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Esistono confini nel mondo dei social?

«Non è libero chi è schiavo del proprio corpo», questo scriveva Lucio Anneo Seneca nelle Lettere a Lucilio in tempi forse non così lontani dai nostri.


Non è di certo una novità l’utilizzo del proprio corpo per ottenere visibilità, successo e ricchezza; d’altronde, come recita un vecchio proverbio, «la prostituzione è il mestiere più antico del mondo». Ma se questo concetto, fino a non troppi anni fa, poteva valere per una cerchia ristretta di persone, oggi si ha la sensazione che questo “mestiere” si stia diffondendo sempre di più tra i giovani effettivamente non è difficile imbattersi in contenuti molto espliciti, al limite della pornografia, sui social. Se in precedenza questi contenuti erano esclusiva di modelle e professionisti del settore pornografico, o di riviste specializzate, ormai è diventato un lavoro accessibile a tutti.


L’esistenza di piattaforme che permettono la libera vendita delle proprie immagini o video espliciti non è il problema, Il problema si verifica nel momento in cui le piattaforme di vendita non sono più il mezzo, bensì il fine. Mi spiego meglio: idealmente queste piattaforme dovrebbero essere il servizio di accesso a contenuti espliciti, senza la necessità di altri intermediari. Invece, si sono ridotte ad essere solo il metodo di pagamento, perché la pubblicità, anche molto aggressiva, avviene tramite altri network, frequentati da molti più utenti, come Instagram o TikTok, mediante la pubblicazione di contenuti meno espliciti o parzialmente censurati.


Ad uno sguardo superficiale la questione non apparirebbe un grosso problema, anche perché ognuno è libero di agire come meglio crede, se non che queste piattaforme sono frequentate da ragazzi e ragazze molto giovani, a partire da ragazzi di soli tredici anni, facilmente influenzabili, ai quali, per giustificare il proprio operato, viene comunicato il messaggio che l’utilizzo del proprio corpo per poter guadagnare soldi facilmente non sia un utilizzo deprecabile, ma anzi, un passaggio verso il progresso e l’emancipazione del proprio corpo. Bersaglio particolare di questa propaganda è il corpo femminile.


Sostanzialmente, con la scusa della lotta per i diritti, le libertà e via dicendo, queste influencer si ritrovano a poter pubblicare ogni tipo di contenuto liberamente con l’idea di non poter essere giudicate in quanto portatrici di un messaggio “moderno” che rivoluzionerà il mondo. Il fatto che la società e il mercato stiano dando ragione e credito a questa “moda” è un dato di fatto e non lo si può impedire, ma siamo giunti al cortocircuito nel giustificare e ritenere corretta la sponsorizzazione e l’incentivazione di queste pratiche poco lodevoli e screditanti.


Il punto di partenza del discorso risiede soprattutto in ambito economico. Con queste piattaforme si è data la possibilità a chiunque di poter guadagnare cifre astronomiche, ben più alte di quelle di professionisti e pornoattori, come dichiarato dalla stessa Valentina Nappi, mediante la condivisione delle proprie immagini o contenuti “in esclusiva” per gli iscritti ai propri canali. Infatti, l’unico motivo, senza ascoltare i discorsi che mascherano la realtà dei fatti, è l’attrazione economica e la possibilità di ottenere guadagni facili, immediati e senza impegno. Non a caso molte influencers, dopo aver fatto successo, si sono rese conto di quanto potessero incrementare i propri guadagni vendendo le proprie foto ai seguaci, riducendo i propri profili alla sola sponsorizzazione dei propri contenuti.


Tengo a ribadire e a sottolineare la legittimità dell’utilizzo di queste piattaforme, ma come esiste un reato per l’istigazione alla prostituzione – che comporta il carcere - dovrebbe esistere una legge che impedisce la propaganda, tramite social o mezzi di comunicazione facilmente accessibili a giovanissimi e minori, di queste attività al fine di tutelare le fasce più giovani della società che potrebbero lasciarsi influenzare dal guadagno economico semplice senza riflettere a pieno sul significato nell’intraprendere questa scelta.


Soprattutto perché viene data ai giovani un’immagine distorta della realtà portandoli a credere che quello che osservano sui social sia quello che accade davvero nella vita reale, dato l’intrinseco potere comunicativo degli stessi. È diventato veramente difficile scorrere video su TikTok o reels su Instagram senza imbattersi in contenuti molto espliciti o in influencers che vendono i propri contenuti, il loro abbondare influenza indelebilmente la mente di chi si trova fruire questo tipo di contenuti senza averli ricercati appositamente e mescolati a contenuti innocenti e tradizionali; il distacco tra la “normalità” dei social, composta insieme di vera normalità e contenuti spinti, e la realtà è molto forte ed è chiaro che incontrare i contenuti spinti, o anche solo la loro pubblicità, in un feed che è percepito come rappresentativo della normalità induce, plagia, a pensare come normale e diffusa tra le persone ordinarie la produzione dei contenuti sulle piattaforme di cui si è parlato.


Il mondo della pornografia è un mondo che è sempre esistito, ma in passato era inserito in un contesto dove chi desiderava assistere e acquistare materiale pornografico doveva immergersi appositamente in quell’universo. Oggi è il contrario: è il mondo della pornografia che va a ricercare l’attenzione della gente con il suo conseguente ampliamento e mescolamento con le altre piattaforme.


Sono note molte influencer che ribadiscono e sottolineano l’utilità di questi mezzi per portare avanti le proprie finte battaglie femministe per i diritti e le libertà, ma che soprattutto vanno fiere di sfruttare il proprio corpo, negando si tratti di prostituzione. Anche secondo il vocabolario stesso la si può definire tale, poiché, purtroppo, le prestazioni sessuali nel mondo di oggi possono avvenire anche a distanza. Prostituzione: «Il fatto di prostituire, di prostituirsi, specificamente come attività abituale e professionale di chi offre prestazioni sessuali a scopo di lucro», Enciclopedia Treccani.


In un mondo sempre più globalizzato, liberista e privo di valori siamo giunti a legittimare e accettare la caduta di ogni tipo di vincolo e di confine che tracci la soglia tra il pubblico e il privato mettendo a nudo completamente la nostra intimità e riservatezza.


Filippo Pagliuca

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