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Intervista a Michele Schiavi


Aveva quattordici anni e un sogno in tasca, quando si è iscritto a Gioventù Nazionale. Aveva vent’anni quando è diventato sindaco in quel di Onore, accaparrandosi il record d’età come primo cittadino. Adesso ha ventiquattro anni, frequenta la facoltà di giurisprudenza, ed è il Consigliere Regionale più giovane in Lombardia (bergamasco come anche il più “vissuto”, Vittorio Feltri)… e quindi quel sogno di portare ai “piani alti” del Pirellone la sua terra lo ha realizzato.

Qualche domanda ad una perla rara dello scenario politico italiano: Michele Schiavi.

«Ciao, grazie [sorride, legittimamente fiero]».


Quando, come e perché ha avuto origine il tuo impegno politico? E come mai a destra?


«Ho iniziato a 14 anni… dico sempre per ridere che ho iniziato perché non ero bravo in nessuno sport e quindi avevo molto tempo libero, è una battuta ma è anche la realtà dato che grazie a questo mio tempo libero mi sono avvicinato al mondo della politica.

Ho avuto la fortuna di incontrare una persona, in modo particolare, che mi ha dato spazio, mi ha guidato, mi ha insegnato, mi ha dato alcune nozioni per stare in questo mondo; e quindi da lì è iniziata la mia esperienza, un’esperienza all’inizio fatta solo ed esclusivamente di militanza: banchetti, battaglie politiche sul territorio, un territorio anche “piccolo” dove magari portarle avanti non era semplicissimo rispetto alla grande città.


Il mio impegno è iniziato a destra sicuramente per l’amore che ho sempre provato nei confronti della bandiera italiana e perché nel 2014, nonostante fosse emersa solo da un’anno, mi aveva colpito una figura della politica italiana, forse quella allora meno rappresentata in televisione, ma che già sui social si poteva seguire, che oggi è la nostra Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ai tempi una semplice deputata di opposizione che però era una giovane e faceva opposizione in maniera diversa da tutti gli altri senza avere paura di dire ciò che pensava.


E quindi ho iniziato a destra, e subito in Fratelli d’Italia».


Nel 2019 diventi sindaco di Onore, cosa ti hanno insegnato questi quattro anni da primo cittadino?


«Nel 2019 c’è stata questa bellissima sfida per amministrare il Comune di Onore, amministrare quello che era il mio paese da sempre e quindi c’è e c’era un grande legame affettivo… io penso che l’esperienza da sindaco sia l’esperienza politica migliore che possa capitare a una persona perché ti dà la possibilità di vedere a trecentosessanta gradii problemi, ma anche le cose belle che riguardano la vita della propria cittadinanza, del proprio paese, del proprio comune. Sono stati anche quattro anni molto impegnativi perché l’esperienza di sindaco è totalizzante, in modo particolare quella di un piccolo comune dove si diventa il punto di riferimento per tutta la comunità, anche per quei problemi che spesso non dipendono da lui o dal comune stesso; però è un’esperienza che io consiglio a tutti quelli che fanno politica perché ti lega al tuo territorio in maniera indissolubile».


Una generazione, quella a cui apparteniamo, che in fatto di politica poco sa e poco pare interessata a sapere: non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ragazzi pieni di dedizione ci sono e noi di GN lo sappiamo bene, ma sono casi abbastanza sporadici, se vogliamo. Come mai? E perché sembra che, qualora un giovane manifesti interesse politico, lo faccia molto spesso a sinistra?


«Io penso che nel mondo d’oggi manchino delle grosse contrapposizioni su temi molto valoriali, o che perlomeno non siano accentuate come lo erano cinquanta, sessanta, settanta, ottant’anni fa, quando c’erano forti contrapposizioni; e di fatto lo scontro porta sempre ad aumentare il numero di persone che si mostrano interessate a quel tema, perché lo scontro porta a parlare di quel tema: penso, in questo momento storico, al tema dell’ambiente, uno di quelli di cui si discute di più, proprio perché è uno dei pochi ancora interessato da uno scontro, anche abbastanza ideologico, molto vivo, fra destra e sinistra o comunque tra due visioni del mondo differenti; quindi si arriva a parlar tanto di questo tema e persone più giovani si impegnano in politica partendo o solo su di esso, penso a tutti i movimenti sporadici che ci sono ad oggi.


Non sono convinto che i giovani si impegnino in maniera preponderante a sinistra, sono assolutamente convinto che i media ci facciano molto questo racconto: ci parlano di giovani, di una nuova generazione che va per la maggior parte a sinistra su temi per forza etici, legati a questioni spesso semantiche e non veramente concrete.

