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20 ottobre 1944: la strage di Gorla e il “terror bombing” americano su Milano

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80 anni fa il bombardamento americano su Milano


Sono passati ottanta anni dal bombardamento di Milano del 20 ottobre 1944, condotto mediante quattro formazioni di bombardieri americani, due delle quali avvicendatesi in rapida successione nell’area nord-ovest (generalmente indicate come una sola formazione) con obiettivo primario l’Alfa Romeo al Portello. Una terza formazione ha colpito l’area sud della città e la quarta ha invece bombardato a nord-est i quartieri (ex Comuni) Gorla e Precotto, demolendo in buona parte gli edifici scolastici delle rispettive Scuole elementari intitolate a Francesco Crispi e Antonio Rosmini (figg. 1 – 4) e l’Asilo di Precotto.


Nella distruzione della Scuola Francesco Crispi sono morti quasi tutti gli alunni unitamente al corpo docente e non docente, ancora oggi si parla di “errore” (figg. 5, 6). Difatti un tipico titolo di giornale italiano sull’argomento “morti di Gorla” è il seguente: «…morti per errore».


A sostegno di questa affermazione vi è un possibile fatto: la formazione di bombardieri americani sbagliò rotta di un grado e mezzo.



Alcuni fatti concreti sulla Strage di Gorla



1. Generalmente s’ignora il programma inglese e americano inteso a vincere la guerra e denominato “terror bombing”: colpire la popolazione civile e il suo patrimonio storico, artistico e culturale. Pertanto, errore o meno, rimane il lecito dubbio sul fatto che si volessero colpire solo le aree industriali.


2. La vera o presunta “deviazione per errore di un grado e mezzo” era ininfluente perché le bombe andavano sganciate anche, o solo, sulla Città di Milano, come ben dimostrano le aree colpite dalle altre formazioni aeree.


3. Gorla e Precotto non erano sede di grandi industrie e nemmeno di particolari installazioni militari.


4. Se l’obiettivo fosse stato il vicino centro di Sesto San Giovanni, con le sue fabbriche, si constati che, dal momento in cui il 20 ottobre 1944 era stato “mancato”, gli americani non hanno provveduto a “centrare il bersaglio” con un successivo attacco .


  

Il “Matitone” della Magneti Marelli



Una mia personale osservazione: dalla distrutta Scuola Francesco Crispi al “rifugio antiaereo di tipo speciale in elevato” della Magneti Marelli, denominato da noi “Matitone” (via Adriano), vi sono poco meno di due chilometri in linea d’aria.


Attenzione: il “Matitone” è alto circa 35 metri, ha un diametro di 8-9 metri, all’epoca dei fatti non era in alcun modo “mascherato” ed era il “rifugio” per gli operai della fabbrica Magneti Marelli, che non è stata nemmeno sfiorata da un proiettile nel corso di cinque anni di guerra. Eppure era visibilissima.


Se la formazione americana si fosse persa nel terso cielo di quell’ottobre, e avesse voluto colpire almeno una installazione industriale, avrebbe tranquillamente potuto usare lo svettante e perfettamente visibile “Matitone” come punto di riferimento.


A mio parere la verità del bombardamento di Gorla-Precotto sta nel mezzo: l’errore di rotta non aveva comunque portato i bombardieri americani fuori dallo spazio urbano, pertanto potevano tranquillamente aprire i portelloni dei vani-bombe e colpire le abitazioni civili.


  

L’industria bellica italiana va colpita solo in casi estremi…



Scrive lo storico militare Filippo Cappellano, a proposito dei bombardamenti angloamericani subiti dall’Italia nel corso della Seconda Guerra Mondiale, riportando lo stralcio di una relazione dell’Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore del Regio Esercito e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri Reali in riferimento al periodo che va dall’aprile al settembre del 1945:


«Praticamente tutte le fabbriche della zona di Milano sono intatte. Danni di lieve entità causati precedentemente da bombardamenti aerei sono già stati riparati da lungo tempo. Poiché tutte le informazioni ricevute concordano nell’affermare che le centrali idro-elettriche della regione sono indenni si ha ragione di ritenere che le industrie potrebbero riprendere a funzionare e raggiungere la loro normale produzione base qualora si riesca a far fronte alla necessità di carbone» (Filippo Cappellano, L’industria bellica dell’Italia Settentrionale alla fine del conflitto, in Storia Militare, n. 135, anno XII, dicembre, Parma 2004, pp. 27-28).


