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Immagine del redattoreMatteo Respinti

Risposta al Collettivo Berchet: «il fascismo degli antifascisti»

Alle 12:15 di sabato 16 settembre, ci siamo presentati, come Gioventù Nazionale Milano, all’ingresso-uscita del Liceo Classico Statale "Giovanni Berchet" per un volantinaggio.


Materiale alla mano, eravamo un gruppetto di cinque o sei tra liceali e universitari, abbiamo proposto ai ragazzi in uscita il motto «Difendi la tua terra», declinato in una serie di temi logicamente conseguenti: le radici, il commercio locale, la famiglia, la vita, la natura, lo sport, la bellezza e la cultura.

Quasi immediatamente, ci è stato fatto sapere, da quelli che presumiamo essere i responsabili del Collettivo Berchet, che non eravamo ospiti graditi. Insomma, non è una novità, anzi, visto che vogliamo essere onesti, questa è proprio la ragione che ci ha imposto di essere lì, che è poi la stessa che ci ha imposto, in queste settimane, di tornare operativi alla Statale e al Politecnico di Milano sotto la sigla di Azione Universitaria.


Non fraintendetemi, non è la volontà di dar fastidio alla rappresentanza di sinistra che ci ha mosso, al contrario, per giocare un po’ con le parole, è stata la volontà di darci fastidio che ci ha condotti al vostro liceo. Il Partito che qualcuno di noi ha votato, e che qualcun altro avrà occasione di votare in futuro, esprime il Presidente del Consiglio dei ministri e governa la Nazione: avremmo potuto starcene a casa. Quanto valgono il liceo e l’università agli occhi dei politici – da destra a sinistra – di professione? Nulla.


Ma noi non siamo politici di professione – qualcuno non lo sarà mai e chi lo sarà farà bene a non scordarsi dei banchetti sotto la pioggia – noi siamo militanti, difendiamo e raccontiamo – alcuni, forse, più lucidamente di altri – ideali eterni la cui origine si confonde tra la storia dell’umanità e la biologia di ogni persona. A noi – lo posso giurare almeno per me che vi scrivo – interessa che a ogni italiano sia data la grazia, come è stata data a noi, di riscoprire questi beni eterni, li abbiamo elencati sui volantini, che sono oggi appannaggio di pochi.


Per questo, ve lo diciamo con fermezza e senza malizia, dovrete abituarvi alle nostre facce e alla nostra presenza. Non siamo gente che molla o che si fa intimidire.


Adempiuto il dovere di cronaca, spiegate le ragioni del nostro volantinaggio e valutato il «non siete i benvenuti» comunicatoci sul momento, rimane da affrontare il tema storico-teorico. Siccome vi siete presi la briga di rinnovare “l’accoglienza” sulla vostra pagina Instagram corredando un testo, Ma il fascismo non è come il comunismo?, tanto ambizioso quanto pieno di errori, vi chiedo la cortesia di prestare attenzione alla demistificazione delle vostre parole ideologiche che segue.


Due sono le cose che andremo a demistificare.


In primis, a differenza di quanto implicate faziosamente, Gioventù Nazionale non ha nessun collegamento con il regime fascista e i suoi crimini deprecabili. Se poi il regime ha rivendicato come fascisti, pervertendoli, alcuni degli ideali eterni di cui si parlava prima di certo noi non abbiamo nulla da giustificare; così come non dobbiamo di certo giustificarci se voi, specularmente al regime - comportandovi da fascisti, avrebbe detto Pasolini -, secondo l’insegnamento dell’egemonia culturale di sinistra e compiendo ingiustizia difronte alla verità e alla vostra ragione, scegliete di definire fascisti questi nostri ideali per delegittimarli senza degnarvi di argomentare.


In secundis, la natura di fascismo e comunismo dei quali, anche qui senza malizia, non avete capito proprio nulla. Vi invito, non fidatevi dei prossimi paragrafi di questo supposto fascista, leggete con il professore o con la professoressa di storia; se è una persona onesta – come confido sia – a prescindere dalla simpatia o meno per la mia area politica, saprà garantire l’assoluta veridicità di quanto vi sto scrivendo.


