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La RAI parla dell'Istria: troppa fantasia e poca oggettività?

Dopo la recentissima serie TV sulla caduta del Duce – talmente romanzata da sembrare a tratti fantascientifica, con esponenti del Gran Consiglio che risultano quasi militanti antifascisti e Claretta Petacci in veste di insignificante accompagnatrice di un vecchio pazzo – la RAI prova a farci rivalutare le proprie fiction di stampo storico con La rosa dell’Istria, un film basato sull’esodo degli italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia.



Le aspettative erano estremamente alte, soprattutto considerando che è stato scritto da Maximiliano Hernando Bruno, lo stesso regista di Red Land, a mio parere uno dei migliori prodotti mai realizzati sulle foibe e sull’esodo istriano. Il risultato, però, non è stato esattamente quello sperato, anche se non arriverei a definirlo una vera e propria delusione.


Maddalena Braico, giovane diciottenne di Canfanaro, oggi comune croato, assiste impotente alla distruzione della propria vita a causa della guerra e dell’implacabile avanzata dei partigiani titini in Istria, che iniziano a fucilare gruppi di carabinieri e cittadini innocenti solo per il fatto di essere italiani. La sua famiglia è costretta a scappare e durante la fuga il fratello Niccolò viene colpito in uno scontro a fuoco. Si rifugiano quindi a Cividale del Friuli da uno zio. Il padre di Maddalena, medico di professione, è costretto a lavorare come operaio per guadagnare da vivere, mentre la diciottenne è vittima di bullismo a scuola a causa delle sue origini. A difenderla, però, ci pensa Leo, un ragazzo che come lei ama l'arte. I due col tempo si innamorano, ma Maddalena è costretta a trasferirsi per il lavoro del padre e nel tentativo di correre da Leo scopre che il ragazzo è scomparso. Passano i mesi, mentre la madre si ammala di malaria e muore, e la fine della guerra consente ai due innamorati di ritrovarsi (e qui si scopre che Leo è in realtà un ebreo in costante fuga dai soldati nazisti che hanno deportato la sua famiglia). Si trasferiscono a Padova, nonostante il parere contrario del padre della ragazza, per far sì che lei possa inseguire il suo sogno e dedicarsi all’arte. Si scopre, infine, che suo fratello Niccolò è riuscito a sopravvivere, il padre perdona la figlia e la famiglia si ricongiunge.


Il problema principale che si può evincere dalla trama è il poco spazio dato al fattore storico. Alle foibe si accenna solamente una volta nei primi dieci minuti, quando viene fatto intendere che un amico di Maddalena vi è stato gettato dentro dai partigiani. Per il resto, l’esodo viene fatto intendere come un problema quasi marginale rispetto all’occupazione tedesca del nord Italia, sicuramente specificando la sofferenza di intere famiglie costrette ad abbandonare le proprie terre ma allo stesso tempo dando molto più spazio a una storia romantica che secondo molti poteva essere semplificata in maniera esponenziale in favore di qualche maggiore dettaglio storico.


Il film, comunque, presenta molti lati positivi e spunti estremamente significativi. Prima di tutto, non si nota nei confronti dei partigiani jugoslavi la solita retorica di sinistra in pieno stile RAI. Vengono effettivamente ritratti come dei mostri che, con la scusante della “rappresaglia antifascista”, fecero strage di donne, bambini, carabinieri e di tutti coloro che erano ritenuti “fascisti” solo per il fatto di essere italiani. Diventa simbolica la figura della nonna di Maddalena, che decide di rimanere in Istria sia per non appesantire la famiglia nella fuga sia per amore della propria terra, affermando: «questa è casa mia, io non me ne vado». Una scena estremamente importante per rappresentare l’orgoglio identitario di tutti gli italiani che decisero di non fuggire, pur consapevoli delle conseguenze, un amore a cui forse la pellicola avrebbe potuto dare maggior risalto.


Curioso, poi, che in un film della RAI si dica che il mondo intero avrebbe provato a nascondere e dimenticare l’eccidio. Parliamo della stessa rete che ha contribuito a non dare il giusto peso alla vicenda, parlandone – al massimo – in maniera sommaria e spesso riducendo il tutto a una giustificabile vendetta dei buoni contro i cattivi fascisti che andavano puniti. Se non fosse stato per Noi, forse oggi parleremmo ancora di una strage sconosciuta. Di un esodo mai documentato. Mantenere viva la memoria non è un diritto gentilmente concessoci da una legge, bensì un dovere morale di ogni italiano nei confronti dei propri connazionali barbaramente uccisi in un tentato genocidio. Il fatto che anche sulla RAI ci si stia finalmente sbilanciando è la testimonianza di come la militanza volta a tener acceso un ricordo possa smuovere chiunque, anche i più restii, e di come possa rimuovere anche le peggiori bende ideologiche.


«Non dimenticare mai chi sei, da dove vieni e quello che hai vissuto. Fallo per me, per tutti noi istriani. Perché credimi, presto il mondo farà di tutto per dimenticare la nostra storia».

Anche se tutti, noi no.


Mattia Gallotta

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