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Il futuro dei trasporti a basse emissioni

Il Parlamento europeo ha deciso che nel 2035 ci sarà lo stop alla vendita, ma non alla circolazione, di autovetture alimentate da motore endotermico. Ad oggi l’Italia è il fanalino di coda delle immatricolazioni di autovetture a basse emissioni: il paese europeo dove vengono venduti più modelli elettrici è la Norvegia dove, nel 2022, questo tipo di veicoli ha coperto una quota di mercato pari al 79%. La Svezia è arrivata a una quota del 33%, i Paesi Bassi sono terzi con il 23%, in Danimarca la quota è del 21%. Seguono poi Finlandia, Germania e Svizzera con il 18% mentre l’Italia è ferma al 3,7%.


Perché siamo così indietro?

I motivi di questo fenomeno sono tanti, il più importante sicuramente è la completa assenza di un piano per la sostituzione del parco auto circolante: tutti gli altri paesi europei da anni contribuiscono fortemente ad accompagnare i cittadini nell’acquisto di autovetture elettriche. Ad esempio, in Norvegia lo Stato ha cominciato più di dieci anni fa tramite incentivi e forti finanziamenti dell’infrastruttura di ricarica; anche se, idealmente, la Norvegia non avrebbe potuto essere il paese leader della transizione a causa del clima rigido che mette in difficoltà tali vetture.


La transizione verso una mobilità sostenibile è un processo molto difficile e lo Stato, nel momento in cui impone una transizione così onerosa, ha il dovere di intervenire in maniera forte, decisa e globale sulle iniziative da intraprendere, i problemi derivanti da un intervento fievole dello Stato rischiano di farci rimanere più arretrati rispetto agli altri paesi, ma anche isolati.


Infatti, dal punto di vista dell’offerta dei mercati, le aziende automobilistiche ci riserverebbero meno auto da vendere nel nostro paese, con un allungamento dei tempi di consegna. Questo fenomeno è quasi certo perché le principali case automobilistiche stanno investendo e sviluppando tecnologie per vetture elettriche con un progressivo abbandono dello sviluppo sulla componente endotermica (ad esempio Smart ha già deciso di vendere solo vetture elettriche).


E la politica italiana cosa sta facendo?

Continuare a remare contro la transizione, o a non prendere provvedimenti efficaci, porterebbe ad un calo di interesse sul tema da parte della politica che smetterebbe di finanziare completamente la transizione poiché non porterebbe voti nel breve periodo.


La politica italiana finora ha dimostrato di non essere esserne all’altezza: da sinistra arrivano idee folli e utopistiche che non guardano in faccia alla realtà. Non solo vorrebbero vendere esclusivamente vetture elettriche, ma perfino vietare la circolazione delle auto già esistenti ed è proprio questo fenomeno a creare tanta resistenza. In particolare, perché finisce con il penalizzare le classi meno abbienti che devono affrontare spese troppo ingenti per le proprie possibilità. Fenomeno dovuto anche, a oggi, a una quasi assenza del mercato dell’usato di tali auto a causa del loro “recente” arrivo. Sempre a sinistra sono responsabili dei fenomeni negazionisti: infatti, il continuo terrorismo e la continua limitazione del traffico genera nella popolazione una forte resistenza a questi cambiamenti e istiga il dubbio riguardo alla genuinità di certi provvedimenti.


A destra, invece, sostanzialmente si cerca solamente di rallentare questo fenomeno con un pizzico di demagogia e sostenendo altri fonti come l’idrogeno, argomento di cui ho già trattato in un precedente articolo, e di combustibili sintetici, o provenienti da biomasse, argomenti che tratterò prossimamente.


È solo colpa della politica?

Un altro problema italiano è la presenza di un livello giornalistico davvero basso, privo di una qualsiasi competenza scientifica, che induce e nutre forti stereotipi antiscientifici su sicurezza, autonomia e velocità di ricarica quando invece le tecnologie attuali sono già molto più avanzate di quanto si creda.


Quanta strada possono percorrere?

Oggi un’autovettura media, a batteria, è in grado di percorrere tranquillamente ben più di 400km in autostrada (N.B. valori reali. I valori dichiarati son ben più alti, ma lo stesso discorso si applica anche nei consumi delle auto termiche) ed oltre 500km nelle strade statali.


