprio calendario; a Beppe interessa perpetrare le buie bugie luogo-comuniste contro il medioevo luminoso dei papi e rinnovare la propria fedeltà al credo, capital-socialista-keynesiano, «produci, consuma, crepa».


Si legge nell’aggiornamento, «I benefici che porterebbe un calendario di 13 mesi:


  • Eliminerebbe la confusione causata da mesi con numeri di giorni variabili, semplificando la gestione del tempo, il budget e la pianificazione per individui, aziende e organizzazioni.

  • Con ogni mese composto da quattro settimane di 7 giorni sarebbe più semplice pianificare e coordinare le attività locali, nazionali e globali.

  • Gli anni bisestili sarebbero facilmente gestiti aggiungendo un singolo giorno in più alla fine dell’anno invece del sistema attuale in cui viene aggiunto un giorno in più a febbraio.

  • Le aziende trarrebbero vantaggio per la rendicontazione finanziaria, l’elaborazione delle buste paga e la gestione dell’inventario.

  • Ci sarebbe infine una armonizzazione delle festività: il giorno extra aggiunto come festività alla fine dell’anno porterebbe una giornata universale di festa, contro ogni tipo di discriminazione religiosa e promuovendo l’unità globale.»

 

Come è già stato scritto, sono l’efficientamento dell’economia, l’efficienza della tecnica, che in troppi si sono convinti corrispondere all’ideale di pienezza rappresentativa delle scienze, e il rifiuto aprioristico della Cristianità medievale ad animare lo scritto del Blog; ed è questo che noi rifiutiamo, accogliendo invece, con Comte e Papa Gregorio, ogni riforma mossa da correttezza formale e amor di verità.


«Grillo novello Robespierre», avete letto nel titolo di questo articolo. Appurato che all’origine delle brutture pubblicate sul Blog vi è una, semplificata, mentalità illuminista, è interessante dare un’occhiata a quando, durante la Rivoluzione francese, questa gente, decapitato il re e preso per sé il potere, impose, per ideologia anticattolica, un nuovo calendario al popolo di Francia.


Il calendario rivoluzionario francese, o calendario repubblicano, realizzato da una “commissione scientifica” – sarebbe stato contento il comico –, presieduta dal professore di matematica Gilbert Romme, e alla quale parteciparono J. Lagrange, G. Monge, J. J. de Lalande e P. S. Laplace, fu istituito – sarebbe stato ancora più contento – con i soli intenti «di rinnegare l'era volgare, era della crudeltà, della menzogna, della perfidia, della schiavitù; […] finita con la monarchia»; decristianizzare la società eliminando la settimana, cattolica ed ebraica, «complice di tutti i crimini del Re» e di far «amare i campi e designargli con metodo l'ordine delle influenze del cielo e delle produzioni della terra» associando a ogni giorno il nome di un prodotto della natura, di uno strumento agricolo o di un animale domestico per mostrare «tutti gli oggetti che compongono la vera ricchezza nazionale». Altro che Comte, altro che scienza, ecco la vera ispirazione della riforma grillina del tempo.


Quella per il calendario è una fissazione di tanti mali diversi, ignorando chi, costretto a darsi un tono per legge, comanda da un ministero di contare gli anni da una certa data o di celebrare il Natale secondo un calendario straniero, sono tanti i mali che hanno tentato una riforma radicale.


Tra i tanti, anche Lenin e la sua Rivoluzione rossa, liberale e borghese, erede, secondo l’opinione stessa del suo padre remoto, della Rivoluzione francese, socialista e proletaria, istituirono un calendario rivoluzionario; i motivi erano ancora una volta gli stessi che in questo articolo si sono ripetuti fino allo sfinimento: la decristianizzazione, con una settimana di 5 giorni, e l’efficienza industriale, che i sovietici – come oggi i comunisti cinesi – perseguivano tanto quanto l’Occidente capitalista, testimoniata dalla divisione della classe lavoratrice in quattro gruppi al fine di turnare l’unico giorno libero della settimana.


Che dire, Beppe Grillo ha trascorso l’ultimo giorno dell’anno proprio in pessima compagnia.


Matteo Respinti

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