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Non doveva andare tutto bene?

«Questo governo non lavora con il favore delle tenebre», forse.

Era l’11 aprile 2020, quando l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, da una diretta Facebook, attaccava politicamente l’opposizione in uno dei momenti più critici della gestione pandemica. Questo fu solamente uno dei vari teatrini ai quali abbiamo potuto assistere.


Ma come è cominciato tutto?

Le prime notizie inerenti al vairus -grazie Giggino- sono giunte in Italia all’inizio di gennaio e i primi casi registrati risalgono al 30 gennaio 2020 all’ospedale Spallanzani di Roma. Agli inizi di febbraio il presidente della Lombardia Attilio Fontana, dopo aver richiesto misure cautelative per i voli provenienti dalla Cina, viene preso d’assalto dalla stampa nazionale. Nel giro di poche ore un virus estremamente più contagioso prende d’assalto la stampa e la sinistra italiana, il virus dell’idiozia.

Nelle prime tre settimane di febbraio assistiamo alla fobia e al pericolo razzismo che attanaglia la sinistra italiana. Non mancano i vari i slogan: «abbraccia un cinese», «il virus è il razzismo», «Milano non si ferma» e tanti altri. Come non ricordare l’aperitivo a Milano con la comunità cinese del segretariə -non vorrei risultare offensivo definendolo “segretario” - del Partito Democratico Nicola Zingaretti. Aperitivo dal quale ha contratto l’infezione.


La Stampa titola: «Coronavirus, quando la paura del contagio serve solo a mascherare il razzismo.»

Wired: «Come il coronavirus sta alimentando il razzismo contro i cinesi.»

L’Avvenire: «Che ora scatti il vero allarme. Coronavirus, sinofobia e razzismo.»


Le parole del sindaco Sala, prima della notizia della chiusura delle scuole a Milano il 24 febbraio 2020, furono: «Continueremo a tenere aperti i nostri servizi e i nostri uffici ma rinvieremo quello che si può rinviare. Sui servizi di base non cambia nulla». E a chi gli chiede di chiudere gli uffici pubblici o le scuole risponde secco sui social: «E allora perché non gli stadi? O le aziende? O i negozi? Che differenza c’è? Stiamo seguendo questa crisi sanitaria con responsabilità, non sottovalutiamo niente, ma non vogliamo neppure fomentare allarmismi


Bastarono un paio di settimane per ribaltare l’intero discorso. La chiusura delle scuole viene annunciata in tutta Italia il 5 marzo 2020. L’8 marzo la Lombardia viene dichiarata da Roma zona rossa, sotto la pressione degli enti locali. Il 9 marzo viene introdotto il divieto agli spostamenti tra regioni. L’11 marzo entra in vigore il decreto «io resto a casa» con un’Italia zona protetta. Per concludere il 22 marzo con il lockdown completo. Ed è in questo momento che inizia un percorso che ci avrebbe accompagnato per tre lunghi anni.


In questo momento il nostro paese si ritrova in enorme difficoltà, il primo paese al mondo, al di fuori della Cina, ad annunciare il lockdown. I cugini d’oltralpe, come il resto di Europa, non perdono occasione per deriderci. Mandano in onda uno spot in tv… la “corona pizze”… non dovettero passare molti giorni per convincersi ad attuare le nostre stesse misure.


Durante la prima ondata, che avrebbe iniziato a vedere la sua fine il 4 maggio, abbiamo potuto assistere al peggio che la politica italiana avrebbe potuto offrirci. Impossibile non ricordare le affermazioni di Conte a inizio articolo. Ad esempio, non si capiva più se il presidente della regione Campania stesse scherzando o fosse serio. In ogni caso poco professionale… «Noi vi mandiamo i carabinieri, ma ve li mandiamo con i lanciafiamme».


Ma ignoriamo la prima ondata… è la prima volta, tutti sono impreparati. Facciamo finta di chiudere un occhio.


Cosa è successo dopo?