I tempi di ricarica?

I tempi di ricarica rispetto al passato si sono fortemente contratti grazie al continuo evolversi della tecnologia, basti pensare che una ricarica dall’0% all’80% può richiedere meno di 20 minuti, oltre l’80% di carica la velocità inizia a rallentare considerevolmente, e garantire altri 360km. Nell’uso quotidiano, qualora si predisponga di un posto auto dedicato, si ricarica tranquillamente la notte in garage. Parlando onestamente, chi ha mai percorso viaggi di 1000km senza fermarsi almeno una volta per un boccone o una pausa bagno?


E la sicurezza?

Dal punto di vista della sicurezza l’NTHSA, l’Ente di sicurezza sulle autovetture negli Stati Uniti, ha affermato che la probabilità di incendio di un’auto elettrica è notevolmente più bassa rispetto ad una termica, il motivo per cui la notizia di un’auto elettrica in fiamme fa molto più scalpore è la già citata (in)competenza della classe giornalistica che non perde occasione per aumentare vendite e visibilità ricorrendo alla disinformazione.


Non dimentichiamoci, che essendo auto molto moderne, sono imbastite di tutti i sistemi di assistenza alla guida che permettono di ridurre il rischio di collisioni, in più la mancanza di un motore nel cofano, i motori elettrici sono sensibilmente più piccoli di quelli endotermici, permette all’auto di assorbire meglio gli impatti risultando più sicura in caso di incidente.


E le colonnine?

Se questo stereotipo poteva essere vero, unicamente in Italia, fino a due o tre anni fa, nell’ultimo anno e mezzo sono stati fatti forti investimenti dalle principali reti: ad oggi in Italia le colonnine sono oltre 40.000, con una prevalenza nelle grandi città e nel centro-nord del paese. Proprio negli ultimi due anni gli investimenti sono stati molto concentrati nell’installazione di colonnine rapide lungo le autostrade con una media di un punto di ricarica ogni 50Km come primo obiettivo.


Questo senza contare tutte le colonnine a ridosso delle uscite autostradali che sono perfino maggiori di quelle in autostrada, a causa di vecchie leggi che rendevano particolarmente difficoltosa l’installazione in aree di servizio. Inoltre, ci sono tanti altri operatori privati che stanno sviluppando la propria rete come Tesla, Ewiva, Ionity, Becharge (ENI) ed Enel X che già permettono, caricando all’uscita del casello autostradale, di muoversi lungo tutto il paese senza difficoltà ed in tempi brevi.


Il costo?

Diciamolo a caratteri cubitali: ormai per certe fasce di auto i prezzi sono equivalenti.

Quando si prende in considerazione l’acquisto di un’auto con un costo superiore ai 36.000 euro, incentivi esclusi, il prezzo è complessivamente identico ad una paritetica a motore endotermico e, a volte, è perfino inferiore. Nei centri delle grandi città, dove mediamente l’inquinamento dell’aria è maggiore e dove il reddito medio pro-capite è più alto, è facile imbattersi in auto molto lussuose che superano di gran lunga la cifra prima indicata.


Aspetto non meno importante della percorrenza in elettrico è l’economicità rispetto a benzina, diesel, metano e Gpl; con alcuni abbonamenti presso i principali fornitori di energia alle colonnine è possibile spendere meno di 5 euro ogni 100km. Inoltre, in molte regioni, vi è l’esenzione del pagamento del bollo auto per 5 anni o per tutta la durata dell’auto.


E la manutenzione?

Queste auto richiedono molta meno manutenzione per motivi tecnologici, dato che sono esenti da combustione e attriti (ad esempio frizione e cambio sono assenti) ed è molto meno probabile richiedano interventi. Infatti, i tagliandi, per la maggior parte delle auto elettriche, non sono nemmeno previsti. Perfino i freni vengono consumati molto di meno poiché si sfrutta la rigenerazione del motore in frenata per recuperare energia senza dover frenare.


E la batteria?

Questo argomento verrà approfondito nel prossimo articolo.

Filippo Pagliuca

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