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Capogruppa? Anche no! Pdl (Lega) contro il femminile sovra-esteso

"Sindaca", "avvocata", ma, alle volte, anche “capogruppa”. Questa, è noto, la folle neolingua del femminismo intersezionale d’avanguardia, quello che, per intenderci, straparla di patriarcato (mentre a capo della Nazione vi è un Primo Ministro donna) o lotta, con le unghie e con i denti, per il diritto – scappatoia per uomini irresponsabili – all’aborto (che, però, nel nostro Paese è garantito dalla legge n. 194/1978 e che nessuna forza politica mette in di discussione).


A questa neolingua la Lega di Matteo Salvini, da sempre avversario della “paladina” Laura Boldrini, oppone oggi una proposta di legge a prima firma del Senatore Manfredi Potenti.


Obiettivo della proposta è «preservare l'integrità della lingua italiana ed in particolare, evitare l'impropria modificazione dei titoli pubblici, come Sindaco, Prefetto, Questore, Avvocato dai tentativi simbolici di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo». Quindi vietare negli atti pubblici «il genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, ed agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge.»


Il testo è ancora una bozza da sottoporre al drafting ma il Senatore Potenti ha le idee chiare: «Occorre scongiurare che la legittima battaglia per la parità di genere, al fine di conseguire visibilità e consenso nella società ricorra a questi eccessi non rispettosi delle istituzioni», quindi, si ritiene «necessario un intervento normativo che implichi un contenimento della creatività nell'uso della lingua italiana nei documenti delle istituzioni.»


L'articolo 3 chiarisce l’intento della proposta: «divieto del ricorso discrezionale al femminile o sovra esteso od a qualsiasi sperimentazione linguistica. E' ammesso l'uso della doppia forma od il maschile universale, da intendersi in senso neutro e senza alcuna connotazione sessista».


Naturalmente, l’articolo 5 introduce sanzioni atte a far rispettare la legge: «la violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l'applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 1.000 a 5.000 euro».


Tra le ragioni che hanno mosso l’iniziativa di Potenti egli stesso ha annoverato il recente caso dell’’Università di Trento, che ha adottato il “femminile sovra-esteso” per le cariche istituzionali. Il Senatore ritiene che, oltre a generare confusione, questa mossa rischi di rendere impugnabili gli atti pubblici e a sostegno della sua posizione cita il linguista Luca Serianni e l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, due critici dell’uso del femminile nelle cariche pubbliche.


Non si fatta attendere la risposta dell’opposizione: «Secondo la Lega in nome della lingua italiana dovremmo sanzionare chi l’italiano lo parla correttamente. Si leggano la Treccani i trogloditi che per rimuovere il rispetto del genere femminile farebbero di tutto», scrive su X l’onorevole Michela Di Biase (PD).


Più arguta l’osservazione della Senatrice Cristina Tajani (PD): «Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi ... chissà se il Senatore Potenti, che propone di proibire l’uso del femminile professionale, vorrà multare anche i fedeli che recitano il Salve Regina».


È fondamentale, però, ricordare che i temi di Potenti sono la tradizione linguistica, la cacofonia e il rispetto delle istituzioni e che, di conseguenza, a muoverlo, come è per la maggior parte di chi avversa il “femminile sovra-esteso”, non è né l’odio né la volontà di abolire il femminile in sé.


Redazione


*Nei minuti successivi alla pubblicazione di questo articolo il capogruppo in Senato della Lega ha sconfessato la proposta di legge di Potenti poiché non sarebbe in linea con le posizioni del partito.

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