Alla fine della prima ondata la stampa è in fermento. Il lavoro di Conte e Speranza sarebbe stato considerato ineccepibile dalla stampa di regime. Non manca la fermezza di “consigliare” ai cittadini un comportamento maturo e responsabile, ma il governo non sembra preoccuparsene più di molto. Infine, era tutto finito no? Da settembre si ritorna alla normalità, giusto? Ebbene no.


La ministra -mi vengono i brividi a digitare “ministra”- dell’istruzione Azzolina ritiene che il miglior sistema di prevenzione del contagio sia l’acquisto di banchi a rotelle… non credo di dover approfondire, ricordare basta e avanza. L’impeccabile ministro della salute Roberto Speranza, anziché pensare di riscrivere il piano pandemico -bazzecole, no?- e pensare a delle norme che potessero anticipare la seconda ondata, non ha perso tempo nella scrittura del suo libro «Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute». Lo so. Sembra uno scherzo. Invece tutto vero, per chi se lo fosse dimenticato. Questo libro, mai rilasciato al pubblico poiché l’uscita era in concomitanza ad una nuova chiusura della Lombardia e dell’introduzione del sistema a colori (che peccato), era un autoelogio del formidabile lavoro del Ministro.


L’unica altra misura per contrastare il contagio sembra essere un’applicazione dai poteri magici, incredibile… Immuni. Un’applicazione piena di contraddizioni che alla fine non ha inciso minimamente nel limitare il contagio. Però ehi, come diceva Lucia Azzolina? «Perché uno studente che non sa di avere la febbre non deve salire sull’autobus»?


Il sistema a colori ci ha accompagnato da ottobre 2020 fino a giugno 2021. La seconda ondata e il secondo periodo di restrizioni furono quello che più hanno segnato l’economia e la società del paese. Il tracciamento locale e nazionale era inesistente, accedere ai tamponi sembrava una sfida impossibile, le cure domestiche parevano agli occhi delle superstar della tv, i virologi, un’alchimia priva di ratio. Il sistema a colori, uno dei sistemi più controversi attuati, era privo di logica e comunque non garantiva mai grandi libertà, perfino nei periodi migliori. Milioni di Italiani sono stati costretti a dover continuare a lavorare e studiare da casa senza alcuna libertà. Coprifuoco inderogabile alle 22.


Mentre tutto questo avveniva nel Bel Paese, il resto d’Europa aveva trovato dei compromessi per permettere una vita quasi regolare alla popolazione. Ma la stampa sembrava un miope senza occhiali, d’altronde bisognava elogiare il lavoro del presidente. L’unica vera soluzione per i media era terrorizzare e colpevolizzare i cittadini per la diffusione del contagio. Sempre colpa nostra d’altronde… non i tagli alla sanità e la mancanza di misure che giocassero di anticipo.


Mentre noi non potevamo nemmeno celebrare il Capodanno, solo a 80km da Milano, fulcro del covid, i nostri amici svizzeri si divertivano sulle piste da sci. Non potevamo spostarci tra regioni, però un bel viaggetto a Dubai era la cosa più sicura e gestibile secondo il Ministero degli Esteri.


Poi è arrivato il momento della svolta. Il momento che tutta l’opinione pubblica aspettava. Il vaccino.

Il 27 dicembre 2020, dopo una gara tra sputnik e Pfizer a chi ce l’ha più efficace, a colpi di percentuale - purtroppo in molti lo hanno dimenticato -, viene inoculata la prima dose. Inizialmente la notizia sembra rincuorare la popolazione. Un atto individuale, spontaneo e volontario che ci avrebbe permesso di concludere la pandemia. Eravamo anche d’accordo nel criticare i contratti stipulati con le case farmaceutiche per poter ottenere le dosi più rapidamente.


