top of page

Intervista: Simone Orlandi, nuovo Coordinatore cittadino FdI Milano

Sommario:


Dirigente di Azione Giovani, poi gli impegni istituzionali in Zona 1 e in Municipio 7 e oggi Presidente cittadino di Milano. Con la tua storia testimoni che la militanza è una cosa seria e non un sinonimo più felice di “manovalanza”, sbaglio?


«No, non sbagli. Il bello della militanza è proprio quello che vi voglio raccontare: la mia militanza è iniziata un po’ come un servizio, mi ricordo quando ero un ragazzo e sono entrato nella storica sede di via Mancini. Allora era ancora la sede del Fronte della Gioventù, perché io ho avuto la fortuna di militare per due anni con il Fronte della Gioventù, e c'erano due ragazzi come me, che erano Carlo Fidanza e Fabio Raimondo, con i quali abbiamo iniziato insieme a 15/16 anni a far politica; e sicuramente non ci saremmo aspettati di far parte del primo partito nazionale e di diventare: io il Coordinatore cittadino, Fabio parlamentare e Carlo capodelegazione del primo partito d'Italia al Parlamento europeo.


Non pensavamo che con le nostre discussioni sulla Palestina, su Israele e su tutti i massimi sistemi, che andavano avanti per ore, avremmo potuto cambiare il mondo… o ancora, con il volantinaggio che organizzavamo sempre in piazza San Babila al sabato, perché allora c'era anche questo modo diverso di far politica. Un tempo non c'erano i social, non c'erano i telefoni, ma c'era l'appuntamento fisso che era un mantra. Chi faceva politica sapeva che il giovedì pomeriggio c'era la riunione in via Mancini e il sabato c'era il banchetto, quindi erano appuntamenti fissi, oggi è cambiato molto il modo di far politica.


Ma il bello è che l'approccio non era quello di dire “voglio far politica per far carriera”, era veramente un senso di volontariato, solo che anziché fare volontariato ci si chiedeva “come posso far del bene alla mia città, alla mia gente e alla mia terra?” e ci si metteva a far politica. Quindi era veramente un percorso genuino che poi ci ha anche portato oggi ad avere delle responsabilità che sicuramente mi riempiono di orgoglio.»


Ci vuoi raccontare qualcosa di questo modo di stare in politica che tutti al di fuori del nostro Partito, e ogni tanto anche al di dentro, sembrano aver scordato?


«Sicuramente quello che ci dava la forza era la quotidianità di come si faceva politica e lo stare insieme. Io ho vissuto anche un periodo in cui, a volte, solo fare una manifestazione poteva essere un problema.

Non era come gli anni ‘70, non era uno dei periodi più caldi, però avevamo un assetto, come mondo giovanile, che non doveva esser pronto solo a dibattere all'interno delle aule o all'interno dei Consigli di Municipio, ma anche pronto a dover rivendicare il diritto di fare una manifestazione. Mi ricordo le manifestazioni che facevamo in Festa del Perdono… tante volte era difficile anche solo fare il banchetto o fare il volantinaggio ed esistere fisicamente. Questa esperienza sicuramente ti tempra, lo so perché vedo l'esperienza che abbiamo fatto noi e che ha fatto anche il nostro Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.


Andare nelle scuole, dover parlare con una platea di duecento persone, di cui centonovant’otto ti fischiano e urlano e che per ogni cosa che dici ti insultano, è un qualcosa che veramente ti forma e ti fa far politica in maniera diversa. A confronto, dover parlare in Consiglio di Municipio è una passeggiata.


Il movimento giovanile per me è stata veramente una scuola di vita, una scuola formativa che mi ha fatto crescere non solo dal punto di vista politico, ma anche umano, perché anche se poi non si fa il consigliere di un municipio o non si trova nella politica la propria passione, ma si decide di fare qualsiasi altro lavoro, perché ognuno di noi ha il proprio percorso formativo e di lavoro, credo che chi ha fatto politica da ragazzo, chi come voi fa politica da ragazzo, comunque avrà una marcia in più.


