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Russofobia

Russia nemica dell’Europa?

Propaganda occidentale e ipocrisia ucraina, perché la russofobia ci distrae dalla realtà.


Nell’immaginario di noi europei la Russia ha sempre rappresentato uno spazio sconfinato, misterioso, proibito. Un’immensa spianata verso il Pacifico, capace di affascinarci e spaventarci al tempo stesso. Pur essendo un vantaggio naturale per avvistare e respingere gli invasori, infonde soprattutto nei popoli che la abitano, uno stato d’ansia e vertigini proprio per la distanza di punti di riferimento e il senso di profondità. Questa inquietudine si sintetizza per i russi in un complesso di inferiorità con l’Occidente, considerato l’unico vero interlocutore. L’angoscia di sentirsi costantemente minacciati, sotto assedio e un senso di inadeguatezza, di incomprensione. Alle quali poi contrappongono un’altissima considerazione di sé, di potenza, grandezza e discriminazione verso alcune popolazioni asiatiche considerate inferiori, con le quali non c’è nemmeno confronto.


Ma la schizofrenia degli spazi aperti, come la definisce Dario Fabbri, si traduce davvero oggi solo nell’istinto di aggressione? È davvero igienico continuare ad accettare la narrativa atlantista del mostro russo che invade ingiustamente nazioni sovrane innocenti, dimenticando 8 anni di guerra civile, bombardamenti e massacri delle popolazioni russofone a Donetsk e Luhansk da parte dell’esercito regolare ucraino? Dov’erano i pretoriani della libertà davanti a quella barbarie? Nel gennaio 2022 poco prima dell’inizio del conflitto rimanemmo inerti davanti l’escalation di violenza ucraina sulle repubbliche secessioniste, consapevoli che avrebbe eroso i rapporti già fragili tra i due paesi. In un anno non siamo mai intervenuti per collaborare nell’apertura di un tavolo di trattative per una tregua. Al contrario l’abbiamo ostacolato il più possibile per costringere i russi ad affossarsi in una guerra di logoramento della quale peraltro sono esperti e sperando di destabilizzarli a colpi di sanzioni internazionali, pur sapendo di minacciare una civiltà totalmente autosufficiente a livello energetico e ricca di risorse naturali. Continuiamo a inviare armi, munizioni, mezzi corazzati e denaro a uno dei paesi più corrotti al mondo, motivo per cui dal 2014 la sua richiesta di adesione all’UE non è stata mai accettata non soddisfacendo i criteri. Il Presidente Zelensky, oltre a soffiare sul tizzone della terza guerra mondiale, ha messo fuori legge negli anni 11 partiti di opposizione e a seguito delle rivelazioni dell’inchiesta Pandora Papers, riciclava denaro proveniente da affari immobiliari in tutta Europa su numerosi conti offshore, cointestandoli con suoi amici e colleghi di governo senza dichiararli al fisco (articolo del maggio 2021 The Guardian). Suona un po’ contraddittorio dallo stesso alfiere della campagna di riforme anti-oligarca contro la corruzione dilagante. E ancora, fonti del Pentagono hanno dichiarato che lo smistamento degli armamenti inviati da USA e EU è monopolio della malavita e finisce in gran parte nel mercato nero a ingrassare altre organizzazioni criminali e i vari conflitti in Africa e Medioriente. Tutto nel silenzio assenso del governo.


Quale pace possiamo raggiungere quando i servizi ucraini organizzano omicidi politici come il caso della giovane Dar'ja Dugina, colpita a morte nell’attentato destinato in realtà al padre, Aleksandr Dugin, noto filosofo eurasista e consigliere politico di Putin? L’ipocrisia dell’Occidente a questo punto ci deve spingere ad approfondire e riconoscere le sue responsabilità nei confronti di uno scontro che poteva essere evitabile e di una precisa strategia di accerchiamento e indebolimento dell’avversario. Come è altrettanto importante comprendere che si tratti di un conflitto prettamente russo, non la guerra personale di Putin o l’espressione di una sua presunta follia imperialista e di un programma di ricostituzione dell’Urss. Pur avendo molta influenza e potere non avrebbe mai potuto portare avanti un’offensiva del genere senza un consolidato consenso. È il prodotto di 7 secoli di cultura e ideologia russa e rappresenta una civiltà minacciata da ingerenze, aggressioni, provocazioni dei suoi avversari in cui reagisce e si difende per ristabilire un ordine naturale. Putin pensa e agisce da russo, nient’altro. L’Ucraina peraltro è il cuore della loro cultura, ne sono emozionalmente legati per profonde radici storiche e identitarie comuni, al tempo stesso un cuscino geostrategico dove rallentare, studiare i nemici e riorganizzarsi per colpirli. Non a caso è stata in passato il terreno più ostile in cui riuscivano ad arrestare le avanzate degli invasori da ovest e ironia della sorte l’inferno degli europei era proprio il Donbass. Una regione profondamente inospitale, un incubo gelido d’inverno.


Superare la logica italiana della tifoseria in cui dobbiamo a tutti i costi prendere le difese di una o dell’altra parte ci pone in una posizione di forza e ci permette di avere un quadro molto più ampio che non si risolve soltanto nella dicotomia vittima-carnefice ma ci permette di avere gli strumenti per diventare osservatori oggettivi e comprendere dove e quali sono le opportunità di crescita, di salvezza del nostro avvenire europeo.


Cesare Taddei

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