Qualità dell’aria, facciamo chiarezza:
In questo articolo focalizzerò la mia attenzione sul territorio milanese.
Per quel che concerne la qualità dell’aria a Milano si è provato a perseguire varie politiche fallimentari: mediante la limitazione degli accessi delle auto nel centro urbano e, solo negli ultimi quattro anni, anche con una nuova ZTL che racchiude tutto il suolo comunale, l’Area B. Tra le altre iniziative del comune vi sono state la creazione di piste ciclabili, di dubbia utilità e fruibilità, restringimenti delle carreggiate ed incentivi per monopattini e biciclette. Ma facciamo un passo alla volta, partiamo dal distinguere i vari tipi di inquinamento…
Tipi di inquinamento dell’aria:
Emissioni di gas nocivi per l’uomo e la vita come ossidi di azoto, monossido di carbonio, ozono, particolato aerodisperso (polveri sottili PM10, PM2.5) e benzene.
Emissioni di Gas Serra che provocano l’innalzamento della temperatura media globale con le conseguenze che già noi tutti conosciamo.
Quando parliamo di inquinamento dell’aria a Milano molti spesso confondo i due tipi di inquinamento, l’obiettivo prefissato nelle città sarebbe quello di abbattere i gas nocivi per l’uomo e non le emissioni di CO2 come molti confondono. I principali responsabili dell’inquinamento dell’aria a Milano sono le automobili e le caldaie a gasolio (durante il lockdown, infatti, abbiamo potuto assistere ad un innalzamento degli inquinanti dovuti alle caldaie nonostante le auto fossero ferme). Dobbiamo ricordarci che di tutto l’inquinamento prodotto le auto costituiscono il 20% mentre le caldaie il 56%.
Chiariamo una volta per tutte un dato di fatto: tutte le auto inquinano, alcune più altre meno.
Tra i vari tipi di propulsione:
Le auto a benzina hanno moderate emissioni di gas nocivi per l’uomo, ma un’elevata produzione di CO2.
Le auto a diesel le auto più dannose per l’uomo dovuto ad un’elevata produzione di gas nocivi, ma che a loro favore emettono basse emissioni di gas serra.
Le auto a metano/GPL non producono gas nocivi ed emettono poca CO2.
Le auto ibride esistono in 3 diverse tipologie: mild hybrid, full hybrid e plug-in hybrid. Il primo è un finto ibrido che permette di risparmiare quantità irrisorie di carburante e ad accedere ad agevolazioni fiscali, il secondo ed il terzo invece sono auto ibride, a tutti gli effetti, capaci di muoversi anche solo in elettrico, ma con autonomie diverse. Le prime hanno autonomie molto limitate, le seconde hanno autonomie più longeve dovute alla capacità di poter essere ricaricate tramite spina. La tecnologia full hybrid ha senso solo per auto piccole e leggere, utilizzate in città, che permette quindi di sfruttare a pieno i vantaggi dell’elettrico. Cosa che non avviene se si percorre l’autostrada. Anzi, in autostrada, i consumi aumentano, rispetto alle paritetiche senza ibrido, per via del peso maggiore che la tecnologia richiede. Le auto plug-in hybrid invece porterebbero vantaggi solo se venissero caricate regolarmente, ma purtroppo la maggior parte degli utenti, per pigrizia ed ignoranza, non le carica e secondo l’ICCT e questa tendenza causa emissioni e consumi ben più elevati rispetto ai valori dichiarati nei cicli omologativi, rispetto alle stesse auto senza tecnologia ibrida, sempre dovuto al peso maggiore.
Le auto elettriche producono direttamente zero emissioni di gas serra e zero gas nocivi (perfette per le città), ma l’energia utilizzata per caricarle non è a impatto zero.
L’energia elettrica prodotta in Italia nel 2021 era composta per il 42% da fonti rinnovabili, per il 48% da gas naturale, per il 5% da carbone e per il 5% da altre fonti. Complessivamente possiamo affermare che 1 km percorso con un’auto elettrica è sicuramente molto più sostenibile rispetto agli altri tipi di propulsioni, ma non è a impatto zero. Ovviamente si tiene conto di tutti gli aspetti: quindi anche la produzione delle batterie dell’automobile, lo smaltimento, l’origine dell’energia, ecc…). Quindi complessivamente la vita di un’auto elettrica è considerabilmente meno inquinante di una paritetica termica.