Perché anche se sono cambiati i modi, anche se sono cambiati i tempi, l'avere un impegno civico e sentirsi in dovere di fare qualcosa per la propria terra, per i propri figli, per la propria gente e per i propri coetanei vuol dire che si ha una marcia in più.


Lo penso veramente di chi oggi si iscrive al movimento giovanile, non solo pensando all’esperienza di Azione Giovani, ma anche a quella odierna di Gioventù Nazionale e in generale a tutti i movimenti giovanili che ci sono, ovviamente ho una simpatia in più per chi aderisce al nostro movimento giovanile.


Ma è un discorso che estenderei, in generale, a qualsiasi movimento giovanile di qualsiasi fazione e, ovviamente, che non sia extraparlamentare o violento o facinoroso, ma comunque nell'ambito della legalità e dell'impegno, e che può tradursi anche in impegno istituzionale. Si prende coscienza di un impegno importante.


Tanti criticano i ragazzi di oggi affermando che non sono interessati a nulla, che pensano solo ai social, solo a vestirsi in un certo modo, solo ad arricchirsi, ai soldi... invece non tutti sono così e il vostro movimento giovanile è sicuramente un esempio.»


Nonostante i meriti del tuo “avversario”, la tua è stata una grande vittoria anche proprio in termini di voti. I giornali hanno raccontato che su di te, con il passo indietro di Deborah dell’Acqua, oggi tua vice, sono confluite due sensibilità diverse ma complementari all’interno del nostro partito. Una bella responsabilità questa, sbaglio?

«Sicuramente è una bella responsabilità e devo dire che mi hanno fatto molto piacere anche gli interventi di quei parlamentari che appoggiavano Enrico Turato, con cui peraltro ho un bellissimo rapporto e con cui sono cresciuto insieme politicamente. Mi ha fatto molto piacere che tutti mi abbiano riconosciuto questo, nel senso che, anche per questioni di correnti, che ci sono e nessuno nega che esistano, c'è stata comunque una convergenza sul mio nome, anche da parte di chi non mi ha votato; quindi, un apprezzamento per la persona dal punto di vista umano e questo mi ha fatto davvero piacere. Questa è una responsabilità che ho, ma è anche il mio modo di lavorare. Ho sempre lavorato cercando di includere tutti. Ovviamente maggiormente quelli del mio partito, per cui sicuramente sarà mio dovere fare il coordinatore nel senso stretto della parola, quindi coordinare tutti e cercare di lavorare insieme.»

Permettimi di sottolineare l’apertura che da parte tua c’è stata alla componente giovanile: la possibilità per Gioventù Nazionale di presentare un proprio candidato al Direttivo e quindi l’elezione di Alessia Antoniazzi, e anche la presenza nel coordinamento di Andrea Muzzolon… noi giovani militanti sentiamo già aria di cambiamento. Il Partito è il Partito e il Giovanile è il Giovanile, ma il lavoro deve essere sinergico: tu cosa hai in mente?

«Aggiungo che c'è anche Riccardo Mariani, che è membro di diritto essendo presidente di Gioventù Nazionale e sarà parte del coordinamento. Terrò in considerazione anche i consiglieri municipali di Gioventù Nazionale, mi vengono in mente Davide Rocca, che fa parte di Gioventù Nazionale, o suo fratello Francesco che è eletto in Consiglio comunale. Quindi Alessia è stata eletta, ma sono io che ringrazio il mondo giovanile. Perché venendo da quell'esperienza so quanto possa essere importante avere al fianco i giovani; mi ricordo che tante volte eravamo uno sguardo esterno.


