Gli ecologisti o, meglio, gli eco-vandali, hanno ormai superato ogni limite. Non era già abbastanza imbrattare opere d’arte e monumenti storici dal valore incalcolabile? Da un po’ sono passati a intralciare il traffico aereo, incollandosi al cemento delle piste di decollo degli aeroporti (come è accaduto a Oslo e a Francoforte) causando ritardi e cancellazioni per centinaia di voli e, in alcune occasioni, addirittura il dirottamento degli arerei verso altri aeroporti, essendo impossibile prevedere un atterraggio in quelli inizialmente designati.
In realtà, atteggiamenti di questo tipo sono un vero e proprio controsenso: le uniche cose che questi “ecologisti” - se così possono essere definiti - ottengono, sono un’indignazione e una rabbia diffusa nella società, la quale, di contro, rifiuta - in maniera sempre più radicale e aprioristica - i temi, alle volte anche importanti, per cui si battono, a causa dei loro metodi violenti ed estremi.
In questa sede, tuttavia, è importante ricordare che l’attenzione per la natura è sempre stata, e lo deve essere tutt’ora, centrale per il pensiero della destra tradizionale e conservatrice. È opportuno, a questo proposito, rimembrare per primo l’impegno di Pino Rauti, uomo di spicco della destra italiana, sotto la cui ala di dirigenti dell’MSI poterono nascere spazi di militanza come i Gruppi di Ricerca Ecologica e, successivamente, a seguito di diverbi a tema energia nucleare, l’associazione Fare Verde.
Entrambe le realtà sottolinearono accesamente l’importanza di porre al centro del dibattito politico un approccio patriottico all’ambientalismo: ovvero compresero che difendere la natura era in perfetta continuità con l’idea di preservare le tradizioni e il patrimonio nazionale.
I Gruppi di Ricerca Ecologica (GRE) si formarono con l’obiettivo di promuovere la ricerca e la sensibilizzazione di temi ambientali, tutto ciò, cercando di fondere l’attivismo militante con la scientificità dei metodi di indagine. Tra le iniziative più significative dei Gruppi ricordiamo gli studi riguardanti l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, ma anche le campagne di mobilitazione ecologica di livello, le quali avvenivano mediante conferenze, seminari e pubblicazioni.
L’attività dei Gruppi si tradusse anche in azioni concrete come operazioni di bonifica e di rispristino ambientale, in collaborazione con gli enti locali, a tal punto che la Regione Sicilia riconobbe ai GRE la qualifica di associazione di volontariato con personalità giuridica per la salvaguardia dell’ambiente naturale.
Fare Verde, invece, nacque nel 1987 da un gruppo fuoriuscito dai GRE, successivamente al disastro di Chernobyl. Nel loro caso, scopo principale dell’associazione è la salvaguardia degli ecosistemi, i quali sono ritenuti minacciati dalla centralità dell’uomo e dei suoi interessi. In questo scenario, il volontariato è un elemento essenziale, perché permette alle persone di conservare direttamente la natura con le loro azioni, e altresì, stabilisce relazioni umane e sociali non condizionate dal denaro.
L’ambientalismo di destra – se di ambientalismo possiamo parlare e se il buon senso può essere definito di destra – non fu e non è fatto solo di associazioni, vi furono numerosi autori, più o meno radicali, che si occuparono di ecologia, ricordiamo, tra gli altri, Rutilio Sermonti e Marcello Veneziani.
Rutilio Sermonti esplorò la connessione tra ecologia e tradizione, capendo che la distruzione dell’ambiente è parallela alla perdita di identità culturale e che il binomio natura-tradizione deve essere protetto contemporaneamente. Su questi concetti si fonda la differenza tra ecologismo di sinistra, associato a ideologie progressiste e globalizzanti, ed ecologismo di destra, che, invece, pone le sue fondamenta sulla difesa delle peculiarità nazionali e culturali.
Inoltre, Sermonti sottolinea la centralità della natura come espressione di un ordine cosmico e morale, ordine che l’uomo arrogante cerca di dominare e modificare a suo piacimento. L’atteggiamento da prediligere è quello basato sul rispetto nei confronti della natura, che comporta, conseguentemente, il radicamento del concetto di “sostenibilità ambientale”, la quale si esplica, ad esempio, mediante l’agricoltura tradizionale e i metodi di coltivazione sostenibili.
Per Marcello Veneziani, l’ecologia è una parte fondamentale del processo di conservazione della cultura e dell’identità nazionale, infatti la natura viene intesa come patrimonio culturale: il paesaggio italiano è ricco di ecosistemi che sono parte integrante della storia del Paese.
«Lo sviluppo economico e tecnologico – dice Veneziani – non dovrebbe avvenire a scapito del patrimonio naturale, ma, piuttosto, in armonia con esso.»
La cura dell’ambiente, quindi, dovrebbe andare di pari passo con la cura della cultura e dello spirito, secondo il concetto di “ecologia della mente”: concetto che prevede lo stretto collegamento tra crisi ambientale e crisi della figura umana.
Riflettendo sull’oggi, alla luce della rassegna di spunti notevoli sopra riportata, possiamo affermare che, la vera ecologia, così come l’abbiamo intesa in questo articolo, consiste oggi nella ricerca di una strategia di sviluppo umano, tecnologico ed economico che mitighi la tutela della natura (quale casa dell’uomo e patrimonio della Nazione), con le vere necessità dei suoi abitanti e, quindi, con un’attenzione particolare al raggiungimento della sovranità energetica che assicuri autonomia e sviluppo sostenibile.
Noi ritroviamo tutto questo nell’energia nucleare. Nell’energia nucleare che permetterebbe di ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, di stimolare l’innovazione tecnologica e industriale del Paese, ma anche di contribuire alla crescita economica senza dover continuamente dipendere dalle fluttuazioni dei prezzi dei combustibili importati da Paesi, spesso, instabili.
Insieme alla motivazioni di carattere strategico ed economico, l’energia nucleare porterebbe ad una riduzione delle emissioni di CO2 e fornirebbe maggiore affidabilità e continuità rispetto alle altre energie rinnovabili come il solare e l’eolico, che peccano per la loro intermittenza.
Di Riccardo Sartoretto