La tragedia di ieri, nei pressi della stazione ferroviaria di Berdizzolo, a sole poche decine di chilometri dal capoluogo piemontese, nella quale hanno perso cinque operai manutentori delle Ferrovie dello Stato di cui il più giovane aveva solamente 22 anni, ha imposto e continua a imporre la dovuta attenzione su una piaga morale e sociale che negli ultimi anni, nonostante i progressi fatti in tecnologie e attrezzature, non accenna a diminuire e continua a riempire tristemente le pagine di cronaca.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è subito intervenuto in merito alla tragedia e ha dichiarato «Tragedie come queste sono uno schiaffo alla convivenza civile» e, sebbene io personalmente poche volte mi sono trovato a condividere le dichiarazioni del Capo dello Stato, in questo caso su quest’ultima non solo sottoscrivo ma, da cittadino, mi sento in dovere di rinnovare la sua affermazione.
In una «Repubblica fondata sul Lavoro», una Nazione che ha una storia ricchissima e orgogliosa di eccellenze artigianali e industriali, (che purtroppo oggi con la digitalizzazione e la globalizzazione si trovano in acque parecchio ostili) le morti sul lavoro sono, senza alcun dubbio, un vero e proprio crimine morale contro l’anima stessa del nostro Paese.
Ma in concomitanza degli interventi messi in atto per prevenire e combattere queste tragedie, io credo che sia imperativo, da parte delle Istituzioni e delle Entità Produttive di iniziare a lavorare, a diffondere e a ricostruire una vera e rinnovata Etica del Lavoro, una cultura che sappia riportare la meritata dignità sia ai lavoratori sia a tutte le migliaia e migliaia di piccole e medie realtà famigliari e aziendali che non sono “semplicemente” la colonna portante delle nostra economia e del nostro sistema produttivo; ma racchiudono in se la Storia, la Tradizione e l’Anima stessa della nostra Italia, della nostra Nazione.
Basta dare una veloce lettura alla storia del nostro Popolo per capire quanto il lavoro, collegato imprescindibilmente con la Famiglia, sia stato scolpito nell’Anima stessa di noi Italiani, dalle botteghe artigiane ai mecenati, dalle cascine alle trattorie, non si può parlare di Tradizione senza parlare di Lavoro. Il Lavoro in Italia è Tradizione.
Ma perché oggi è così difficile parlare di Lavoro? Soprattutto se si è a Destra… Le cause sono tante e complicate, e richiederebbero un’analisi ben più approfondita per un discorso quanto più completo ed esaustivo.
Io però, umilmente, mi permetterò di avanzare un’ipotesi: la globalizzazione, è il principale colpevole, senza dubbio.
Nei salotti della “meglio” intellighenzia liberale e socialista questa piaga ha tantissime letture e riletture… Facendo rigorosa fedeltà alla loro indiscutibile onestà intellettuale e immacolata conoscenza dei problemi del Paese Reale – sic –, tra chi difende a spada tratta il globalismo e chi invece lo condanna; ma solo in virtù di una, quanto meno curiosa, salsa “terzomondista”, per la quale dobbiamo sì tutelare e difendere la sovranità e l’auto-determinazione dei popoli sfruttati al modico prezzo di rinunciare a qualsiasi nostro valore e riscrivere completamente la nostra storia e la nostra identità…
L’aver abbracciato l’idea del globalismo a pieno regime senza alcun ritegno, ha portato a tutto ciò che possiamo ora constatare con i nostri stessi occhi qui in questo momento, penso che qualsiasi lettore possa indicare almeno una fabbrica, magazzino o manifattura abbandonata nel suo comune o quartiere. Deindustrializzazione, delocalizzazione: tutte queste piaghe non solo hanno causato enormi problemi sul piano sociale, dall’immigrazione di massa alla perenne precarietà, ma hanno contribuito sempre di più a smontare e rimodellare il concetto stesso di Lavoro. Il Lavoro che diventa qualcosa di “alienante” persino per lo stesso lavoratore, non crea né produce nulla, “fa qualcosa”… ma nemmeno lui o lei sanno realmente a che cosa contribuiscono e come i loro sforzi si trasformeranno in risultati concreti.
Ed è questo il punto perfetto nel quale si dovrebbe inserire uno dei principi cardine della Destra Sociale Italiana, ovvero la partecipazione dei lavoratori alla vita gestionale dell’azienda e agli utili di essa. Il lavoratore stesso deve poter essere parte integrante del processo gestionale, essere attore attivo della scena, consapevole del ruolo che ricopre, consapevole dell’importanza del suo ruolo così da creare una perfetta sinergia di relazione e collaborazione all’interno del luogo di lavoro, che vada finalmente a colmare quel “vuoto” tra operatori e dirigenti.
E il ruolo dello Stato in tutto questo? Lo Stato in primis deve assicurarsi di eliminare tutte le più inutili e deleterie burocratizzaggini e imposte, che strozzano e tarpano le ali di moltissime piccole e medie imprese, che come già detto in precedenza non solo costituiscono la spina dorsale del nostro corpo produttivo ma conservano ricchissime storie e tradizioni di eccellenza e qualità orgogliosamente italiana.
E in secundis, adottare una politica fiscale coraggiosa, tassando i grandi colossi stranieri della finanza, delle assicurazioni, del fast food e delle telecomunicazioni e così facendo promuovere e salvare tutti quei gioielli delle grandi capitanerie industriali italiane così da formare anche una solida base industriale ed energetica che sappia difendere gli interessi di tutti i lavoratori e consumatori italiani e al contempo promuovere il Vero Marchio Italia nel Mondo.
Il Lavoro nobilita l’uomo (e la donna), il Lavoro è dignità, il Lavoro è futuro, il Lavoro è Italia e l’Italia è Lavoro.
È imperativo morale, delle nostre Istituzioni ma anche di noi tutti cittadini, difendere, tutelare e promuovere una cultura di Etica del Lavoro, di Lavoro sano, dignitoso e che soprattutto garantisca un futuro per le giovani coppie e i loro figli.
Contrastare assistenzialismo e sussidi, contrastare le solite inutili e sterili retoriche di “lotta di classe” e di “il lavoro è solo sacrificio” con una cultura di Lavoro Etico e Morale, ma anche e soprattutto con un reale e concreto cambiamento all’interno delle nostre politiche fiscali, sociali e del lavoro, che diano reale autorevolezza e dignità al lavoratore, il lavoratore come parte di tutto e non solo del processo produttivo o amministrativo. Un lavoratore che abbia reale rappresentanza lasciando logiche clientelari a certi sindacati…
Lavoro sia continuazione di Fede e Tradizione, non di produzione e consumo.
Facendo sempre fede alla triade di Giorgio Almirante: «Stato, Nazione e Lavoro».
Di Gabriele Ganzari