Soprattutto, oggi è ancor più importante, perché si ha una linea di partito di gente che si aggrega alla parte che vince, questo è inevitabile perché ovviamente chi ha il coordinamento ha un'aggregazione spontanea, però avere il riferimento del mondo giovanile, secondo me, è importantissimo proprio per farti vedere tutte le questioni che vanno affrontate con una prospettiva diversa.


A me, tante volte, anche quando devo fare delle scelte a livello di municipio, piuttosto che a livello politico, mi capita di chiedermi cosa avrei fatto a quattordici anni, cosa avrebbe fatto oggi quel ragazzo quando si è iscritto al Fronte della Gioventù, nonostante tutto, e devo dire che è un ottimo consigliere. Poi se ho anche un movimento giovanile di giovani di oggi, con sensibilità, per me è veramente una fonte preziosa di aiuto e di collaborazione, per cui per me il mondo giovanile è assolutamente importantissimo averlo al mio fianco.»


Il Coordinatore orienta la linea politica di Milano, prima di abbiamo fatto gli auguri per l’elezione, però, a ben pensarci, ti ritrovi al centro dell’inferno, la Milano del Sindaco Sala è l’esatto opposto di tutto quello che la tua storia da militante rappresenta. Il tema sicurezza, la mobilità, le ciclabili assurde, la vicinanza dell’Amministrazione alle compagini più violente ed estremiste della sinistra: come intendi direzionare lo sforzo di Fratelli d’Italia?


«Con battaglie quotidiane. Tra poco, non so quando pubblicherete l’intervista, ma tra poche ore [due giorni fa] faremo il mio primo atto da coordinatore cittadino: ovvero andare a protestare per un immobile che è stato destinato ai centri sociali, premiati dopo essere stati abusivi per anni. Gli si regala un immobile in barba a tutti i bandi e in barba a tutte le associazioni di volontariato che vorrebbero uno spazio. Ma poiché hanno avuto il “premio” e il “merito” di occupare uno stabile hanno il diritto di andare in un posto. Tra poche ore andremo a fare questo e sono contento che un’iniziativa del genere sia il mio primo atto da coordinatore


Ovviamente è una battaglia difficile, perché anche i dati politici delle ultime regionali, dove il centrodestra ha vinto ovunque, non ha vinto a Milano. Quindi anche con un candidato buono, anche con la spinta delle elezioni da cui il centrodestra esce vincente ovunque, a Milano vince il centrosinistra. Non sarà una battaglia facile e non ci dobbiamo limitare a contrastare o fare opposizione alla linea del sindaco Sala.


Hai citato due degli argomenti più immediati, che chiunque viene a Milano e chiunque vive la città capisce che sono dei problemi. Perché c’è il problema della sicurezza e il problema della viabilità, dove sembra realmente che ogni operazione venga fatta con la volontà di ostacolare l’utilizzo delle macchine e voler aumentare il traffico. Sembra davvero che ci sia una volontà dietro. La volontà di impedire o di rendere quasi impossibile l’utilizzo delle macchine, senza pensare che il traffico aumenta l’inquinamento e le tempistiche.


Perché, se con una macchina per spostarmi impiego dieci minuti inquino dieci minuti. Se impiego trenta minuti, oltre al quarto d’ora per girare e cercare parcheggio, inquino quarantacinque minuti. Quindi anche se sembra una cosa banale, in realtà, moltiplicata per tutte le opere che vengono fatte, diventa un problema serio.


Come Fratelli di Italia abbiamo la responsabilità di essere il primo partito della coalizione milanese e da questo non ci dobbiamo sottrarre. Dobbiamo imparare dagli errori del passato dove soprattutto sulle tempistiche abbiamo sbagliato. Abbiamo sbagliato modi e metodologie e non sarà facile, ma noi dobbiamo fare del nostro meglio e come Fratelli di Italia abbiamo la responsabilità di trovare un buono candidato nei tempi giusti.»


Cosa abbiamo fatto bene fin ora e cosa invece dobbiamo fare ancora? Tra 3 anni avremo le elezioni comunali, per cosa lavori? FdI punta ad eleggere il sindaco?


