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Il diavolo vola con Alitalia

Il primo volo della compagnia è datato 5 maggio 1947, l’aereo, un Fiat G.12 decollò da Torino e fece scalo a Roma per atterrare a Catania. Questo antefatto sembra l’introduzione a una storia epica, a una cronaca di successi e di vittorie; invece, è l’inizio di una delle peggiori condanne delle finanze pubbliche italiane.

Dal cielo all’inferno


La miglior metafora per descrivere la storia di Alitalia è quella di Lucifero, colui che passò dall’essere l’angelo prediletto di Dio ad all’essere il suo acerrimo nemico, scaraventato nel profondo degli Inferi.


Alitalia, dopo la fondazione, vide subito un grande periodo di espansione, con grandi investimenti per aumentare la flotta aerea e renderla una delle principali compagnie aeree del continente. Nel 1960 diventò sponsor delle Olimpiadi di Roma e, solo in quell’anno, trasportò più di un milione di passeggeri.

Le cose, per la compagnia, iniziano a peggiorare però dagli anni ’70, gli anni in cui la lotta di classe e gli scioperi sindacali raggiunsero il loro apice. Ovviamente anche i dipendenti di Alitalia scioperavano, in particolare i piloti che chiedevano salari più alti e più potere decisionale.


Nel 1987 i piloti ottennero un aumento degli stipendi del 60% ma, nonostante ciò, gli scioperi non si fermarono e. non potendo più, i dipendenti si davano diedero per malati, arenando completamente ogni possibilità di guadagno della compagnia. Nonostante le proteste e le sconfitte contro i sindacati, nel 1989 Alitalia era ancora la terza compagnia europea per numero di passeggeri, anche se la liberalizzazione del mercato e la nascita delle prime aziende aeree low cost stavano erodendo velocemente le quote di mercato delle compagnie di bandiera, abituate a situazioni di monopolio.


Negli anni ’90 iniziò la pagina più buia di Alitalia, con continui annunci da parte di manager e politici di un prossimo fallimento dell’azienda, che, dalla sua fondazione, aveva chiuso il bilancio in positivo per sole tre volte a causa dei continui aumenti di stipendi e di potere ai piloti.

Dal 2000 si inizia finalmente a valutare la possibilità di vendere la compagnia, Romano Prodi afferma: «La situazione è completamente fuori controllo e non vedo paracadute». Lucifero è stato definitivamente scaraventato verso gli Inferi e nella discesa continua ad accelerare. Si fecero quattro tentativi per di vendere la compagnia ad altri player del settore, in particolare nel 2006 tra le aziende interessate ad acquistare Alitalia c’era anche Air One, giovane compagnia italiana con bilanci sistematicamente in positivo e in una situazione finanziaria stabile, ma non ci fu nulla da fare, Alitalia non si riusciva a vendere. O meglio, non si voleva vendere.


Nel 2008 era stato trovato l’accordo di vendita ad Air France. Prodi lo avrebbe lo avrebbe firmato a marzo. Inaspettatamente, a gennaio 2008, Prodi perse la fiducia del Parlamento, l’accordo saltò e il suo successore, Silvio Berlusconi, sostenne che era inaccettabile vendere la compagnia di bandiera italiana, in quanto la vedeva come una risorsa fondamentale per il Paese. Berlusconi rinnovò il Consiglio di Amministrazione, inserendo membri vicini al suo partito e alla politica. Ecco serviti dunque i tre problemi che il Financial Times vede in Alitalia: manager incompetenti, sindacati agguerriti e interferenze della politica.


L’apice dell’ipocrisia


A questo punto veniamo ai numeri: per Alitalia lo Stato ha speso in totale 12 miliardi e 615 milioni di euro tra prestiti e aiuti, in larga parte poi riconosciuti come illegittimi istituzioni dell’Unione Europea.