A febbraio 2021 avviene l’impensabile. Cade il governo Conte e arriva l’esperto, il professionista. L’uomo che avrebbe fatto rialzare l’Italia. L’incriticabile e sommo Mario Draghi sostenuto da tutti i partiti italiani, ad eccezione di Fratelli d’Italia. Ancora una volta la stampa elogia questo arrivo. L’arrivo di un uomo che fin dal suo insediamento ha sempre rivendicato di essere “un uomo al servizio delle istituzioni” e non dei cittadini… quando mai. La linea di Draghi appare pressoché identica a quella di Conte, a tratti più severa, fino a giugno 2021. Il greenpass ancora non esiste. In Inghilterra Boris Johnson, in occasione della finale degli europei, decide di far cadere ogni restrizione covid permettendo l’accesso allo stadio a 80.000 tifosi. In tutto questo noi ancora discutevamo se tenere la mascherina all’aperto e valutare se, forse, si poteva iniziare a tornare negli stadi con capacità al 30%. Ma la situazione, tutto sommato, sembrava tornare alla normalità. Ovviamente non mancano i titoli di giornali come La Repubblica: «La libertà va meritata», 13 giugno 2021. Ma in fin dei conti la normalità sembra vicina.


Poi succede qualcosa.

Il 23 luglio 2021 avviene l’evento che la stampa avrebbe maggiormente celebrato.

Arriva il greenpass, per ora semplice. Qualsiasi attività al chiuso o a stretto contatto avrebbe dovuto richiedere la verifica del certificato verde ottenibile tramite tampone, guarigione o vaccinazione. Per convincere i più scettici il Presidente del Consiglio dichiarò “non ti vaccini, ti ammali, muori” (aspetta che me lo segno). Ogni attività, qualsiasi occasione di vita sociale avrebbe richiesto l’esibizione del certificato. Anche per le università.

Per lo Stato siamo diventati dei prodotti da supermercato con QR code e scadenze. In quei mesi la stampa fece di tutto per convincere ed esortare la popolazione a vaccinarsi. Rispolvero un ricordo… «si si vax, si si vax, vacciniamoci», la canzone dei virologi sulle note di Jingle Bells. Il discorso era sempre quello, inutile girarci intorno. Tutti i cittadini di ogni sesso ed età (dai 12 anni in su), in qualunque condizione medica, avrebbero dovuto sottoporsi alla vaccinazione per poter VIVERE. Il 15 ottobre 2022 viene introdotto l’obbligo di greenpass sul lavoro. Ancora si può usare il tampone, però un tampone ogni 48 ore per poter lavorare è una scelta non sostenibile ai più. Ma questo non basta. Tutti coloro che volevano sostenere la tesi opposta, che sollevavano dubbi in merito alla sicurezza e all’efficacia dei vaccini o che proponevano cure alternative venivano posti nella sedicente categoria di “complottista no vax”. La parola d’ordine era una sola. Categorica e imperativa per tutti. Vaccinare e vi vaccineremo. Al ritmo di prima, seconda, terza, quarta, infinitesima dose.

Chi voleva dimostrare il contrario veniva istantaneamente censurato e privato di ogni dignità.


Poi è giunto il momento peggiore.

Il 6 dicembre 2021 la durata del certificato viene ridotta da 9 a 6 mesi e viene introdotto e utilizzato solo il Super greenpass, quello ottenibile solo da guarigione e vaccinazione. Anche per andare a lavorare.

Italiani, ormai non avete più scelta. Dose, dose e dose.

La strada è segnata.

O sei fortunato ad ammalarti o ti vaccini o devi decidere di entrare nella categoria dei cittadini di serie B senza diritti.

La situazione ormai è incontrastabile. Nei servizi televisivi non si fa altro che parlare di vaccini e di covid. Tutti i ribelli devono sparire.

Saremo gli ultimi d’Europa a terminare le restrizioni, le più severe del vecchio continente.

Questa tortura mediatica, sociale ed economica termina a giugno 2022 per concludersi definitivamente con il reintegro dei medici sospesi secondo indicazione del governo Meloni.

Questa triste pagina di storia recente che ho voluto raccontare, con un pizzico di ironia, ha comportato profonde ferite sociali difficilmente ricucibili e ha generato una grande sfiducia nella politica.

L’importante è mantenere saldo il ricordo. Ricordo che qualcuno vorrebbe affossare.


Filippo Pagliuca

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