«In politica, a volte, in pochi anni cambiano gli equilibri, io mi auguro di no, e ho tutto il motivo per credere che Fratelli di Italia, nel momento in cui si dovrà decider chi sarà il prossimo candidato, avrà la responsabilità maggiore. Ovviamente non spetterà solo a noi, come ovviamente in passato non spettava solo alle forze degli alleati, ma dovrà essere una scelta condivisa e gradita anche agli amici di Forza Italia e della Lega e delle altre che aderiranno al progetto.


Mi permetto di parlare sui criteri di scelta. L’ultima volta, secondo me, abbiamo sbagliato ad andare dietro a quello che era l’ondata grillina. Passatemi il termine. Ovvero quell’ondata che faceva dell’antipolitica un mantra assoluto. Cioè, sembrava quasi che se si aveva un percorso politico, si avesse un qualcosa di cui vergognarsi e questo non può essere. Con il Governo Meloni si è passati dall’antipolitica alla buona politica.


Quindi noi dobbiamo trovare un sindaco che sia un buon politico. Questo poi non vuol dire che debba essere per forza un politico, ma può essere anche un profilo diverso; l’importante è che non ci sia questo bollo per cui chi ha fatto politica non va bene come candidato sindaco, questo, fortunatamente grazie al Governo Meloni, penso che non ci sarà più e sicuramente nella scelta è un criterio di cui noi dobbiamo dovremo tener conto.»


A proposito di elezioni, due parole sugli alleati di centro-destra: quale è il rapporto di FdI con Lega, Forza Italia nel territorio di Milano? A livello nazionale FdI traina la coalizione, in Lombardia è stato fondamentale l'appoggio dato al leghista Fontana e l'elezione di Marco Alparone ne è la prova, cosa immagini per Milano?


«A Milano sicuramente l’apporto degli alleati è indispensabile, poiché non si può pensare ad una candidatura non gradita a Lega e Forza Italia. Questo per varie ragioni e poiché c’è una battaglia serrata e poiché le percentuali non saranno sicuramente esageratamente a nostro favore, anzi partiamo svantaggiati e non dobbiamo nascondercelo, ci sarà bisogno di tutti e ci sarà bisogno delle anime di centrodestra.


Poi, secondo me, Milano è una città particolare, è una città da cui le novità sono sempre partite e le migliori novità nella storia di Italia sono nate a Milano. Per cui anche in questo bisogna tener conto del tessuto dei milanesi: come ragionano, come votano. Per cui diventa un impegno… allargherei la tua domanda: non solo alle forze politiche, ma ha anche le categorie, le associazioni e i volontari.


C’è tutto un mondo da riuscire a coinvolgere che per la battaglia sul sindaco di Milano è importante. Non solo la figura del sindaco sarà importantissima, perché quello sicuramente è fondamentale, ma anche il lavoro che si può fare nella quotidianità andando dalle varie associazioni o dai residenti e dai cittadini casa per casa, come faremo tra poco. Ci prenderemo cura e metteremo in evidenza i problemi dei vari quartieri e delle associazioni. Sicuramente questo concorrerà a farci a riprenderci Milano e questo sicuramente l’obiettivo ambizioso, ma ce lo dobbiamo porre.»


In conclusione, cosa diresti al Simone ragazzino che guardava con timore reverenziale la scala in via Mancini, che portava al coordinatore provinciale, sapendo che ora quel ruolo è ricoperto da te?


«Gli direi di farla quella scala, gli direi che potrebbe percorrerla, che potrebbe bussare e che dietro quella porta non c’è un Federale, non c’è una figura mitologica, ma c’è una persona che è pronta ad ascoltarlo e che può essere sicuramente una mente utile per farlo lavorare bene. Quindi Simone fai quelle scale, bussa alla porta e datti da fare.»

bottom of page