Fatte queste doverose premesse possiamo trattare l’istituzione dell’Area B, ad oggi l’Area B di Milano sta introducendo regole sempre più stringenti per le auto termiche, in particolare a diesel, fino al divieto totale, pure per quelle acquistate oggi, entro il 2030.
Ma ha senso l’Area B? Teoricamente si, praticamente no.
Perché no?
Dobbiamo ricordare che i cicli di omologazione vengono effettuati in condizioni ideali di utilizzo difficilmente replicabili. Ad esempio, a Milano, il traffico a singhiozzi fa sì che le auto (anche quelle nuove) inquinino molto di più del dichiarato, dato che le accelerazioni continue dal semaforo innalzano di molto le emissioni degli inquinanti. Per di più le case automobilistiche al fine di superare i controlli inventano nuove tecnologie funzionanti solo nei test, ma non nella vita reale.
Non scordiamoci dello scandalo del diesel gate del 2015 che ha coinvolto Volkswagen, e non solo, per anni sono state vendute auto diverse da quelle provate nei test di omologazione e che non rispettavano i cicli omologativi. Questo è dovuto al fatto che i valori necessari al superamento dei test sono molto stringenti e spesso difficilmente rispettabili, dato che l’efficienza dei motori a combustione interna ha dei limiti fisici faticosamente superabili.
Soluzioni possibili?
Ovviamente bloccare tutte le auto circolanti e la rimozione delle caldaie a Gasolio, ma per ovvi motivi questa soluzione non è percorribile.
Un primo passo potrebbe essere quello di adottare un sistema di ZTL simile a quello londinese, che purtroppo non possiamo eguagliare perché a Londra i mezzi di trasporto pubblico sono molto più radicati ed efficienti rispetto quelli milanesi che invece lasciano le periferie troppo scoperte. Sostanzialmente l’Area B, per come è concepita oggi, va a danneggiare chi ha davvero bisogno dell’automobile, a causa della mancanza di servizi, e non può permettersi di sostituirla.
Avrebbe più senso una ZTL in base al reddito per indurre la popolazione più abbiente ad effettuare la transizione all’elettrico anche perché spesso la popolazione più abbiente abita e circola nel centro di Milano (la zona più inquinata). Per di più sarebbe un’opzione sostenibile dato che nel centro è facile incontrare auto di lusso che hanno lo stesso prezzo delle concorrenti elettriche.
L’altra soluzione sarebbe che il comune si facesse carico di forti incentivi per sostituire le vecchie caldaie a gasolio con le più efficienti e meno inquinanti pompe di calore o incentivando la propagazione del teleriscaldamento su tutto il territorio cittadino.
Monopattini e Biciclette:
Le nuove ciclabili realizzate negli ultimi tre anni sono una delle peggiori idee mai introdotte.
I difetti sono abbastanza lampanti: sono solo strisce bianche di vernice in mezzo alla strada senza alcuna separazione dalle automobili. Proprio per questo motivo, dato che garantiscono scarsa sicurezza agli utenti che le percorrono, e per le condizioni climatiche avverse in inverno ed estate, sono poco utilizzate e il loro unico effetto è stato quello di ridurre le corsie della strada e di conseguenza aumentare il traffico della città. Infatti, a Milano, benché si parli di incentivare i trasporti pubblici ed alternativi, il traffico continua ad aumentare anziché diminuire e perfino gli accessi in Area B, nonostante l’introduzione dei nuovi divieti ad ottobre 2022, sono aumentati. (fonte: Amat)
La velocità media del traffico è molto bassa (18 km/h, elemento che rende inutile il futuro limite a 30km/h nel 2024), dovuta ai molti semafori e al crescente uso di mezzi privati. Elementi che portano ad efficienze inferiori dei motori ed un’accensione prolungata degli stessi, che di conseguenza innalzano gli inquinanti. Questo dimostra ancora una volta che le soluzioni intraprese dal comune si dirigono in direzione opposta a quella prefissata.
La soluzione migliore, anziché finanziare le bicilette e i monopattini, sarebbe stata quella di incentivare gli scooter 50cc elettrici che hanno prezzi simili alle bicilette a pedalata assistita, ma che a differenza di quest’ultime devono rispettare delle norme di sicurezza, hanno un’assicurazione, pagano il bollo, hanno bisogno di una patente, e dei quali, data la targa, è possibile controllare le infrazioni del codice della strada.
Filippo Pagliuca