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La mezzaluna, la croce e l'Occidente: perché l'Armenia riconosce la Palestina?


Non prendiamoci in giro, la ragione principale per cui i buoni dell’Occidente, o di quel che dell’Occidente oggi rimane, si schierano per partito preso con Israele, indipendentemente da quanto brutali possano essere le sue azioni, indipendentemente dall’orrore di trentasettemila morti civili innocenti, è l’odio e il rifiuto profondo che essi provano nei confronti dell’Islam. Certo, il senso di colpa per l’orrore dell’Olocausto e, conseguentemente, la convenienza politico-strategica di segnalarsi amici di un popolo martoriato, giocano un ruolo non indifferente, ma la ragione fondamentale rimane un odio viscerale nei confronti dell’Islam.


Perché? Beh, perché biologicamente i figli di Abramo che abitano la terra di Palestina, siano essi di fede ebraica o islamica, sono tutti uguali, eccezion fatta per il corredo est-europeo che l’ira di Roma ha imposto, per mezzo della diaspora, al popolo eletto.


Quel che fa la differenza è la cultura, e se è vero che vi sono da sempre in Europa comunità di ebrei rigorosi che, insieme, hanno e mantenuto una propria forte identità e fornito un contributo inestimabile (distintamente riconoscibile) alle nazioni che li hanno ospitati; è ancor più vero che gli ebrei che hanno maggiormente segnato la storia moderna dell’Europa e dell’Occidente erano rinnegatori dell’unico Dio, quindi del compito trascendente da lui affidato al proprio popolo eletto, e araldi dell’uguaglianza e del sovvertimento dell’Ordine.


Nella vulgata, agli occhi dei buoni dell’Occidente, gli unici ebrei che hanno agito in Occidente sono stati gli attori della modernità (i Marx e i Freud, per capirci), i patriarchi di questo bel mondo occidentale, in cui tanti sono felici di vivere; mentre, dall’altro lato, gli islamici, come in realtà la maggioranza silenziosa – o, al contrario, inascoltata – degli ebrei che hanno abitato in Europa, sono da sempre – e mai potranno essere diversamente – attori della conservazione. Senza dubbio attraverso la propria prospettiva particolare, gli ebrei e gli islamici onesti sono, per il solo fatto di esistere, difensori della Tradizione e dell’Ordine, pur compreso e articolato solo parzialmente, pur – perfino – frainteso e distorto.


Siccome per i buoni dell’Occidente, e per quel che dell’Occidente rimane, gli ebrei sono solo i Levi e le Segre, e siccome nello Stato cosiddetto di Israele, che per tanti ebrei praticanti tutto è fuorché la Terra Promessa, regnano i laici, gli apostati e i farisei, al Popolo di Davide tutto è perdonato e tutto sarà perdonato, almeno fino a quando, agli occhi dell’occidentale, l’ebreo sarà Netanyahu e non il maestro giusto che legge i rotoli presso la sinagoga.


Gli islamici di Palestina, ahi loro, non hanno questa fortuna – altri (per esempio i Sauditi) sono i civilizzati che i buoni dell’Occidente sono pronti per interesse a tollerare –, e quindi le loro vite sono più che spendibili.


Ogni volta che l’Occidente libero posa gli occhi su di una donna che indossa volontariamente il velo, ragiona di un digiuno intimato dal sacro o di un uomo e una donna che, casti, attendono il matrimonio e la famiglia, il cuore si gonfia di odio e risentimento; perché lì, in Palestina, l’Occidente rivede – certamente con un’altra prospettiva – l’eco di ciò che un tempo lui stesso era, ovvero di ciò, sé stesso, contro cui ha lottato per almeno cinque secoli di Modernità. Il Medio Oriente islamico non è un modello – sia chiaro –, il male e la corruzione lo abitano esattamente come abitano ogni altro luogo del mondo, quel che qui si vuol dire è chiaro a chiunque lo voglia capire.


Lo ha capito il popolo armeno che, più di tutti, avrebbe avuto diritto a non capirlo: olocausto di un genocidio dalle ragioni etnico-religiose e popolo cristiano abbandonato dalla Cristianità alle grinfie della Repubblica, islamica, dell’Azerbaijan sostenuta della Turchia di Erdogan, che per queste ghiotte occasioni di genocidio si riscopre islamico.


E, invece, questo popolo giusto e cristiano, per cui sarebbe stato tanto facile identificare nell’Islam il proprio nemico giurato, ha scelto, forse in virtù della propria sofferenza atroce, forse in virtù di quella Tradizione e di quell’Ordine, che nella cultura armena sono ancora più puri che in quella ebraica e islamica, di non girare il volto di fronte all’ingiustizia e di schierarsi con il popolo palestinese riconoscendone lo Stato e la lotta.


È l’odio che questo nostro Occidente, ormai tramontato, prova per sé stesso che lo spinge a ignorare la sofferenza degli innocenti a un passo dalla propria casa. Ogni altra “ragione” è una scusa.


Due brevi precisazioni:


Primo, non si scambino questi pochi paragrafi per ecumenismo da quattro soldi. È evidente che chi scrive subisca il fascino della società islamica, ma lo subisce almeno quanto subisce quello della società ebraica e, in generale, di qualsiasi società autentica che per questo partecipa, in qualche modo, di ciò che si chiama Tradizione. Va aggiunto che il fascino antropologico non acceca di un’unghia il giudizio negativo sulle storture: l’Occidente, nel suo significato autentico, con le sue culture e la sua fede, ha il compito, una volta restaurato, di salvare il mondo.


Secondo, che le frange più rumorose del progressismo “supportino” il popolo palestinese è irrilevante ai fini di quanto sostenuto in questi pochi paragrafi. In primo luogo, il male silenzioso dei buoni dell’Occidente è il vero cancro che occorre curare, il male evidente si estirpa facilmente. In secondo luogo, il popolo dei Pro Pal non fa nient’altro che estendere la tolleranza che applica agli ebrei secolarizzati a un costrutto immaginario che sostituisce la reale natura della società islamica e medio-orientale. In terzo luogo, naturalmente, ogni sforzo, genuino, ignorante o interessato che sia, per attirare l’attenzione sull’ingiustizia deve essere arruolato da chi intende combatterla.


Qui, per chi si riempie la bocca di «antisemita!» e ignora che i palestinesi siano semiti, alcuni paragrafi sull'equivalenza tra il male israeliano e quello anti-ebraico di Hamas.


Matteo Respinti

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