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La celebrazione dei martiri di Acca Larentia ha riacceso la polemica sul saluto romano.
Tendere il braccio costituisce sempre reato o ci sono delle occasioni, le commemorazioni, in cui la legge lo considera legittimo? La Corte di Cassazione, tramite le Sezioni unite, risponderà chiaramente, alla domanda che tanti si pongono, il 18 gennaio, fugando, così, ogni dubbio.
La Legge Scelba punisce, con l’Art. 5, Manifestazioni Fasciste, chi «con parole, gesti [...] compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista». Obbiettivo della Legge, però, è impedire, a livello costituzionale, la rifondazione del Partito e questo, oggettivamente, non ha nulla a che fare con la commemorazione dei morti.
Di per sè, alla luce della Legge Scelba, tendere il braccio per ricordare tre giovani militanti dell’MSI non è reato.
La Legge Mancino punisce, con gli Art. 2 e 3, chi «compia manifestazioni esteriori [...] propri[e] o usuali delle organizzazioni» che hanno «finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso». L‘interpretazione della Legge, da parte della giurisprudenza, non è corale: la difficoltà sta nel determinare o meno il collegamento univoco tra il saluto e il fascismo, inteso come fenomeno organizzato e promotore di odio.
Secondo diversi interpreti autorevoli, alla luce della Legge Mancino, tendere il braccio per ricordare tre giovani militanti dell’MSI non è reato.
Oltre l’ingenuità, liberal, dei diritti, razionalmente, deve stupire che la Repubblica, eretta sui cadaveri di Regno e Repubblica Sociale, abbia finora concesso l’utilizzo del saluto in determinate situazioni.
Le entità statali nascono contro e la Repubblica italiana nasce, specificamente, antifascista, non solo avversa all‘odio raziale: essa nega al fascismo ogni cittadinanza, anche quando questo si configurasse libero da suddetto odio.
Sul piano morale, l’unico degno di riflessione, la legittimità, o meno, del saluto, come manifestazione pubblica, si articola così: si celebrano i mali del Regime o, compresili davvero, si ritiene di dover perorare, fascismo o non, quello che di una Rivoluzione politica resta?
Passato questo vaglio morale, valutando la meno nobile opportunità comunicativa, c‘è pure da chiedersi se tanta complessità raggiungerà mai lo spettatore del saluto.
Matteo Respinti