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Ipocriti contro Ippocrate: il falso giuramento dei medici


È cultura generale che i medici, all’avvio della propria carriera, pronuncino il Giuramento di Ippocrate ed è semplice buon senso, anche se non sempre accade, che vi debbano rimanere fedeli nell’esercizio della loro professione.


Fino a qui nulla fa una piega, il problema è che il cosiddetto Giuramento di Ippocrate non è il Giuramento di Ippocrate.


Non pensiate a un errore di attribuzione o a una disputa storico-filologica sulla paternità del testo, “semplicemente” noi contemporanei, campioni della scienza medica, l’abbiamo cambiato perché ci era scomodo. E, siccome siamo nani senza cultura e ragioni, abbiamo mantenuto – con fare illuminista – il nome del medico greco perché l’aurea classica desse forza alla nostra pochezza.


La questione Ippocrate è nota da tempo a militanti, appassionati e studiosi di temi etici, ma è tornata recentemente all’attenzione pubblica perché, lo scorso 12 luglio, all’Università degli Studi dell’Aquila, durante la proclamazione di laurea degli studenti di Medicina, è stato impiegato, per la prima volta, il nuovo (finto) Giuramento di Ippocrate. Che d’ora in poi sostituirà quello autentico anche sul sito dell’ateneo.


I giornali riportano le dichiarazioni entusiaste di Giulia Ottaviani, di UDU, formazione universitaria di sinistra, che presenta la novità come una vittoria storica.


Recita l’antico testo del patriarca della Medicina occidentale: «Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo».


Il motivo di tanto odio nei confronti del Giuramento è presto detto, Ippocrate si impegna a non procurare la morte altrui anche se richiesto, quindi rifiuta l’eutanasia; si impegna a non fornire farmaci che inducano l’aborto e associa chiaramente omicidio e aborto stesso.


Ora, alcune cose sono di per se evidenti: l’eutanasia e l’aborto sono omicidi di cui il “medico” si rende colpevole, la società contemporanea ritiene questi due omicidi legittimi – non lo sono – e, quindi, molti tra i “medici” contemporanei si rendono volontariamente – e lietamente – complici di omicidi, convinti di esercitare al meglio la loro professione.


Solo una cosa è indubitabilmente oscura, perché mai dare il nome di Giuramento di Ippocrate a ciò che questi "medici” professano? Non vi è correlazione alcuna tra i valori del patriarca greco e i valori che animano questo aspetto della scienza medica contemporanea.


C'è solo una cosa da fare, fatela finita con questa farsa. Scoprite le vostre carte. Avete rifiutato i valori del Giuramento, e quindi reciso ogni legame con la vera origine della scienza medica, ora smettetela di mascherare la vostra “nuova scienza” dietro il sacro nome e l’operato nobile di Ippocrate.


Chiamatelo Giuramento dell'Ipocrita.


Matteo Respinti


Di seguito i due giuramenti


Giuramento di Ippocrate:


«Giuro per Apollo medico e Esculapio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto.


Di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro.


Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa.


Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.


Con innocenza e purezza custodirò la mia condotta di vita e la mia arte.


Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi ritirerò in favore di uomini che si dedicano di questa pratica.


In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni atto libidinoso sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.


Tacerò tutto ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dall'esercizio sulla vita degli uomini, tutto ciò che non deve essere divulgato al di fuori [del rapporto con il paziente], ritenendo tali cose essere segrete.


E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro.»


Giuramento contemporaneo così come deliberato dal comitato centrale della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri il 13 giugno 2014:


«Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:


  • di esercitare la medicina in autonomia di giudizio e responsabilità di comportamento contrastando ogni indebito condizionamento che limiti la libertà e l'indipendenza della professione;

  • di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;

  • di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l'eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute;

  • di non compiere mai atti finalizzati a provocare la morte;

  • di non intraprendere né insistere in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, senza mai abbandonare la cura del malato;

  • di perseguire con la persona assistita una relazione di cura fondata sulla fiducia e sul rispetto dei valori e dei diritti di ciascuno e su un'informazione, preliminare al consenso, comprensibile e completa;

  • di attenermi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell'autonomia della persona;

  • di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina, fondato sul rigore etico e scientifico della ricerca, i cui fini sono la tutela della salute e della vita;

  • di affidare la mia reputazione professionale alle mie competenze e al rispetto delle regole deontologiche e di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;

  • di ispirare la soluzione di ogni divergenza di opinioni al reciproco rispetto;

  • di rispettare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che osservo o che ho osservato, inteso o intuito nella mia professione o in ragione del mio stato o ufficio;

  • di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;

  • di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della professione.»

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