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Intervista a Mario Gavagni, del lavoro e della militanza

Sono molto contento di partecipare al progetto Il Presente dei ragazzi di Gioventù Nazionale Milano con una rubrica dedicata al mondo del lavoro, alla militanza politica e all'impegno civico. Interviste, approfondimenti e riflessioni che hanno l'obiettivo di portare al centro il merito, lo spirito di sacrificio, la concretezza ed il buon esempio.


Apriamo la nostra rubrica con l'intervista all'amico Mario Gavagni.

Mario Gavagni, professionista e dirigente aziendale per molti anni, di cosa ti sei occupato?

«Ho sempre considerato il lavoro come una missione sociale, il tempo e l’esperienza hanno confermato questa mia considerazione. La visione, la passione e la creatività sono stati i motori del mio percorso professionale. L’irrequietezza, il piacere della sfida mi hanno portato a cambiare spesso il mio indirizzo lavorativo, anche in settori di mercato estremamente diversi. Il mio è stato un percorso ricco di successi e raramente ho assaggiato l’amaro della sconfitta.


Man mano che crescevo professionalmente mi accorgevo che ero attratto da obiettivi difficili e da molti considerati impossibili. Occupandomi anche di comunicazione ho sviluppato un progetto che mi ha portato a realizzare un team di Formula 1 in 8 mesi e che ho presentato nel maggio del 1987 ad Imola. Nulla sarebbe stato possibile se al mio fianco non avessi avuto dei collaboratori estremamente motivati (Passione, Coinvolgimento, Partecipazione), pronti a qualsiasi cosa e molti di loro mi hanno seguito nei miei numerosi percorsi lavorativi.


Iniziai con le Assicurazioni come ispettore di produzione sviluppando portafogli clienti, per poi occuparmi di Sicurezza ed infine di Automotive dove ho pianificato sviluppi tecnici e commerciali.


Il lavoro, qualunque esso sia, è una missione sociale che non deve avere come priorità il riempimento delle proprie tasche ma deve creare ricchezza perché questa ricada sulla Comunità, dando altro lavoro e quindi garantendo futuro e serenità.»


Da ragazzo sei stato militante della Giovane Italia, movimento giovanile del MSI, che ricordi hai?

«Conservo molti ricordi e quasi tutti belli. Erano tempi difficili, specialmente a scuola, dove se non eri di sinistra eri additato e preso di mira, sia dagli studenti del Movimento Studentesco che anche dai professori, per la maggior parte comunisti che invece di insegnare indottrinavano i ragazzi.


Frequentare la Giovane Italia e condividere i miei ideali e i miei valori con altri ragazzi fu la mia mia ancora di salvezza. Non ero solo, c’erano persone che la pensavano come me. Lì trovai il coraggio per combattere per le mie idee e a far fronte senza alcun timore a professori purtroppo schierati che provarono anche a vessarmi. Ma grazie a quel grande contenitore di Valori che era la Giovane Italia, niente e nessuno avrebbe potuto avere la meglio su di me e scalfire i miei ideali.»

La militanza giovanile ti ha aiutato nel tuo ottimo percorso di crescita professionale?

«Certo! L’esperienza in Giovane Italia mi aiutò a sviluppare coraggio, determinazione, lealtà e soprattutto a guidare le mie azioni verso orizzonti sociali. E di questo ne sono fiero e felice perché mi ha permesso di dare un significato alla mia esistenza. Sapere che ognuno di noi ha una missione da compiere e non per se stessi, ma per la comunità, è una grande cosa che illumina la nostra strada e che assume dentro di noi un valore immenso.»


Sei da sempre legato al mondo giovanile, che messaggi vuoi dare ai ragazzi che iniziano a lavorare?

«È una domanda la cui risposta impiegherebbe almeno un giorno intero. Entrate in una nuova sfera della vostra vita. Come si dice, è un altro mondo. Non siate timorosi, ma neppure baldanzosi. Di ragazzi ne ho intervistati e assunti parecchi e vi posso assicurare che non davo maggiore importanza ai risultati ottenuti a scuola o all’università, certo anche quello, ma cosa esprimevano i loro occhi, la chiarezza del loro pensiero, la loro fiducia verso se stessi, le loro aspettative, le loro ambizioni. Se avevano o meno lo spirito di sacrificio, l’umiltà (non la prostrazione), insomma i loro valori.


Esplorate voi stessi, ma con la giusta onestà e severità. Ci sono dei metodi sul mercato (qualche suggerimento disinteressato ve lo posso dare) che possono aiutare a conoscervi. Vi aiuterà a capire chi siete a cosa potete ambire, quali ruoli potrete ricoprire. Imboccare la strada giusta, quella adatta a voi, contribuirà a far crescere la fiducia in voi stessi. Elemento fondamentale per la vostra vita.


