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Scuola e educazione ai sentimenti? Si utilizzino i grandi letterati

Tra attività, lezioni e esami mi sono accorto che era da tempo che non mi mettevo davanti ad un pc per cercare di scrivere una riflessione, più o meno sensata, su una qualsivoglia tematica attuale. A dirla tutta ci ho provato innumerevoli volte negli ultimi due mesi ma, non trovando alcun tipo di ispirazione particolare, cestinavo ogni singolo file word che producevo e tornavo a studiare sui libri per preparare i miei esami. Dunque, vi starete – o forse no – chiedendo, cosa mi abbia portato a scrivere nuovamente una riflessione non richiesta. Che vi piaccia o meno vi fornirò questa informazione che a primo impatto apparirà astrusa.


Le ragioni, che confluiscono in una sola tematica, sono tre: la polemica sul patriarcato e sulla donna che viene considerata “oggetto”; Antonio Socci, giornalista e scrittore, e infine Trifone Gargano, un professore liceale che sta spopolando su TikTok. Tre mondi totalmente diversi all’apparenza che, in realtà, sono in strettissimo contatto.


Nella sostanza, a seguito degli atroci fatti di cronaca nei quali non ho assolutamente intenzione di addentrarmi, gran parte, oserei dire la quasi totalità, del panorama politico italiano ha proposto come soluzione l’ora d’educazione sentimentale (alcuni si sono azzardati a ritirar fuori anche quella sessuale) nelle scuole italiane a partire dalle primarie. Sui social, in particolare TikTok, senza alcun'investitura dall’alto, alcune insegnanti hanno deciso di riprendersi mentre obbligavano i loro piccoli alunni a subire monologhi inconcludenti e altamente retorici sul tema “rispetto e sentimenti”. Per sintetizzare, i femminicidi sono figli di una società patriarcale, che tratta la donna come un oggetto. Per tale motivo la scuola deve spiegare agli studenti, di ogni ordine e grado, a rispettare l’altro, magari togliendo ore di lezione a materie curriculari obbligatorie, le quali già vengono impartite in modi alquanto discutibili.


Come avrete potuto leggere tra le righe sono totalmente contrario all’impartire un’educazione sentimentale – figurarsi quella sessuale – agli studenti. Questa mia non condivisione dell’educazione sessuale si riversa, ovviamente, sul concetto di non tagliare in alcun modo i programmi scolastici ma di potenziarne l’insegnamento. Su ciò non è sicuramente d’accordo il prof Gargano, sopracitato, il quale porta avanti da mesi, con l’aiuto anche di un suo libro da lui pubblicato quest’anno, una battaglia sull’eliminare il Manzoni – in particolar modo lo studio de I Promessi Sposi – dal programma scolastico italiano. Secondo il professore, uno dei capisaldi del nostro panorama letterario e culturale dovrebbe essere «consegnato alla storia, in quanto opera totalmente estranea alla sensibilità e ai bisogni educativi odierni».


Fortunatamente, e qui comprendiamo come i tre pezzi del puzzle sopra introdotti combacino alla perfezione, il giornalista Antonio Socci risulta totalmente antitetico rispetto al prof. “Anti-Manzoni”. In un articolo pubblicato su Libero e sul suo blog, Socci risponde a coloro che sostengono che a scuola bisognerebbe impartire una educazione sentimentale. La risposta su cosa si basa? Ovviamente sullo studio della cultura cristiana e occidentale, soffermandoci in particolar modo sulla letteratura nostrana. E, secondo voi, oltre a Dante e Ariosto, su quale autore si sofferma Socci? Ovviamente il Manzoni!


Ho sempre creduto che l’”educazione sentimentale” fosse una materia prettamente famigliare: la famiglia ha la necessità di educare i figli, di renderli uomini e donne in grado di vivere all’interno della società e di contribuire al bene comune, ognuno secondo le proprie inclinazioni e capacità. D’altro canto, la scuola, che può certamente aiutare a educare gli studenti anche sotto questo punto di vista, dispone già, in particolar modo se guarda al patrimonio letterario italiano, di tutti gli strumenti e gli esempi utili a rafforzare gli insegnamenti basilari, il rispetto e la convivenza, già impartiti dalla famiglia, senza la necessità di appoggiarsi a esperti o associazioni non ben identificate per insegnare l’affettività.


Anche se qualche professore, leggasi Gargano (seppur non sia di certo il solo), propugna il fatto di eliminare il Manzoni, ciò non indica che i programmi scolastici di letteratura debbano essere modificati o aboliti. Molto più semplicemente, dovrebbero diventare meno nozionistici e improntanti, attraverso la lettura di chi ha reso culturalmente grande la nostra Nazione, a trasmettere e saldare nelle coscienze dei giovani questi valori basilari.

