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L'Italia nel Mar Rosso deve andare o no?

«L’Unione Europea oggi ha chiesto all’Italia di fornire il Force Commander dell’Operazione Aspides nel Mar Rosso. L’importanza e l’urgenza dell’Operazione Aspides, che contribuirà a garantire la libera navigazione e la sicurezza del traffico commerciale nel Mar Rosso, hanno indotto la Difesa italiana ad assicurare immediatamente il proprio sostegno.»

 


A seguito di questo recente annuncio del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, riguardo l'intervento italiano nello scacchiere geopolitico Medio Orientale, non sono certo mancate polemiche e scandali. Le reazioni sono state principalmente due: qualcuno, sbandierando lo stendardo del pacifismo e navigando l'onda filo-palestinese, molto popolare al momento, ha gridato allo scandalo, incriminando l'Italia per aver preso, più o meno velatamente, una posizione filo-israeliana, magari sollecitata dal Patto Atlantico a guida statunitense; mentre gli altri, sottoscritto compreso, hanno gioito nel veder il proprio Paese assumere una chiara posizione a livello internazionale, che intendiamoci non è certo quella di Israele, tanto che l'Operazione, di cui sarà leader l'Italia, si svolgerà nel Mar Rosso e non a Gaza e avrà l'unico obiettivo di proteggere il traffico mercantile occidentale in uno dei tratti navali più pericolosi del globo. Il 40% dell'export marittimo italiano passa dal canale di Suez riferisce il ministro degli Eteri Tajani. [1]

 

Quanti di coloro che criticano senza mezzi termini l'intervento navale italiano hanno realmente compreso la situazione nel Mar Rosso? Per far più chiarezza sugli interventi occidentali in Medio Oriente è necessario tornare indietro alla data del 7 ottobre, ovvero alla ripresa delle ostilità fra Israele e la Palestina di Hamas. La violenza con cui il conflitto è ripreso non ha concesso ai governi del del Medio Oriente di temporeggiare e ha, anzi, favorito una diffusa presa di posizione volta, nella maggior parte dei casi, a difesa della Palestina, o degli interessi di Hamas, in funzione anti-israeliana e anti-occidentale.

 

Seppur Stati come Egitto, Iraq e in parte l'Iran non siano ancora intervenuti militarmente in via ufficiale, non è difficile pensare che aiutino sottobanco i terroristi palestinesi, è dimostrato la l’operato del generale iraniano Razi Moussavi [2], recatosi a Damasco per supportare logisticamente gruppi di miliziani fra cui spiccano Hamas, Hezbollah e gli Houthi, infine ucciso in un raid israeliano. Essendo queste le condizioni di partenza del conflitto, è naturale che esso si sia rapidamente allargato, uscendo dalla sfera Israele-Palestina per coinvolgere, direttamente o indirettamente, il continente europeo e quello americano. Per quel che riguarda l'Europa, e più in particolare l'Italia, i veri problemi non sono iniziati con le sterili, e insignificanti, minacce che l’Iran ha rivolto al mondo occidentale, bensì con l'intensificarsi della pirateria nei confronti dei nostri convogli commerciali, nella tratta marittima che comprende il Mar Rosso e il Golfo di Aden.

 

L'obiettivo di queste azioni di pirateria capeggiate dagli Houthi, milizie armate situate nello Yemen, è quello di far pressioni affinché le nazioni occidentali sospendano il supporto a Israele e permettano agli aiuti umanitari l'entrata in Gaza, cosa che comunque già avviene seppur a intermittenza. La reazione occidentale non si è fatta attendere e nel dicembre 2023 una coalizione guidata dagli Stati Uniti, e supportata attivamente dalla Gran Bretagna, ha condotto l'Operazione Prosperity Guardian. [3] Di carattere offensivo e volta compiere raid aerei e missilistici contro basi dei miliziani Houthi, è attualmente ancora in corso, ha riportato diversi successi sul piano strategico-militare. Per quanto concerne questa Operazione, non è stato richiesto con urgenza l'intervento del nostro Paese, che comunque ha voluto, forse troppo saggiamente, prendere le distanze da azioni offensive.

 

Come anticipato nelle prime righe, l'Italia sarà invece protagonista dell'Operazione Aspides [4], volta alla salvaguardia del traffico commerciale nel Mar Rosso. È quindi chiaro che il nostro Paese si limiterà solo a rispondere a eventuali attacchi da parte di terzi e non compirà alcuna azione ostile se non di risposta. Nel quadro operativo, per decisione dell'UE, spetterà proprio all'Italia il compito di assegnare un nostro ufficiale di marina al ruolo di Force Commander, ossia ammiraglio comandante della flotta che prenderà parte alla missione. Saremo dunque noi a pianificare e guidare le operazioni navali per Aspides, seppur è lecito supporre che al perdurare della missione il leader possa essere sostituito a rotazione fra i membri che ne prenderanno parte. La decisione verrà ufficializzata al vertice dei ministri degli Esteri UE il 19 febbraio, ma ormai sembra chiara la situazione e nulla ci porta a temere ripensamenti importanti.

 

Con la consapevolezza che il fine ultimo delle due operazioni, Prosperity Guardian e Aspides, sia lo stesso, e cioè l'eliminazione della pirateria degli Houthi e il libero transito delle merci nel Mar Rosso, è necessario specificare come la prima sia sotto supervisione Nato mentre la seconda sia invece voluta dall'Unione Europea. Certo Prosperity Guardian avrà maggior efficacia nel contrastare i ribelli con operazioni offensive sul suolo yemenita, mentre Aspides svolgerà un ruolo di deterrenza, di difesa e di pattugliamento, ma non per questo deve risultare agli occhi del pubblico di minor importanza, tanto più se è l'Italia a guidarla.

 

L'Italia s'è desta, ha capito che deve agire a livello internazionale se intende elevarsi a potenza e se vuole riguadagnare il rispetto transnazionale che le spetta. Il precedente storico c’è: quando Cavour ebbe l’ardire di difendere l’interesse nazionale fino in Crimea la patria ne trasse onore e grandezza.


Diego Como

 

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