Secondo lei, dato ciò che ha potuto intuire nel corso della stesura de La versione di Giorgia, il suo libro-intervista a Meloni, quella persona perennemente risoluta e tenace che noi vediamo spesso dietro un teleschermo, e che emerge anche dal libro, corrisponde realmente al Presidente o è un personaggio che, magari, nasconde una maggiore fragilità?
«Guarda, sembra banale, ma la cosa che più colpisce di Giorgia Meloni, a conoscerla nel privato, è la simpatia. Detto così, capisco, sembra banale, ma la simpatia è un tratto che di solito non coincide con il potere e con la politica, ambiti caratterizzati da arroganza, presunzione e mancanza di ironia. Lei, invece, è simpatica, è innanzitutto simpatica.
Dopodiché, il libro nasce da una sua esigenza: lei si lamentava, e si lamenta, di non ritrovarsi in quello che di lei solitamente dicono, scrivo e discutono. Se da una parte alcuni giornali e alcuni conduttori televisivi hanno un pregiudizio negativo nei suoi confronti, dall'altra, a volte, è oggetto di una benevolenza eccessiva da parte di chi condivide le sue idee.
Dice Giorgia, io non sono ne una ne l'altra, io sono io e adesso vi racconto chi sono e cosa voglio fare.»
Alla luce dei colloqui che lei e il Presidente avete avuto, ritiene che questo Governo abbia una prospettiva di cinque anni e che, magari, come Giorgia Meloni auspica, ci siano possibilità perfino per una seconda legislatura?
«Sai, l'importante non è quello che penso io.
Lei [il Presidente] crede che l'avere una prospettiva di cinque o dieci anni sia fondamentale, le interessa davvero molto. Noi veniamo da governi che sono durati un anno, un anno e mezzo... che, come dire, tiravano a campare con assurdità pur di durare sei mesi in più.
A lei non interessa, in sé, il governare, a lei interessa cambiare questo Paese. Per cambiare questo Paese lo strumento è il governo, ma ci vogliono anni, non settimane e mesi, ci vogliono tanti anni.
Quindi, lei non si chiede "oddio quanto duro", pensa, piuttosto, "o duro quanto serve per cambiare questo Paese o quanto duro non mi interessa"»
In conclusione, in merito ad Atreju, come giudica la decisione di Elly Schlein di non partecipare?
«Mah, siamo in un paese libero e ognuno è libero...»
Di sottrarsi a un confronto?
«Di fare quello che vuole, di andare dove vuole e di non andare dove non vuole. Io credo che lei [il segretario del Partito Democratico] abbbia calcolato che si sarebbe notata più la sua assenza che non la sua presenza e quindi abbia scelto l'assenza per farsi notare di più.
È un suo legititmo diritto.»
A cura di Giorgio Liotta