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Intervista a Grazia Di Maggio

Oggi intervistiamo ľOn. Grazia Di Maggio, la deputata più giovane di Fratelli d'Italia che tuttavia vanta una ricca biografia politica. Parliamo di una giornalista pubblicista, laureata in linguaggi dei media e in seguito in politiche europee e internazionali. Classe 1994, proveniente dalla Basilicata, si definisce "militante pro life": pronta a difendere i valori non negoziabili e la sacralità della famiglia. Insomma una donna, di destra, contraria alle quote rosa. Oggi fa parte della VII commissione, Istruzione-Scienza-Cultura e della XIV Politiche dell'Unione Europea.


Partendo dall’attualità, siamo in Emilia-Romagna, a Bologna e la regione propone test prenatali con lo scopo di evitare la nascita di bambini con trisomie. Il caso è stato sollevato di recente da una mamma proprio il 21 marzo, giornata mondiale dedicata alla sindrome di Down, cosa ne pensa di questa proposta eugenetica posta nero su bianco da un ente pubblico?


«Trovo che questa campagna sia un grande scivolone da parte della regione Emilia-Romagna. Per mia sensibilità, un figlio non è meno figlio se ha determinate caratteristiche genetiche o se è malato, evento che si può scoprire o verificare anche dopo la nascita. Siamo nel pieno di un’offensiva culturale che cerca di far passare l'idea distopica che solo una vita facile e di successo sia piena e degna. Credo dovremmo reagire con maggiore vigore, nelle istituzioni e con tutti i mezzi a disposizione».


Oggi prolife significa molte cose. Significa, per esempio, essere a favore della vita e della famiglia, ma anche di una speranza. Significa sopportare continue critiche, ma anche compiere un gesto d’amore. Quindi, cosa significa per lei essere prolife nel concreto ma anche nella propria moralità? Qual è la sua speranza e quali scelte dovrebbero prendere le istituzioni in merito?


«Essere provita significa semplicemente ritenere la vita come sacra e da difendere sempre, senza se e senza ma, perché la vita è da considerare come il dono più grande che ci possa essere dato.


Sono fermamente convinta che le istituzioni hanno un ruolo importante, per definizione, nel sensibilizzare e abbracciare la cultura della vita con azioni concrete che possono impattare nel quotidiano, e allo stesso tempo hanno il dovere di rifuggire quelle derive pericolose che vengono portate avanti in altri Paesi, come ad esempio l'aborto al nono mese».


Spostandoci più sul personale, sarei curiosa di sapere quando le è capitato per la prima volta di avvicinarsi a queste tematiche e come.


«Sono tematiche che ho sempre avuto a cuore a prescindere dal percorso politico, in quanto cattolica e cresciuta in una famiglia con valori cattolici.


Questo sentire mi ha portato, in occasione delle Comunali di Milano, a firmare pubblicamente il manifesto della vita nascente dell’associazione Pro Vita e Famiglia che è sempre in prima linea in quelle battaglie etiche su cui ci siamo battuti anche come Fratelli d’Italia, dal Ddl Zan all’utero in affitto, abomini egoistici dei nostri giorni. Anche alla Camera dei Deputati, in Commissione Cultura, ci stiamo impegnando nel portare avanti iniziative contro la “carriera alias” nelle scuole, un registro ideologico che nulla ha a che vedere con le nostre regole e con la nostra civiltà».


Il diritto alla vita è senza ombra di dubbio un tema molto divisivo, le è mai capitato di rovinare delle amicizie parlandone? Qual è, secondo lei, il modo migliore per trattare ľ argomento? Che consigli dà a noi giovani militanti?


«Avendo iniziato a fare politica durante gli anni dell’università mi è capitato varie volte non soltanto di scontrarmi con coetanei per difendere queste tematiche ma addirittura di ricevere insulti e appellativi poco edificanti.


Oggi è tutto più difficile per i ragazzi e le ragazze di destra ma credo che l’approccio debba essere pragmatico e non ideologico.


Ad esempio, spiegando che l’utero in affitto non è giusto a prescindere che a farvi ricorso siano coppie etero o coppie omosessuali. Bisogna far capire che le nostre sono battaglie di buon senso, che siamo mossi dalla difesa di ciò che amiamo e non dall’attacco verso ciò che è diverso. Noi non odiamo il diverso, noi vogliamo preservare la natura delle cose e le regole dello stare al mondo».


Ultimamente, soprattutto in campagna elettorale, abbiamo tanto sentito parlare della Legge 194. Essa disciplina le modalità di accesso all’aborto, in merito quali aspetti manterrebbe immutati e quali modifiche apporterebbe alla norma? Come la sanità pubblica potrebbe meglio accompagnare un tale gesto e la donna che lo compie?


«Su questa tematica è stata fatta tanta strumentalizzazione da parte della sinistra, volutamente. Fratelli d’Italia ovviamente auspica a un numero di aborti sempre più esiguo nel nostro Paese, sfido chiunque a incitare una pratica così innaturale e crudele, che lascia per sempre cicatrici nella donna che ne è sottoposta. Fratelli d'Italia vuole che la 194 venga finalmente applicata in toto, dalla prima parte e non solo nella seconda come si è sempre fatto. Cosa significa? Che bisogna sostenere le donne che non hanno i mezzi economici per poter accogliere una gravidanza, bisogna aiutare le giovani madri, è necessario che lo Stato sia presente e che dia a tutte le donne le stesse possibilità di crescere con tranquillità i propri figli. L’unica certezza che abbiamo in merito all’aborto è che ogni volta che se ne compie uno si vìola la dignità di una donna e un bimbo innocente muore».


Per l’ultima domanda ho pensato a qualcosa di più personale, da due anni a questa parte frequento ambienti giovanili cattolici e sono fermamente convinta che la fede sia un aspetto fondamentale e complementare di questa battaglia che la Destra combatte da anni sul piano politico. Per noi cattolici l’aborto, in quanto omicidio di innocenti, è anche un peccato nei confronti del divino; lei cosa pensa a riguardo? Pensa che in merito a questa materia sia essenziale un dialogo tra la realtà ecclesiastica e quella istituzionale?


«Da rappresentante della Repubblica Italiana e da cattolica, auspicherei che si analizzasse con lucidità e senza filtri ideologici la pratica dell'aborto.


Se così si facesse, si vedrebbe limpidamente come tale pratica sia palesemente tragica. Non servirebbero ulteriori motivazioni affinché se ne accorgesse anche il più accanito degli atei. Madre Teresa affermava che “il più grande distruttore di pace nel mondo è l'aborto. Se una madre può uccidere il proprio figlio nella culla del suo grembo, chi potrà fermare me e te dall'ucciderci reciprocamente?”».


Amirah Risoli

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