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In ricordo di Sergio Ramelli


Sergio Ramelli era un militante del Fronte della Gioventù, il movimento giovanile del Movimento Sociale Italiano; proprio come Gioventù Nazionale oggi è il movimento giovanile di Fratelli d’Italia.


Frequentava l’istituto tecnico Molinari a Milano, ma non era ben visto dai coetanei comunisti, che più volte lo aggredirono con violenza.


Nonostante avesse solo 18 anni, Sergio non aveva paura di professare le proprie idee: in un tema scolastico “osò” condannare le Brigate Rosse e biasimare tutto il mondo politico per non aver espresso alcun cordoglio di fronte all'assassinio di due esponenti dell'MSI


Il professore e i compagni di classe non apprezzarono la sua posizione, anzi appesero il tema alla bacheca della scuola, etichettando Sergio come “fascista” e dando avvio ad una sorta di processo politico che terminò con l’espulsione ingiustificata dall’istituto.


La colpa di essere di destra, però, non era ancora stata espiata…


Il 13 marzo 1975, mentre parcheggiava il motorino sotto casa, Sergio fu assalito dal servizio d’ordine di Avanguardia Operaia, un gruppetto di 10 militanti armati di chiavi inglesi che lo colpirono brutalmente al cranio e lo lasciarono esangue a terra.


Gli aggressori non lo conoscevano di persona, seguirono le indicazioni dei suoi ex compagni di scuola. Trasportato d’emergenza in ambulanza e sottoposto ad una lunga operazione, Sergio alternò periodi di coma e momenti di lucidità finché il 29 aprile 1975, 47 giorni dopo l’aggressione, perse la vita in una fredda, troppo fredda, stanza d’ospedale.


Durante la seduta del Consiglio Comunale di Milano, diversi esponenti della sinistra applaudirono alla notizia dell’aggressione. La viltà delle Istituzioni si fece ancora più palese durante il funerale, al quale nessun politico, eccetto Almirante, partecipò; le autorità addirittura proibirono il corteo funebre. I colpevoli furono casualmente scoperti e processati solo 10 anni più tardi, nell’ambito delle indagini per altri reati legati agli anni di piombo.


Questo ragazzo dai capelli lunghi, vittima di quell’antifascismo militante che ancora oggi qualcuno celebra, invece che condannare, è diventato un martire che ci ricorda ogni giorno quanto cara possa essere la libertà di pensiero.

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