In realtà, io posso dire, nella mia esperienza quotidiana, di aver incontrato tanti ragazzi impegnati nelle amministrazioni comunali già da giovani, persone assolutamente ragionevoli di centrodestra o di destra, tantissimi di Fratelli d’Italia che è un partito dalla giovanissima età media anche rispetto agli altri della coalizione di centrodestra. Questo è uno degli elementi identificativi di questo partito: una classe dirigente giovane pronta, in prospettiva, a governare sempre di più.


Trovo quindi sia più un racconto che ci viene fatto che non la realtà».


Capito, grazie mille.


Cosa mi dici se ti chiedo di darmi la definizione di un termine, di un concetto che è per te stato chiave, ossia quello di “militanza”?


«Militanza vuol dire impegno disinteressato, vuol dire credere in una battaglia, portarla avanti sul proprio territorio all’inizio riuscendo a coinvolgere fors’anche pochissime persone… ricordo la mia prima tessera del partito dopo cinque mesi, perché eravamo al 2.5% e spesso la gente neanche ci conosceva, ma pian piano siamo diventati una presenza costante ai mercati, nelle piazze, ricordo quanto funzionava la raccolta giocattoli sotto Natale per le famiglie meno abbienti.

Militanza vuol dire questo: avere un’idea politica, portarla avanti nel modo più disinteressato possibile senza guardare né al proprio interesse né a quello di chi ci sta intorno, ma all’interesse della comunità che si intende servire.

Sono dell’idea che la militanza faccia bene a chi poi ha la fortuna di entrare nelle istituzioni perché ci si ricordi sempre che è quello da cui tutti siamo partiti e a cui tutti torneremo, ma che deve rimanere per sempre».


Assolutamente, condivido.

Dopo le elezioni regionali del dodici-tredici febbraio [in cui è stato un onore darti una mano] è iniziata, a Marzo, la tua avventura a Palazzo Pirelli: cosa si prova ad aver vinto la grande sfida di portare la tua terra, una terra remota, in Regione? E qual è la tua settimana tipo da Consigliere regionale?


«Questa è una bella domanda.

Abbiamo in effetti iniziato a marzo, e quella della campagna elettorale è stata una bellissima esperienza perché in ogni campagna elettorale si ha l’occasione di incontrare e conoscere tantissime persone, e così i loro problemi e le loro proposte scoprendo cose a cui spesso non pensiamo semplicemente perché non le viviamo, e questa è una grande ricchezza.


È stato un motivo doppio di orgoglio e di soddisfazione quello di partire da un paese di novecento abitanti, in una zona di montagna lontana dalla città di Bergamo, ai confini dell’impero, possiamo dire per usare una battuta. Riuscire a farcela da lì, con un numero di voti importante che mi ha permesso di essere eletto nella lista di Fratelli d’Italia, perché vuol dire che c’è un territorio che ha creduto in questa proposta di candidatura, ha creduto nella possibilità di avere un nostro rappresentante all’interno di Regione Lombardia ed è riuscita anche a farlo eleggere: questo è sicuramente motivo di orgoglio.


La settimana tipo di un consigliere regionale è questa:

il lunedì abbiamo le riunioni pre-consiglio, si analizzano i documenti che andranno votati in Consiglio Regionale, si sceglie che posizione prendere e chi deve intervenire e preparare gli interventi. Il martedì è la giornata dedicata al Consiglio Regionale, che quasi sempre dura fino a sera; il mercoledì e il giovedì sono le giornate in cui abbiamo le commissioni: ogni componente regionale rientra almeno in due commissioni [Michele in quattro, per esempio] che si occupano di temi più specifici rispetto al Consiglio. Il venerdì è dedicato al territorio, si sta nel proprio collegio elettorale per visite ad aziende, incontri con associazioni e comitati di cittadini, appuntamenti. Spesso anche nel fine settimana stiamo sul territorio: è questo il compito della politica, stare in ogni modo sul territorio per cogliere ciò che funziona e ciò che non e per spiegare ai cittadini cosa magari non sta funzionando e come mai».


Una settimana impegnativa, ma qualcuno dice che se si ama il proprio lavoro non si lavora neanche un giorno, quindi nonostante l’impegno richiesto dal tuo lavoro mi sembri felice.


«Senza dubbio, io ho avuto la fortuna che la mia passione sia ora diventata il mio lavoro.

Bisogna sempre rimanere concentrati su tutto, io studio come dicevi prima, per non dipendere mai da un solo elemento siccome non possiamo sapere quali sorprese o agguati la vita possa riservarci».


