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L’avidità è il motore del mondo: di cartomanti, prostitute e umanità


Sogniamo spesso un mondo perfetto, in cui ogni uomo è al servizio degli altri. I filosofi giusnaturalisti come Spinoza hanno inventato un ottimo espediente logico per confutare la tesi hobbesiana secondo cui l’uomo è un lupo per un altro uomo: nobili intenzioni, senza dubbio, che ce lo rendono indubbiamente più gradevole e simpatico rispetto all’arcigno autore del Leviatano. Ma la realtà non va confusa con le idee dei filosofi, le quali possono spingere al miglioramento qualche “anima bella” (non in senso spregiativo) o sulla via della redenzione, ma mai l’umanità intera.

 

Parlo di questo perché negli ultimi giorni alcune trasmissioni televisive come Le Iene sono tornate a parlare di “truffe”, in riferimento a maghi e cartomanti. Subito si è levata un’ondata d’indignazione, che è comprensibile e umanamente apprezzabile. Tuttavia, senza nulla togliere al valore e alla giustezza di queste denunce, vorrei mostrare un altro lato della medaglia: meno bello, meno nobile e meno morale, ma sincero e veritiero.

 

Prendersela con i cartomanti e con i maghi è uno specchio per le allodole. Proviamo a riflettere su una cosa, e cioè: perché i clienti si fanno truffare? Perché vogliono essere truffati.

 

È come il bisogno di giocare d’azzardo: tutti sanno che in realtà la posta in gioco è alta, che il ricavato è molto basso, ma si fanno ugualmente prendere la mano. Perché? Perché nutrono una speranza, seppure campata per aria: quella di ottenere una risposta ai loro problemi. È come chi va da una prostituta in cerca di intimità. Lo sa che lei/lui sta solamente svolgendo un “lavoro” per cui è pagata/o, e tuttavia allevia momentaneamente un bisogno d’affetto e di sensualità che a molti manca nella vita d’ogni giorno.

 

Dobbiamo guardare in faccia la realtà e vedere le cose come stanno: queste persone (intendo i professionisti) non sono peggiori di altre. L’intero mondo del lavoro si regge sull’egoismo di guadagnare e sui problemi della gente. A te manca qualcosa? Rivolgiti a quel tale e ti darà la soluzione.

 

Solamente in un mondo perfetto, immaginario, prevale la vocazione umanitaria. Ma il fatto è che sono pochi a essere davvero interessati ad aiutarti a risolvere veramente un tuo problema: un amico, un amore, un genitore – certo –, ma la società è diversa da quella comunità fraterna alla quale miriamo costantemente. La comunità umana lotta per la sopravvivenza e in questa corsa sono pochi coloro i quali continuano a essere animati esclusivamente da principi morali di altruismo e di carità.

 

Hobbes diceva che tutti quei nobili sentimenti naturali dell’uomo (generosità, altruismo, moderazione, ecc.) sono possibili solamente in una città ideale e che proprio a ciò serve lo stato civile: a dire come comportarsi, salvando la competizione e la libera iniziativa, senza che tutto sfoci nell’anarchia più totale. Senza le regole e l’autorità, l’uomo è un lupo per un altro uomo perché ogni mezzo giustificherà il fine che è quello della sopravvivenza e dell’autoconservazione.

 

Cartomanti, prostituite, ecc. non sono dunque peggiori di altri: svolgono un lavoro nel senso che in cambio di denaro prestano un servizio che non colmerà certamente il vuoto dei loro clienti, ma darà loro un momentaneo sollievo. Sono venditori di fumo, ma che cosa conta? Tutti noi abbiamo bisogno di fumo e di illusioni, non solo di arrosto. Anzi, spesso dell’arrosto non ci importa un fico.


Dobbiamo capire che l’essere umano non è una roccia. Tutt’altro. Siamo pieni di debolezze e di “imperfezioni” e di queste ci nutriamo, ci cibiamo come se fossero il pane della vita. Ci scandalizziamo delle nostre debolezze e, ancor di più, di chi le sfrutta? Ma allora non abbiamo capito nulla dell’uomo e della vita, probabilmente. Non è perché siamo malvagi o cattivi, ma terribilmente deboli e venali: se fossimo divini saremmo in grado di combattere gli istinti della materia, ma il fatto è che siamo umani, troppo umani, e che l’avidità, così come i desideri della falsa coscienza, prevale sulla ragione e sull’etica.

 

Io sogno, lo giuro, un mondo in cui non ci sia più bisogno di giocare d’azzardo, di andare a prostituite, di rivolgersi a cartomanti, maghi e ciarlatani: ma questo è il mondo ideale. Quello in cui vivo io è dominato dalla debolezza, che i moralisti chiamano malvagità: io no. Non giudico. Osservo. Me stesso e gli altri. E quel che vedo non è bello, ma “umano, troppo umano”. Un po’ mi faccio pena e provo pena, ma forse è proprio per questo che non smetto di amare questa grande famiglia chiamata umanità.


Alessandro Cantoni

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