La storia di Gioventù Nazionale inizia nel 1971 quando dall’unione della Giovine Italia e del Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori del Movimento Sociale Italiano sorge il Fronte della Gioventù, e già questo semplice dato temporale, anche secondo la logica del vostro testo che nega al fascismo ogni dignità teoretica o di ideologia e pensiero politico, è sufficiente a fugare ogni accusa ignominiosa.


Nel 1996 Il FdG, di cui si potrebbe parlare e rimpiangere molto se questa mia non volesse essere una risposta agile e veloce, divenne, conseguentemente alla Svolta di Fiuggi (quando l’MSI mutò in Alleanza Nazionale, mentre per alcuni coraggiosi iniziò l’avventura della Fiamma Tricolore), Azione Giovani.


Strettamente legata al partito, non era stato così per il FdG, come Alleanza Nazionale confluì nel Popolo della Libertà così, nel 2009, sotto la guida di Giorgia Meloni, il movimento giovanile confluì nella Giovane Italia che, nonostante il nome, poco aveva a che fare, per strategia e varietà ideologica, con la realtà omonima citata in precedenza.


Da qui la strada che arriva ai nostri giorni è semplice, quando nel 2014, sotto la guida di – tra gli altri – Ignazio La Russa, Guido Crosetto e Giorgia Meloni, la nostra destra politica ritrovò il coraggio e l’identità perduta fondando Fratelli d’Italia anche i giovani furono pronti.


Così nacque Gioventù Nazionale alla quale avreste potuto opporre idee e che invece avete deciso di liquidare – vi garantisco che non sarà così semplice – con un generico, ignorante, riferimento al regime fascista e un piuttosto ridicolo e borghese “non avete l’autorizzazione per fare il volantinaggio”.


La lezione di storia, però, non finisce qui: bisogna ancora fare chiarezza su fascismo e comunismo. Quella che viene è senza dubbio la parte più interessante e meno sterile, per essere chiari, nessuno dubita della genuinità delle vostre intenzioni, anzi, mi auguro con il cuore che, nella redazione del vostro testo, abbiate scelto consapevolmente di mentire per difendere – sarebbe goffo ma in un centro senso nobile – il pensiero che sostenete; anche perché, se fosse altrimenti, avremmo davvero un problema, grave, di comprensione della storia politica e delle ideologie che hanno caratterizzato il nostro paese e il secolo passato.


Per non annoiarvi con considerazioni da appassionato, che per altro si recuperano tranquillamente leggendo qualche libro e, per chi proprio non ce la fa, qualche pagina di Wikipedia, mi limiterò a riportare i vostri paragrafi nodali e a commentarli. Sottolineando per l’ultima volta che quella che segue è una mera storica, direi di iniziare.


Così si legge poco dopo l’apertura del vostro testo: «conosciamo la differenza tra Fascismo e Comunismo e riconosciamo che è proprio la diffusione degli ideali del primo, che oltre che essere illegale in Italia, rappresenta il serio pericolo di ammaliare le masse, attraverso la tipica politica populista da cui il, già a partire dal 1919, è caratterizzato.», nulla di più confuso avrebbe potuto essere scritto a riguardo del sansepolcrismo. Perché è al Manifesto dei Fasci di Combattimento – nonostante secondo molteplici storici poco ha a che fare con il fascismo, borghese, di regime – che fate riferimento con quel 1919; eppure sembra che di questo manifesto non abbiate letto nulla: «ammaliare le masse, attraverso la tipica politica populista», sicuri?


«Atteggiamento ideologico che, sulla base di principi e programmi genericamente ispirati al socialismo esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi», così il vocabolario Treccani online a proposito del termine “populismo”; «Italiani! Ecco il programma di un movimento sanamente italiano. Rivoluzionario perché antidogmatico e antidemagogico; fortemente innovatore perché antipregiudizievole. Noi poniamo la valorizzazione della guerra rivoluzionaria al di sopra di tutto e di tutti. Gli altri problemi: burocrazia, amministrativi, giuridici, scolastici, coloniali, ecc. li tracceremo quando avremo creata la classe dirigente.», così recita l’apertura del suddetto manifesto.