In tutto questo, ironia della sorte, la compagnia non rimase nemmeno completamente italiana. Tra il 2008 e il 2012 i manager scelti da Berlusconi, oltre ad acquistare la concorrente italiana Air One, la quale, appena acquisita, entrò subito in uno stato comatoso divenendo incapace di generare utili, vendettero una quota di minoranza proprio ad Air France, con la speranza di risollevare la situazione. Non ci fu nulla da fare e nel 2015 il 49% della compagnia fu ceduto alla compagnia araba Etihad, inutile dire che anche questo tentativo di migliorare la situazione fallì.


L’11 novembre 2020 nasce Ita Airways, nuova compagnia di bandiera che ingloba Alitalia. Proprio come il demonio dai molti nomi, anche Alitalia ora cambia nome, ma la situazione non cambia e il bilancio 2021 si chiude con una perdita netta di 149 milioni di euro.


Il flirt con Lufthansa: amore o inganno?


Nella nostro racconto non poteva mancare una storia d’amore. La compagnia tedesca Lufthansa, terza al mondo e prima in Europa per fatturato, è ormai da anni che cerca di trattare con i vari governi italiani per acquisire Alitalia. La domanda che ci si pone è però: perché Lufthansa è così interessata all’acquisto di un’impresa in crisi da decenni e con scarse prospettive di crescita?


Di certo Lufthansa ha interesse ad inserirsi maggiormente in un mercato come quello italiano, tuttavia negli scorsi anni il flirt della compagnia tedesca potrebbe essere stato sintomo di un desiderio di tradire, piuttosto che di un reale interesse. Negli anni pre e post pandemia l’Italia ha dovuto fronteggiare periodi duri per le finanze pubbliche e una vendita di Alitalia avrebbe dato una boccata d’ossigeno al Ministero delle Finanze, per questo la compagnia tedesca ha cercato di strappare in più casi un accordo a sconto, così da acquistare una flotta ampia di aerei e di rotte a basso costo. Secondo alcuni analisti, inoltre, in caso di fallimento delle trattative, Lufthansa contava sul fatto che, a causa delle difficoltà delle finanze pubbliche italiane, lo Stato avrebbe lasciato fallire l’azienda e questo avrebbe permesso alla tedesca di comprare flotta e marchio a un prezzo ancora più stracciato.


Alla fine Alitalia è sopravvissuta alla pandemia e Lufthansa è stata costretta a trattare con lo Stato per trovare finalmente un accordo per il matrimonio. L’accordo è stato firmato il 25 maggio 2023 dal Ministro dell’Economia Giorgetti e prevede la cessione del 40% delle quote per circa 300 milioni di euro, una somma comunque vantaggiosa. La vendita a Lufthansa, comunque, non dovrebbe compromettere la concorrenza nel mercato aereo italiano, dove Ryanair resta leader con oltre il 30% dei passeggeri. L’accordo prevede inoltre che la tedesca arrivi a detenere il 90% di Ita Airways entro il 2025, così da porre fine a questo capitolo della storia italiana, anche se, per come abbiamo descritto le cose fino ad ora, non si escludono nuovi colpi di scena.


Lucifero ormai è senza ali


Per quanto possa essere appagante avere una compagnia di bandiera, Alitalia negli anni si è dimostrata una vera e propria zavorra per l’Italia, un buco nero di soldi pubblici, tanto che ormai l’azienda sembra incapace di tornare a volare verso un futuro migliore.


La vendita o, in alternativa, la chiusura dell’azienda sembrano le uniche strade per porre fine agli sprechi di questa compagnia che è sempre stata mantenuta in vita per scopi politici. Alitalia aveva 11.000 dipendenti, Ita Airways 3.600 ed entrambe le compagnie avevano rapporti stretti con molte aziende italiane per la produzione di aerei, parti meccaniche e altri componenti. Chiudere o vendere la compagnia significa sostanzialmente perdere voti con una misura impopolare ma ormai necessaria.


Speriamo si giunga presto a una soluzione definitiva per una compagnia che oltre ad aver assorbito denaro pubblico, ha anche impedito la nascita di nuove compagnie aeree italiane private; forse per sconfiggere questo diavolo serviva intervenire prima, seguendo le affermazioni dell’ex Presidente Prati: «per Alitalia ci vuole un esorcista».


Matteo De Guidi

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