top of page

Il MES è davvero una trappola?

Lo scorso 21 dicembre la Camera dei deputati si è finalmente espressa sulla riforma del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), bocciando la proposta con 72 voti favorevoli (PD, Italia Viva. Azione e +Europa), 184 contrari (Fratelli d’Italia, Lega e 5Stelle) e 44 astenuti (Forza Italia e Noi Moderati). Ma cosa prevedeva la riforma e perché è stata bocciata? Questa è la domanda a cui cercheremo di rispondere riflettendo anche sulle prospettive future di questo veto.



Cos’è il MES e cosa prevede la riforma:


Il Meccanismo Europeo di Stabilità (in inglese ESM) è un fondamentale organo dell’unione monetaria che ha sostanzialmente il compito di mettere in comune le risorse fornite dai 20 paesi membri dell’Eurozona utilizzandole, in caso di necessità, per evitare che la cris di un paese dell’Unione si possa espandere contagiando anche le economie degli altri stati membri; pertanto, l’organo già esiste e già è intervenuto in passato in Grecia, Portogallo, Cipro e Irlanda.


L’uso dei fondi del MES richiede però di mettere in atto riforme di austerità necessarie, ma spesso impopolari, come privatizzazione di sanità e trasporto pubblico e riforme pensionistiche.


La riforma in discussione, che l’Italia ha rifiutato, prevede due modifiche. La prima è la creazione di un Fondo di risoluzione unico, pensato per aiutare le banche europee in difficoltà e finanziato dalle banche stesse. L’idea è di mettere a disposizione l’1% di tutti i depositi presenti nelle banche europee, circa 77 miliardi di euro.


La seconda è di imporre ai paesi che scelgono di ricorrere al MES di emettere particolari obbligazioni (cioè titoli di debito) con una clausola CAC (Clausola di Azione Collettiva) che permette una ristrutturazione del debito (cioè una modifica unilaterale delle condizioni del prestito da parte dell’emittente).


Ciò significa che un Paese potrebbe avere la possibilità, appellandosi a tali clausole, di restituire in somme minori o in tempi più dilatati il debito. Nel caso di crisi grave questo sarebbe un aiuto molto importante.


Tuttavia, vi è un grande timore per noi italiani, ovvero che i futuri investitori richiedano interessi più elevati ai Paesi che ritengono più a rischio per l’uso del MES, tra cui la nostra Italia.


Pro e contro dell’approvazione a livello tecnico:


La riforma è già stata approvata da tutti i paesi della comunità europea tranne che dall’Italia; dunque, in questo momento il nostro Paese sta letteralmente bloccando da solo una riforma dell’Unione.


Partiamo dai dati tecnici, tecnicamente quella del MES è una riforma necessaria per un’unione monetaria, non a caso il ministero dell’Economia era favorevole all’adozione; pertanto, bloccarla significa ridurre l’efficienza di uno strumento che aiuta a garantire la stabilità dell’Eurozona.


Dall’altro lato, però, il MES è un organo dai diversi problemi. In primis, vi sono ancora alcuni ragionevoli dubbi che le misure di estrema austerità possano aiutare a ristabilire l’equilibrio nell’economia di un paese; inoltre, il fatto che i membri del consiglio godano di uno «scudo civile e penale» (Art. 35 dell’atto costitutivo), fa sì che, qualora l’organo dovesse commettere dei gravi errori, nessuno pagherebbe.


In questo senso è bene fare una riflessione specifica sul caso greco. La Grecia, come tutti sappiamo, ha sofferto di una gravissima crisi del debito nel 2011-12, tanto da richiedere l’aiuto del MES e da vedere una commissione extranazionale dettare delle riforme interne molto dure. Le riforme nel caso greco hanno avuto degli effetti molto positivi nel medio periodo, tanto che oggi i titoli greci non sono più “titoli spazzatura ed hanno un rating (secondo Standard and Poor’s, la più autorevole delle società di rating) di BBB-, solo un gradino sotto quelli italiani che sono BBB.


