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Intervista a Anton Luca Romano: imprenditore, militante ed ex dirigente giovanile

Anton Luca Romano, imprenditore, papà e tanti anni di concreta militanza con i movimenti giovanili di Alleanza Nazionale e con il PdL.

Sei stato dirigente di Azione Giovani e Azione Universitaria, candidato in Consiglio comunale nel 2011, che cosa ti porti da questa esperienza di vita?


«Ho iniziato a militare nel Fronte della Gioventù a quattordici anni per diventarne dirigente circa tre anni dopo. La militanza, continuata nel partito, è terminata dopo quasi venti anni da quel (ormai lontano…) 1993, ma in qualche modo non mi ha mai abbandonato. Le esperienze, lo spirito di sacrificio, il piacevole peso delle responsabilità e tanto tanto altro del vissuto di quegli anni è parte di me e gran parte di quello che ho fatto lo devo a quel percorso di militanza e di formazione, spesso autodidattica e autoprodotta, in quel luogo ricco di storia che è il civico 8 di Via Mancini.»


Parlaci un po’ del tuo lavoro, di cosa ti occupi?


«Collaboro da oltre dieci anni con la Filiera Agroalimentare Madeo, azienda di proprietà della famiglia di mia moglie, profondamente radicata nelle Colline Presilane in Calabria, dove ho incontrato una comunità coesa e orgogliosa e dove, come era naturale che fosse, mi son trovato o forse ri-trovato.


Nel 2014, pur continuando l’intensa collaborazione con la famiglia Madeo avvio la mia attività di importazione e distribuzione di zafferano e spezie pregiate da tutto il mondo. Nel 2018, con la continua crescita dell’azienda, avvio il primo laboratorio per la produzione di confetture e sughi pronti.»


Sei nato e cresciuto nel quartiere Calvairate, caseggiati di case popolari neanche tanto distanti dal centro. Che ricordi hai?


«Ho ricordi bellissimi e altri diciamo meno belli. Crescere in un contesto come quello del quartiere Calvairate, al pari di altri quartieri popolari di Milano, non è semplicissimo. Mancano i luoghi di aggregazione, sia pubblici che privati, e spesso questi contesti di housing sociale finiscono, anche nella città più europea del Bel Paese, con l’essere dei veri e propri quartieri dormitorio. Il quartiere Calvairate è rimasto uno dei pochi quartieri popolari vicino al centro della città a non essere stato riqualificato e la cosa mi rattrista molto.»


Vivendo in un contesto difficile, dove la disuguaglianza sociale è elevata e spesso la mancanza dell’intervento delle Istituzioni porta a situazioni di ingiustizia e illegalità, la voglia di riscatto e miglioramento per se stessi, per la Famiglia, la Comunitá e la propria Città è tanta, sei d’accordo?


«Assolutamente sì, un contesto difficile può darti degli stimoli in più e una volontà di riscatto unica ma l’ottenimento di un risultato, qualunque esso sia, dipende anche dal contesto interno alle mura delle case popolari. Ho la fortuna di avere un padre e una madre amorevoli e che mi hanno educato e indirizzato al meglio, spesso anche oltre le proprie possibilità, ma tanti ragazzi cresciuti nel mio stesso contesto non hanno avuto questa fortuna e vivere contemporaneamente un malessere sociale nel quartiere e familiare dentro casa può essere devastante.»


Come vorresti vedere la nostra amata Milano nel 2030?


«Milano è cresciuta molto negli ultimi venti anni ed è cambiata in tanti suoi aspetti. Non solo nella sua skyline (passami questo inglesismo…), che è forse solo la plastica rappresentazione di ben altri cambiamenti.


Negli ultimi vent’anni la nostra amata Milano è sicuramente diventata molto più europea, più internazionale e in grado di esprimere al meglio una delle sue principali capacità, quella di attrarre. La capacità tutta milanese di essere un polo d’attrazione per capitali, mezzi e menti valide provenienti da tutta Italia e non solo, rimane una delle qualità più identificative della città, oggi più che mai.


Capovolgendo la medaglia Milano ha perso un po’ di originalità, soprattutto nelle grandi opere edili e nelle infrastrutture, viabilità in primis.


Nel 2030 mi auguro di trovare la nostra Milano nel pieno della sua innata operosità e magari con almeno un paio di grandi opere urbanistiche che la distinguano e che ne esaltino l’innata creatività.»


A cura di Francesco Rocca

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