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Preistoria a Milano: l’Arsenale di bronzo a Cascina Ranza

di Gianluca Padovan

(Associazione Speleologia Cavità Artificiali Milano)


Per approfondire ulteriormente: Gianluca Padovan, Milano Città Celta, SCAMP Editrice, Milano 2023

 

La città che si espande regredendo:

 

Milano è diventata la città della trasformazione e della cancellazione, della fretta per mantenersi al passo con le mode e gli stili architettonici in voga, dell’edilizia postmoderna sfrenata con edifici da rifare dopo meno di vent’anni dalla loro costruzione. È la città insoddisfatta di sé, o così la si vuole dipingere, perché non sa mantenere e valorizzare un luogo, un palazzo o, peggio ancora, un’antica cascina così come la Storia li ha consegnati attraverso invasioni e bombardamenti.


Al di là delle pungenti parole, quando si parla delle origini della città di Milano le si riconduce alle poche opere più o meno valorizzate e su cui ci sarebbero da riscrivere fiumi d’inchiostro. Ma pare sia sconveniente farlo.

 

Cascina Ranza:


Nelle topografie del Settecento e dell’Ottocento Cascina Ranza è una grande struttura a pianta quadrangolare provvista di corte interna, situata appena a nord della confluenza tra il Lambretto, o Lambro Morto, e la Roggia Magolfa. Si trovava a sud ovest del Quartiere Ticinese e dell’odierna Via Conchetta, allora in aperta campagna, e nei pressi di Via Filippo da Liscate, nel popolare Quartiere Barona, drasticamente trasformato dai moderni edifici, come lo IULM, e dai complessi di case popolari.

 

In primo luogo, si consideri che dall’area dove esisteva tale Cascina al centro della Piazza d’Armi del Castello di Porta Giovia (Castello Visconteo-Sforzesco) corrono circa 3.340 metri, mentre all’ingresso del Duomo vi sono 3.220 metri circa. Si può pertanto affermare di essere abbastanza vicini a quelli che oggi sono i punti di riferimento cittadini.

 

Nei pressi di tale Cascina Ranza, agli inizi del mese di dicembre del 1887, lavorando nella cava per estrarre argilla da mattoni di proprietà di Pietro Candiani, situata nel terreno di Lodovico Minorini «si rinvennero vari bronzi ed una scure di pietra, dell’età delle palafitte Varesine, che è di transizione fra quella della pietra e quella del bronzo» (Castelfranco Pompeo, Dicembre. Regione IX. (Transpadana). II. Milano, in Reale Accademia dei Lincei, Notizie degli scavi di Antichità comunicate alla Reale Accademia dei Lincei per ordine di S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione, Gennaio, Tipografia della Reale Accademia dei Lincei, Roma 1888, p. 719).

 

In buona sostanza, alla fine del 1887, come si è detto, nonché a seguito di un intervento condotto da Pompeo Castelfranco l’8 luglio dell’anno successivo, vengono recuperati i seguenti manufatti: «cocci di rozze stoviglie»; n° 1 scure di pietra «di serpentino granatifero, del peso di 143 grammi»; n° 2 grandi scuri; n° 2 spade, una intera e della seconda solo una parte; n° 1 frammento di lama; n° 2 pugnali, uno dei quali definito «magnifico» e del peso di 204 grammi; n° 7 coltelli-ascia; n° 4 scalpelli-ascia; n° 1 ascia a paletta; n° 7 cuspidi a cartoccio; n° 2 cuspidi di lancia (Ivi, pp. 719-720).

 

Ma queste non saranno le uniche armi di bronzo ed altri oggetti si aggiungeranno nel giro di pochi mesi.

 

Nel 1889 Castelfranco scrive ancora: «Si recuperarono per le Raccolte del Museo di Brera altri oggetti di bronzo, provenienti dai pressi della Cascina Ranza, fuori porta Ticinese (cf. Notizie 1888, p. 719), e tra gli altri due lame di coltello, tre coltelli-ascie, diciannove cuspidi di lancia. In un piccolo scavo eseguito nella cascina predetta, si ebbero tre coltelli-ascie ed una cuspide di lancia, frammentata. Altri oggetti, tra cui una bella impugnatura di pugnale, vennero consegnati pel Museo sopra ricordato, dai signori ingegneri De Strani e De Simoni» (Castelfranco Pompeo, Aprile. Regione IX. (Transpadana). II. Milano – Nuove scoperte avvenute nella città e nel suburbio, in Reale Accademia dei Lincei, Notizie degli scavi di Antichità comunicate alla Reale Accademia dei Lincei per ordine di S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione, Gennaio, Tipografia della Reale Accademia dei Lincei, Roma 1889, p. 95).