Tornando ai bombardamenti subiti dalla Città di Milano, molti si sono chiesti per quale ragione si sia penalizzata la popolazione civile, causando invece danni limitati ai centri di produzione industriale come, ad esempio, il già citato polo di Sesto San Giovanni, situato appena a nord di Milano. Qui erano concentrate varie acciaierie e fabbriche d’importanza nazionale come, ad esempio, la Falck.


Il dott. Giuseppe Vignati che lavorava all’I.S.E.C. (Istituto per la Storia dell’Età Contemporanea) di Sesto San Giovanni, a suo tempo mi ha confermato che in effetti Sesto ha subito pochi bombardamenti, se si eccettua quanto avvenuto alle Acciaierie Breda.


Oggi capiamo bene che le due “aree Falck” si estendevano (e ancor’oggi si estendono, seppure dismesse) su di un’area enorme: essa è perfettamente visibile - ad esempio - mediante Google Maps. L’area industriale era talmente vasta che non era indispensabile usare i “segnalatori” per poterla colpire.


In ogni caso come mostrano, invece, i documenti qui presenti (figg. 7 – 14), la “voce” che gli angloamericani non conoscessero l’ubicazione e la consistenza delle fabbriche, nello specifico milanesi, è totalmente falsa.


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I morti civili milanesi: una questione ancora aperta




Gli “storici” non si sbilanciano ed assegnano a Milano, per tutta la durata del conflitto, un numero massimo di 2.000 civili uccisi dai bombardamenti. Taluni sostengono, a ragione, che si voglia minimizzare. In realtà i civili morti a Milano nel corso della Seconda Guerra Mondiale a causa dei bombardamenti e dei mitragliamenti aerei inglesi e americani sarebbero molti di più del dichiarato.


Faccio osservare che il solo il bombardamento del 20 ottobre 1944 provocò più di seicento morti.


Scrive Tullio Barbato: «Il numero delle vittime non si saprà mai. In città, oltre agli abitanti ufficialmente residenti (parte dei quali in trasferta sui vari fronti di guerra o deportati, altri emigrati o sfollati), vivevano militari italiani, tedeschi, austriaci e cosacchi, civili arrivati dal centro-sud, partigiani pendolari, profughi dalmati, immigrati raramente registrati. Le citate fonti ufficiose parlano di 1033 morti e 22.000 feriti, ma sono numeri approssimati per ampio difetto. Un calcolo ipotetico ma realistico non credo che possa fermarsi al di sotto di 3000 morti e 25.000 feriti. Molta documentazione è andata perduta per effetto delle bombe e non solo. Non si sa nemmeno quante siano state le fosse comuni» (Tullio Barbato, Milano bombardata. La Seconda Guerra Mondiale: i principali attacchi alla città, Edizioni Selecta, Milano-Pavia 2016, p. 62).


Oggi è opportuno che ci si interroghi sul nostro passato e si esaminino accuratamente i documenti per capire e ricordare i morti civili di Milano sotto gli attacchi aerei.

 

Gianluca Padovan

 

Testo di riferimento: Breda M.A., Calini A., Padovan G., Bombardano Milano. Rifugio Antiaereo N° 87, Milano 2020.




Didascalie:

 

1. Comune di Milano – Piano Regolatore 1946, Scheda statistica, Zona II 359. Link:

 

 

2. Comune di Milano – Piano Regolatore 1946, Scheda statistica, Zona II 359, annotazioni. Link:

 

 

3. Comune di Milano – Piano Regolatore 1946, Scheda statistica, Zona II 407. Link:

 

 

4. Comune di Milano – Piano Regolatore 1946, Scheda statistica, Zona II 407, annotazioni. Link:



5. Monumento Ossario in memoria delle Piccole Vittime di Gorla situato in Piazza dei Piccoli Martiri; è aperto la prima e la terza domenica di ogni mese (foto G. Padovan). Da settembre di quest’anno è stato dichiarato dal Ministero della Cultura “Monumento Nazionale”.



 6. Cripta del Monumento Ossario: la Sig.ra Graziella Ghisalberti Savoia è una delle superstiti del bombardamento della scuola di Gorla e indica il “loculo” della sua defunta insegnante: «aurora contreras in armani anni 46 insegnante» (foto G. Padovan).



7 – 13. Documenti statunitensi desecretati.

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