Perché ribadire questa necessità? Perché forse a scuola non ci si sofferma a sufficienza su cosa rappresentano effettivamente i personaggi studiati e, quindi, lo studio delle opere e dei loro protagonisti risulta superficiale.


In un contesto come quello odierno, in cui i progressisti hanno scoperto che il male maggiore della società sono, nell’ordine, il patriarcato, l’essere umano maschile e tutto ciò che è “antico” e che rappresenta il passato, non appare sbagliato cancellare l’opera del Manzoni e i ricordi dei principali letterati italiani in quanto uomini, lontani dai giorni nostri e, quindi, potenzialmente creatori di una supposta società patriarcale.


Duole insinuare che il prof Gargano e chi sostiene le sue tesi abbia letto con scarsa attenzione il Manzoni, Dante e simili, ma pare che persino i professori non capiscano cosa si cela nelle grandissime opere del nostro panorama letterario. A ricordarlo, fortunatamente per noi, è Socci, giornalista sì ma non professore di lettere. Socci, per dimostrarci che l’educazione all’affettività possa arrivare direttamente dalla letteratura nostrana, scomoda l’Ariosto e il suo poema epico cavalleresco, L’Orlando Furioso, nel quale già si leggeva: «Parmi non sol gran mal, ma che l’uom faccia contra natura e sia di Dio ribello, che s’induce a percuotere la faccia di bella donna, o romperle un capello: ma chi le dá veneno, o chi le caccial’alma del corpo con laccio o coltello, ch’uomo sia quel non crederò in eterno, ma in vista umana un spirto de l’inferno.»


Un vero e proprio inno all’affettività e all’amore verso il gentil sesso che credo raramente venga letto nei nostri licei ed istituti superiori.


Socci cita ovviamente anche Dante, unica figura del panorama letterario di cui, forse, viene anche effettivamente analizzato, a livello scolastico, il rapporto con la donna amata. Almeno così è se le mie reminiscenze liceali non mi ingannano.


E, infine, per giungere al Manzoni, figura molto cara a noi milanesi, nessuno si sofferma mai su cosa rappresenti la Lucia del romanzo del nipote del Beccaria. Antonio Socci lo racconta molto bene, mostrando di essere altamente in grado di ricoprire contemporaneamente – ed eccellentemente – sia il ruolo di educatore all’affettività che di professore di italiano.


Chi più del Manzoni offre uno spunto per riflettere sull’importanza della donna? Probabilmente nessuno: egli ci insegna che il vero vincitore è colui che riconosce nella donna delle virtù ben precise, mentre a capitolare è proprio chi la vede come mero oggetto? probabilmente nessuno. Leggere il Manzoni, soffermandosi su ciò che la sua Lucia rappresenta, è un vero e proprio modo per educare ai sentimenti. Socci scrive, in riferimento all’episodio della conversione dell’Innominato, che «la sola presenza di Lucia, vittima prescelta del male, suscita nell’uomo che le si contrappone un cambiamento radicale». Continua poi sostenendo, a ragione, che alla fine del romanzo è Lucia che «con la sua debolezza vince sulla forza dei violenti» ed è sempre grazie a lei che nel romanzo si può leggere la possibilità del pentimento e del cambiamento radicale dell’uomo.


La lettura del Manzoni è un inno alla centralità della donna, all’importanza che ricopre all’interno della società. Nel Manzoni è centrale il rispetto dell’altro, se pensiamo che sarà il povero Renzo, sempre rispettoso nei confronti della sua Lucia, alla fine, ad avere la meglio. E quindi si, ha ragione Socci e ha altamente torto ha Gargano nel voler consegnare alla storia il Manzoni.


Rileggerlo, secondo chiavi diverse, può essere uno stimolo importante per comprendere sentimenti, affetti e rispetto nei confronti del sesso opposto, insegnamento che vale sia per gli uomini che per le donne.


Non si lasci uscire dal nostro patrimonio scolastico chi è stato certo precursore di insegnamenti morali per lasciar spazio a sedicenti esperti, che non possono lasciar certezza delle loro lezioni. Si difendano i Manzoni, gli Ariosto e gli Alighieri. Li si studi con maggior attenzione ai dettagli.


Si faccia vincere il pensiero di Socci e non quello di Gargano, così forse le future generazioni coglieranno che il rispetto verso l’altro giunge da chi ha reso enorme il nostro patrimonio culturale.


Manuel Mariani

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