 

In totale si salvano dall’area di cava n° 1 arma in pietra (la scure), n° 52 armi in bronzo, n° 30 cocci di terracotta. Alla Cascina Ranza si recuperano, invece, sicuramente n° 5 armi sempre di bronzo. Molte armi sono “modificate” dagli operai, che le affilano cercando di riutilizzarle. E chissà quanti altri reperti non sono riconosciuti per oggetti antichi, quanti lo sono e pertanto vengono “trafugati” e quanti altri ancora sono fatti a pezzi per evitare che la cava subisca una chiusura per “motivi archeologici”. Attenzione: credete che le cose siano oggi mutate? Per null’affatto.

 

Niente villaggio fortificato… ma solo sgabuzzino

 

Dalle osservazioni di Pompeo Castelfranco, a cui successivamente s’aggiungono quelle d’altri studiosi, si fa largo la supposizione che le armi in bronzo recuperate siano parte del contenuto d’un “ripostiglio”, ma va per la maggiore la “deposizione rituale”. In pratica si tratterebbe di “ripostiglio votivo”, ovvero una sorta di “nascondiglio” utilizzato «durante la seconda fase dell’età del bronzo e gli inizi dell’età del ferro, per salvare gli oggetti preziosi» (Istituto della Enciclopedia Italiana, Vocabolario della Lingua Italiana, vol. III**, Roma 1991, p. 1472).

 

Dei cosiddetti “ripostigli votivi” ne sono venuti alla luce parecchi, in Italia. Ma, personalmente, non credo che tutto sia da ricondurre a una semplice deposizione rituale.

 

Quello che si deve ricordare è che il materiale proviene da almeno due distinte aree, seppure vicine: dalla cava e in misura minore dalla Cascina. Inoltre, lo si puntualizza, non è stato effettuato alcuno scavo archeologico di tipo stratigrafico che possa fare risalire con sicurezza all’esistenza di un unico luogo di conservazione degli oggetti.

 

Tutto ciò deve indurre ad una più profonda riflessione, possibilmente aderente alla realtà dei fatti che hanno condotto al “seppellimento” degli oggetti. Si può affermare che l’area di Cascina Ranza sia stata abitata fin dall’antichità e che vi fosse presente un insediamento di tutto rispetto durante l’Età del Bronzo. E che tale insediamento, come quasi tutti gli insediamenti di questo tipo, fosse fortificato. In questo caso l’eventuale e supposto ripostiglio io lo chiamerei, più plausibilmente, armeria. Difatti, perché negarlo, l’essere umano non muta nel tempo e se oggi le armi le si conserva in apposti locali (armerie), un tempo faceva esattamente lo stesso.

 

Ho messo l’indice sul “ripostiglio” in quanto se si trattasse solo di questo si potrebbe anche pensare che lo sviluppo urbano di una metropoli come Milano non può preservare ogni “semplice” testimonianza materiale del passato. Differentemente, un abitato, per giunta così antico e importante per la storia della città, doveva meritare delle indagini approfondite, nonché l’auspicabile e imprescindibile salvaguardia. Purtroppo così non è stato. E difatti oggi ne hanno cancellato anche il nome dalla locale toponomastica. Una perfetta “damnatio memoriae”.

 

Oggi che cosa rimane?

 

Oggi Cascina Ranza rimane solo sulle vecchie carte topografiche e nei sogni di chi vorrebbe, come me, che le indagini storiche e archeologiche fossero condotte per la comprensione della storia della città e per la salvaguardia della nostra cultura.