Ripeto: «Prospettare la guerra rivoluzionaria al di sopra di tutti e di tutto», è chiaramente quello che dicono tutti i leader populisti per assicurarsi il favore del popolo. O forse non è proprio così?


Furono, come nella Rivoluzione comunista d’Ottobre, le masse diseredate di operai e contadini a opporsi al terrore comunista durante il biennio rosso? Furono quelle stesse masse, vittime del “populismo ideologico fascista”, che in ottobre marciarono a Roma? No. In entrami i casi si trattò di una élite rivoluzionaria che giocò il tutto per tutto – successe poi anche in settembre – contro il socialismo comunista e l’istituzione monarchica, percepita oramai come borghese e liberale. Senza dubbio il fascismo, divenuto regime, conobbe, e tentò di seguire disperatamente, il favore opportunistico delle masse italiane; ma nacque e morì come rivoluzione disperata e scomoda con delle idee e un’estetica tutt’altro che populiste.


Visto che si va per le lunghe cercherò di essere più sintetico. Continua così il vostro testo: «per non inciampare in errori che pongono alla stessa stregua una dittatura personale […] da un'ideologia filosofica sociale [il comunismo], politica ed economica, che ha una storia molto più lunga e molto più varia […] perché è sano illuminato sperare in una pace tra i popoli, uguaglianza sociale ed economica libertà di pensiero, opinione ed espressione, che passi attraverso l'unione di tutte le classi oppresse contro i padroni sfruttatori, per poi giungere non ad un'ulteriore datura di classe, ma all’abolizione di ogni dominio di un gruppo sociale sull'altro».


Idealisti materialisti, o hegeliani di sinistra, inconsapevoli, con questa seconda parte, nel tentativo di legittimare i crimini dei “compagni che sbagliano” perché animati da ideali nobili, liquidando come vittime collaterali e spendibili i milioni di morti che i regimi comunisti – personali quanto il regime di Mussolini – produssero nel tentativo di imprimere la ragione moderna e liberale, quindi comunista, sulla realtà, avete sostanzialmente legittimato quei crimini del regime fascista che anche i suoi eredi sono costretti a negare o, quantomeno, a riconoscere platealmente come male.


Lo sa chiunque sia arrivato alla quinta liceo: Hegel disse «tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale», Marx e i suoi rivoluzionari accolsero soltanto la prima frase, «tutto ciò che è razionale è reale», e ne trassero il dovere di riformare, distruggere, la società tradizionale secondo la ragione socialista.


Adesso è sufficiente dimostrarvi – rinnovo l’invito, qualche libro ogni tanto leggetevelo – che il fascismo non fu soltanto la dittatura personale di Mussolini finalizzata a soddisfare i suoi sfizi; ma che, al contrario, ebbe dietro di se filosofi illustri, Gentile ed Evola per fare due nomi, poeti, d’Annunzio e Pound, e socialisti di ferro, Ricci e Bombacci, che videro nello strumento regime, così come accadde nel caso di quelli comunisti e così come auspica Marx nel suo Manifesto, il mezzo per imporre il razionale, una tradizione spesso posticcia e ideologicamente orientata (così il fascismo conservatore) o quella medesima ragione socialista di cui prima (così il fascismo di sinistra), sul reale.


Ad onor del vero, di questa eterogenesi finirono per accorgersi, nel dopoguerra, pensatori fini e soldati audaci che con il fascismo avevano pensato di giocarsi tutto.


Data questa dimostrazione, il gioco è fatto, a maggior ragione se il Manifesto dei Fasci di Combattimento a cui fate riferimento ci fate il favore di leggerlo: rifiutate il dialogo con Gioventù Nazionale, ci accusate di fascismo, relativizzate i crimini del comunismo definendolo illuminato perché la sua formulazione teorica parla di democrazia, uguaglianza e giustizia sociale e non vi rendete conto che il documento, ormai citato alla nausea, che volevate usare per definire populista il fascismo parla di quei medesimi ideali.


La prossima volta sarebbe meglio fermarci, chiacchierare e discutere nel merito delle nostre posizioni. Non trovate? Se volete saremo lì oggi alle 12:15.


Matteo Respinti

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