Torniamo a Giorgia Meloni: donna adesso emblematica, adesso Presidente del Consiglio, da sempre determinata, inscalfibile, perfino personaggi come Arisa arrivano a farle dei complimenti. Per noi più piccoli un idolo, per te la leader di un partito, FdI, che a Bergamo ti vede vice-coordinatore provinciale.


Cosa pensi della sua figura? Ti rivedi in lei?


«Non mi ci rivedo, ha fatto un percorso molto più lungo del mio, è sicuramente per tutti noi un idolo perché è una che è partita dalla militanza, come noi era già sul territorio a quindici anni ed è arrivata ai palazzi del potere, poi ha fatto la scelta [Difficilissima, sottolinea Schiavi] di fondare un partito a quaranta giorni dalle elezioni, è riuscita a farlo entrare in Parlamento e facendo un’opposizione diversa [Sottolinea di nuovo il suo motivo principale di ammirazione verso Giorgia] ad arrivare a Palazzo Chigi essendo il primo partito della Nazione: anche a sinistra, laddove non concordano magari con ciò che sta facendo, le riconoscono una grande preparazione e lo spirito decisionista fondamentale per il leader di una grande Nazione».


Tu affronti giornalmente tante tematiche: qual è fra tutti il tema che più ti sta a cuore, quello su cui agiteresti una bacchetta magica se solo potessi e sul quale riterresti opportuno collocare la massima urgenza?


«Come hai detto di temi ce ne sono tantissimi in Regione, ne cito due che reputo necessitino di una grandissima importanza:


-La montagna: vengo da lì, ma non serve per capire che la montagna soffre sotto tantissimi punti di vista [non solo in Lombardia, non solo in Italia], dallo spopolamento che porta a una diminuzione degli utenti e quindi della qualità dei servizi, ma bisogna andare oltre la logica che ci fa associare questi due elementi come direttamente proporzionali.

In ogni territorio la stessa qualità dei servizi merita di essere garantita anche a pochi abitanti, modulando ovviamente la quantità degli stessi… ma solo la quantità.


-Famiglie: in Italia il nostro grande problema è quello della crisi demografica, che ci porterà nel giro di quindici/vent’anni ad avere conseguenze forse irreparabili sul sistema economico-produttivo del Paese, ma anche sulla tenuta di tutti i sistemi pubblici, basti pensare a quanto quello sanitario, già in difficoltà, con potenzialmente meno lavoratori e più potenziali malati rischierebbe di implodere. Urge impegnarsi per intervenire, già il Governo si sta muovendo emulando anche le esperienze positive che si stanno avendo sia in alcune parti d’Italia che all’estero per invertire questa rotta demografica negativa che, ripeto, rischia di essere un grosso problema per la tenuta del sistema economico e finanziario italiano».


Idee chiare, grande preparazione: dove ti vedi fra dieci anni?


«Questo è impossibile dirlo [Sorride], perché fortunatamente lo decidono gli elettori; mi vedo in Regione Lombardia per i prossimi cinque anni [Qualcuno scherzando gli ricorda che lo diceva anche quando era sindaco, poi sappiamo tutti com'è andata]: qua le cose da fare non mancano mai, e come gruppo più numeroso abbiamo anche la responsabilità di dover essere noi a fare le proposte per migliorare o modificare tutto ciò che ne ha bisogno.

Tanto lavoro da fare qua in Regione, tanta voglia di farlo!»


Quale consiglio per i ragazzi che vogliono seguire la tua strada, che vogliono fare il tuo percorso e che adesso vedono te come un idolo, una figura da raggiungere…


«Io dico sempre di non avere idoli in politica, ma di guardare l’esperienza di tutti, anche di chi non appartiene al nostro partito.


Costruire se stessi, avere una formazione, una preparazione, sapere capire quali temi interessano il territorio e la comunità.


Starci sul territorio, essere parte della comunità, e sapere leggere il momento giusto per buttarsi consapevoli del rischio di bruciarsi: non è semplice, ma fare un percorso passo passo è importante; anche se non fa mai male quel misto di coraggio e incoscienza che può spingerti a provare una campagna elettorale apparentemente impossibile, come sembrava a me quella delle regionali».


Grazie Michele per quest’intervista, per la tua disponibilità e per la puntualità delle risposte.


«Grazie a te, Greg!»


Aggiungerei, adesso che trascrivo, un grazie per tutte quelle lezioni, di vita o di politica che siano, che ci consegni in ogni discorso e in ogni chiacchierata, dal palco di un comizio o dal sedile della tua auto quando ci porti a casa dopo una giornata in Spazio Esperia. Alla prossima campagna elettorale, alla prossima sfida che affronterai, sarà un onore appoggiarti, Consigliere!


Gregorio Giovanni Bruno Casabianca





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