 

Diciamo che rispetto ai tempi passati si è regrediti, almeno dal punto di vista culturale. Alla ovvia levata di scudi che farà seguito a queste mie parole posso semplicemente soggiungere che si vive anche di conoscenza e amore per la nostra storia, nonché della nostra Patria. La nostra vita dovrebbe, o deve, essere permeata dal desiderio di apprendere il nostro passato in funzione del presente. Non a caso un articolo che parla delle armi di Cascina Ranza appare nell’aprile del 1943, nella rivista chiamata “Milano. Rivista mensile del Comune”. In piena guerra mondiale non si tralasciano nemmeno le proprie origini e lo studio del passato, il quale non si deve arrestare innanzi ad alcun frangente.

 

Mi vengono alla mente le parole di Platone, il quale ammonisce così, pochi secoli dopo la fusione delle armi in bronzo della nostra Cascina: «“Solone, Solone, voi Greci siete sempre ragazzi, un vecchio fra i Greci non esiste!”. All’udire queste parole, egli chiese: “Ma che vuoi dire?”. “Siete tutti spiritualmente giovani”, rispose “perché nelle vostre menti non avete nessuna antica opinione formatasi per lunga tradizione e nessuna conoscenza incanutita dal tempo» (Platone, Timeo, Giuseppe Lozza -a cura di-, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1994, p. 13, 22, b).

 

Concludendo… con un sospiro foriero di rivalsa

 

Anno Domine 2019: le armi di bronzo e la scure di pietra rinvenute alla Ranza sono nelle teche di cristallo esposte nei locali sotterranei del Castello di Milano, nella “sezione preistorica”. Un consistente numero di cuspidi di lancia è impilato assieme ad altre di provenienza differente, in un risibile affastellamento che crea, comunque, un qual certo effetto scenico, come le mie fotografie ben testimoniano.

 

Una manciata di mesi più tardi la sezione museale è chiusa in attesa di essere rinnovata.

 

Oggi, agosto 2024: con una punta di perfidia (sì, lo ammetto) chiedo a Voi che qui leggete di partecipare ad un “TOTO preistoria-milanese” puntando sulle seguenti “soluzioni archeologico-sociali”:

 

1. La “sezione preistorica” è stata nuovamente istituita al Castello e le Armi di Bronzo di Cascina Ranza sono ben presentate.


2. Le Armi di Bronzo di Cascina Ranza sono ricoverate in un magazzino della Soprintendenza, in fase di studio per una nuova consona collocazione destinata a suscitare tra la gente un rinnovato interesse per le origini della Città di Milano.


3. Le Armi di Bronzo di Cascina Ranza stanno e rimangono nel dimenticatoio perché meno il Popolo sa, meglio sta (ma soprattutto bene sta chi comanda un semplice stuolo d’ignoranti).

 

Felici riflessioni!


 

P.S.

E non puntate soldi su questa risibile scommessa, bensì puntate sulla vostra conoscenza della Storia per non essere presi in giro.


Testo e immagini tratti da: Gianluca Padovan, Milano Città Celta, SCAMP Editrice, Milano 2023.

 


APPENDICE:

 

Relazione sui ritrovamenti a Cascina Ranza

 

Data l’importanza del sito archeologico e il fatto che non è stato valorizzato, anzi, è stato “fatto sparire” in tempi recenti, è fondamentale ricordare che cosa nel 1888 si scriva al proposito nel Bollettino del Museo Archeologico di Milano: «Nel dicembre del 1887 alcuni lavoratori, nello scavar argilla da mattoni per conto del signor Pietro Candiani nel fondo del signor Minorini, a 1700 m. fuori di Porta Ticinese, poco lungi dalla Cascina Ranza e presso alla strada che mette alla Barona, altro cascinale, rinvennero alla profondità di circa un metro e mezzo molti oggetti in bronzo, cuspidi di lancia, pugnali, paalstab, ecc. in tutto ventitre pezzi.


Ulteriori indagini arricchirono vieppiù quella bella serie, che è venuta a rappresentare nel Museo il primo periodo dell’età del bronzo in Lombardia, e che è stata dottamente illustrata dal prof. Castelfranco in una recente monografia (in nota: P. Castelfranco, Ripostiglio della Cascina Ranza fuori Porta Ticinese -Milano-. Contribuzione alla storia di Milano. Nel “Bullettino di paletnologia italiana.” Anno XIV, n. 9 e 10, tav. XIII. Parma, Battei, 1888).