Differenza di rendimento dei titoli di stato italiani e greci, più alto è il rischio percepito dagli investitori, più alto è il rendimento richiesto. Fonte: IlSole24Ore.

Oggi i titoli greci, dunque, sono considerati stabili praticamente come quelli italiani.


Tuttavia, le riforme adottate in Grecia sono state veramente dure da sostenere per la popolazione, che ha sofferto grandi privatizzazioni, riduzione dei servizi pubblici e taglio di ogni forma di welfare. Non a caso, dopo gli enormi tagli alla sanità messi in atto dal MES, si è registrata un’impennata della mortalità infantile (+43%).


A questo punto il tema diventa più etico che tecnico: sono giustificate delle misure così dure e con tali effetti per garantire una maggior stabilità e migliori condizioni di vita nel futuro? Questa è una domanda a cui ciascuno è chiamato a rispondere con la propria coscienza ed etica, che sia essa a breve o a lunga veduta.


Le ragioni politiche del rifiuto:


Il rifiuto italiano, però, più che da motivi tecnici, è dettato da ragioni politiche. I tre partiti che hanno votato contro, FdI, Lega e 5Stelle (mettendo da parte la polemica sull’ok alla riforma dato da Conte), sono sempre stati storicamente contrari alla riforma, partendo da posizioni anti-sistema e avendo tra i loro ranghi vari esponenti euroscettici.


In questo senso, il rifiuto della riforma nasce più come un attacco all’istituzione europea piuttosto che come critica oggettiva della riforma. In particolare, si critica l’utilizzo del MES come strumento risolutivo delle crisi, i suoi metodi e il rischio che, qualora un giorno l’Italia necessiti di tali fondi, si vada incontro all’imposizione di riforme draconiane ed impopolari.


Una ragione forse più strategica che politica riguardo al blocco della riforma potrebbe riguardare il fatto di poter avere una possibile base per ottenere una modifica dei Trattati di Dublino e una risoluzione alla crisi migratoria. L’idea di questo giochetto è che, chiaramente lontano da orecchi indiscreti, si possa trattare con i vertici dei principali Paesi europei e con i vertici dell’Unione per stringere un accordo equo: l’Italia smetterà di fare muro sul MES in cambio di una soluzione all’insostenibile problema degli sbarchi sulle coste italiane. Ovviamente questa non è altro che un’ipotesi che, qualora fosse vera, sarebbe del tutto coerente con la linea di politica estera tenuta da Giorgia Meloni fino ad oggi e basata sull’istituzione di un “soft power” italiano, ovvero su un sistema di interdipendenze tra stati che garantiscano accordi utili in primis alla politica nazionale.


Quali sono le prospettive future:


La mancata riforma del MES può essere un’arma a doppio taglio per l’Italia e per la maggioranza.


Da un lato, infatti, vi è la possibilità, come già detto, di utilizzare la cosa come arma politica, dall’altro il rischio è che, qualora le prossime elezioni europee non vedano una maggioranza chiara, l’ECR, di cui fa parte Fratelli d’Italia, e l’ID, della Lega, si trovino tagliati fuori da possibili coalizioni per via delle loro posizioni su una riforma del MES che vede il favore di tutto il PPE, partito storicamente più importante dell’Europarlamento.


Un altro rischio riguarda a credibilità rispetto ai mercati: se è vero che rifiutare la riforma del MES significa evitare che investitori possano richiedere interessi più elevati all’Italia per via delle clausole CAC, allo stesso tempo rendere meno efficiente uno strumento utile alla stabilità dei debiti sovrani rischia di aumentare i timori sulle probabilità di default del nostro Paese, aumentando dunque il costo del debito in ogni caso.


Insomma, l’Italia sul MES sta giocando con il fuoco, le possibilità di scottarsi sono alte, tuttavia, se il Governo dovesse riuscire nei suoi intenti politici e dovesse trovare buoni motivi per rassicurare i mercati, si potrebbe usare la fiamma per illuminare il futuro del Paese. La fiducia nel governo di certo non manca, sta a esso non tradirla.


Matteo De Guidi

bottom of page