Infine, ai miei ragazzi dicevo sempre: per i vostri ambiziosi obiettivi, mirate alle stelle, male che vada farete almeno un giro intorno alla luna!»


Che cosa è mancato in questi anni per lanciare il Lavoro in Italia e che cosa secondo te è di assoluta priorità?

«Una domanda che necessiterebbe una risposta molto complessa e che tocca pesantemente la politica. Io credo che la nostra Nazione avrebbe largamente le capacità e le possibilità per uno sviluppo economico importante e di sicuro non inferiore a quello delle Nazioni più floride nel panorama mondiale.


La UE, influenzata dall’asse Franco-Tedesco, negli ultimi 12 anni ci ha imposto regole che hanno penalizzato pesantemente la nostra economia. Covid, crisi petrolifera e guerre hanno contribuito a peggiorare la situazione. Altri fattori determinanti che hanno inciso e continuano ad influenzare notevolmente parte della nostra economia, quindi anche sull’occupazione, sono stati e sono internet, Amazon, Alibaba e i grandi centri commerciali.


Per quanto riguarda l’UE e le relazioni con l’Occidente, si può intervenire politicamente, ponendo fine alla sudditanza alla quale il nostro Paese si piegò durante i precedenti governi, rinegoziando regole che ci hanno penalizzato e non accentandone di nuove che dovessero dare vantaggi ad altri a nostro discapito. Per quanto riguarda le grandi multinazionali come Amazon e Alibaba devono essere tassate per il volume d’affari realizzato nel nostro Paese e con questi introiti finanziare lo sviluppo di nuove imprese che devono garantire occupazione.


Alla base di tutto però, credo sia indispensabile e fondamentale realizzare un piano che veda il coinvolgimento delle nuove generazioni – Millennial e altri – affinché con il loro contributo si possano adottare i doverosi provvedimenti per allineare e adeguare le scelte politiche alla realtà di un mondo che nel 2000 ha avuto un salto epocale, oscuro alla vetusta visione dell’attuale comparto politico e quindi impreparato a indirizzare la Nazione nella giusta direzione e a cogliere l’essenza dei cambiamenti e le opportunità che fioriranno.»


Lasciami fare un'ultima domanda legata alla nostra amata Milano, come la vorresti vedere nel 2030?

«Gli ultimi 12 anni hanno trasformato Milano in una città alla quale sento di non appartenere più. Gran parte degli interventi sulla viabilità, le pesanti limitazioni del traffico e la dilagante criminalità incontrollata ed in qualche modo ignorata; insomma Milano è diventata una città non più a dimensione del cittadino, insicura e costosa.

Io vorrei una città che vuole bene ai suoi cittadini e reciprocamente che i cittadini vogliano bene alla propria città. E’ un sogno? No. Si può fare! Oggi c’è un grande distacco tra le istituzioni comunali e i cittadini. Manca l’interattività. Manca la condivisione delle responsabilità. Manca il senso del rispetto e dell’orgoglio. La città è proprietà dei cittadini e quindi è giusto siano coinvolti e considerati. Non dico in tutte le decisioni, ma in quelle più importanti si. Una città non può essere governata unilateralmente dal Sindaco e dalla sua Giunta, le votazioni devono nominare il garante delle volontà popolari e questo significa NO ad un potere despotico e impopolare.

Vorrei una città dove regni l’armonia tra le istituzioni e la gente. Dove il cittadino milanese, cioè quivi residente, non sia tartassato, vessato e penalizzato economicamente. No all’Area B per i residenti milanesi, no ai parcheggi strisce blu (zona centro a parte) per i residenti milanesi, mezzi pubblici gratuiti per i residenti sviluppando iniziative innovative che compensino gli introiti dei biglietti, e tanto altro che sostenga gli abitanti di questa magnifica città. Dall’altra parte chiedere ai cittadini di rispettare la città, contribuendo a tenerla pulita, in ordine e magari sviluppare qualche azione che coinvolga la gente, esempi ce ne sono parecchi.

Infine, ma non per ultima, ordine e sicurezza devono essere di nuovo priorità. Rapporti e responsabilità tra Comune e Prefettura dovrebbero essere rivisti, in modo tale da garantire una sostanziale presenza di Polizia sul territorio. La prevenzione è la chiave per risolvere gran parte dei crimini.

Concludendo, vorrei una città che renda omaggio pubblico con almeno una manifestazione popolare all’anno a tutti quei lavoratori che svolgono un compito di grande importanza sociale. Dagli operatori ecologici ai corpi di polizia.»

Francesco Rocca

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