Nella Tavola I, annessa alla presente relazione, sono riprodotti gli esemplari principali di quegli oggetti: paalstaab o scuri-ascie di tipo genuino (in nota: Il loro peso varia dai 346 grammi ai 410) ed altre che dopo l’usura, per essere ancora utilizzate, erano state rimpicciolite, diminuite specialmente in larghezza e quindi ridotte in una forma nuova e diversa (in nota: Il loro peso varia dai 134 grammi ai 324.); scalpelli (in nota: Il loro peso varia dai 131 grammi ai 225.) ed una piccola scure di pietra (eclogite) l’unico oggetto di pietra del ripostiglio; – cuspidi di lancia molto eleganti (in nota: Il loro peso maggiore è di 147 grammi.); – lame di spada (in nota: La più pesante raggiunge i 226 grammi ed è lunga 33 centimetri.) e pugnali e manici di pugnale dalla corta impugnatura, con ornamentazione di linee e puntini (in nota: Il più pesante è di gr. 255 e lungo circa 34 centimetri.) che si potranno vedere nella unita tavola col soccorso della lente.


Con questi oggetti furono pure rinvenuti alcuni cocci di vasi malcotti e di rozza pasta di argilla e ciottoletti triti, ed a profondità minore erano apparsi altri cocci meno rozzi [questo a riprova di una lunga frequentazione dell’area. N.d.A.].


Dal confronto del tipo di tutti cotesti oggetti col tipo degli altri oggetti analoghi rinvenuti nelle varie regioni, risulterebbe, come opina il prof. Castelfranco nella già citata sua monografia, che essi appartengano alla prima età del bronzo dell’Italia superiore (corrispondente alla terza età della pietra della Svizzera, delle valli del Rodano e della Saône), periodo che sarebbe “il più antico verso cui ci abbiano fatto risalire le scoperte avvenute finora in Milano e nel Comune e che accennerebbe allo stesso popolo che aveva alcuni dei suoi villaggi nel lago di Varese, o ad un popolo che con quello trovavasi in relazione diretta”» (AA. VV., Relazione sulle antichità entrate nel Museo patrio di Archeologia in Milano (Palazzo di Brera) nel 1888, in Bollettino della Consulta del Museo Archeologico in Milano (Brera), Tipografia Bortolotti di Giuseppe Prato, Milano 1889, pp. 3-4).

 

DIDASCALIE:

 


1. Catasto di Carlo VI mappa originale primo rilievo e dettaglio; Comune Censuario Corpi Santi di Porta Ticinese (1720-1723). Cascina Ranza occupa uno spazio quadrangolare con quattro corpi di fabbrica.



2. Catasto Lombardo-Veneto, mappa originale del Comune Censuario di Corpi Santi di Porta Ticinese con Porta Lodovica e Ronchetto, Fogli n. 8 e 9 (1866-1875). A Cascina Ranza i nuovi fabbricati hanno quasi completamente chiuso la corte interna.



 3. Dettaglio della carta topografica IGM del 1885: al centro abbiamo Cascina Ranza.

 


4. Scure in pietra di Cascina Ranza fotografata il 7 novembre 2019 presso la “Sezione preistoria” del Castello di Porta Giovia a Milano. Confrontatela con la foto pubblicata in: Comune di Milano, Milano Rivista del Comune, Aprile, Milano 1943, p. 177).

 


5. Foto alle armi di bronzo scattata il 7 novembre 2019 presso la “Sezione preistoria” del Castello di Milano. L’oggetto inferiore è indubbiamente la «bella impugnatura di pugnale» di cui parla Pompeo Castelfranco.

 


6. Armi di bronzo quasi certamente provenienti da Cascina Ranza, anch’esse fotografate il 7 novembre 2019 alla “Sezione preistoria” del Castello di Milano.

 


7. Punte di lancia in bronzo fotografate il 7 novembre 2019 presso la “Sezione preistoria” del Castello: seppure il “cartellino esplicativo” reciti solo «15) Punte di lancia con decorazione incisa alla base dell’innesto a cannone», molte di queste dovrebbero essere quelle rinvenute presso Cascina Ranza.



8. , 9. 10. Comune di Milano, Milano. Rivista mensile del Comune, Aprile, Milano 1943, pp. 177-178.

 


11. Gianluca Padovan, Milano Città Celta, SCAMP Editrice, Milano 2023.

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