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Sveglia, Europa!

L’idea di organizzare gli stati europei in unico corpo amministrativo sovranazionale ha suggestionato nella storia le menti più brillanti del Continente: un progetto monumentale destinato a realizzarsi soltanto nel secondo dopoguerra. Le ragioni che hanno guidato la creazione dell’Unione Europea possono far luce sul nostro presente e spiegare, seppur in minima parte, l’immane e sconclusionato sforzo bellico di Bruxelles. 



A cannoni ancora fumanti, l’Europa del 1945 si trovava davanti a una scelta obbligata a cui non era in grado di sottrarsi: decidere se sottostare alle condizioni di Washington o di Mosca.

Sebbene alcune potenze come la Francia e l’Inghilterra fossero uscite vincitrici, ma non illese, dal conflitto, la vittoria militare delle due superpotenze aveva decretato la costituzione di un nuovo ordine mondiale in cui la collocazione degli stati superstiti si faceva sempre più marginale.


È proprio allora che gli Stati Uniti, in quanto potenza egemone, hanno intessuto una ragnatela velenosa di interessi economici e militari attorno ai paesi dell’Europa Occidentale, culminante nella costituzione di quella che noi conosciamo come Unione Europea.


In una intervista rilasciata nel 2015 a Il Giornale, Morris Mottale, professore di relazioni internazionali presso la Franklin University di Lugano, interpreta così il processo storico: «L’Europa occidentale, venne ricostruita attraverso i fondi provenienti dal piano Marshall e le prime forme di mercato unico europeo, cioè la CED e la CECA che furono l’anticamera dell’attuale UE, si realizzarono in un sistema in cui l’economia europea era fortemente vincolata a quella americana». [1]

 

Nulla è gratuito, e certo gli americani non avrebbero accolto o sovvenzionato le politiche economiche europee senza aspettarsi un tornaconto nel futuro prossimo o remoto. Sembra che qui calzino a pennello le righe immortali di Ernst Jünger: «Ogni comodità ha il suo prezzo. La condizione dell’animale domestico si porta dietro quella di bestia da macello». [2]


Fecero scalpore le dichiarazioni, anch’esse risalenti al 2015, di uno tra i più autorevoli studiosi nel campo della geopolitica: George Friedman. Friedman è il fondatore di una casa editrice e think thank, la STRATFOR, che, a differenza degli apparati governativi e dell’informazione di stato, ha un margine di manovra molto più ampio nei discorsi pubblici e talvolta può permettersi di esprimersi in piena franchezza.


In un articolo comparso su Geopolitical Futures sosteneva che: «tanto per cominciare, l’integrazione europea era un’idea americana. È stato il Piano Marshall ad aver per primo inserito tra i suoi obiettivi l'allargamento dell’integrazione europea. Gli americani credevano che la loro missione fosse quella di rilanciare l’Europa e che l'immissione di denaro non fosse sufficiente». [3]

 

L’Unione Europea è un disegno di matrice extraeuropea, un cappio a stelle e strisce che stringe intorno alle economie stremate dalla guerra e ne detta le decisioni politiche. Allora come oggi, l'interferenza degli Stati Uniti, soprattutto nella politica estera, è troppo significativa per essere ignorata: come può darsi una politica europea libera se immersa in un organismo viziato da errori strutturali così insormontabili?


L’adozione dell’euro, come la risposta europea all’aggressione Russa in territorio ucraino sono gli esempi emblematici di questa meccanica perversa.

 

Continua Mottale: «La moneta unica è da considerarsi a tutti gli effetti come un prodotto americano. Non è difficile capire perché: una unica moneta al posto delle 32 che c’erano prima rende molto più semplici e razionali gli scambi commerciali tra Stati Uniti ed Europa e facilita la circolazione delle merci all’interno del mercato unico globale guidato dalle regole americane».

 

E la guerra, d’altra parte, perché può considerarsi ispirata da consiglieri d’oltreoceano? Semplice, gli USA temono violentemente l’asse Germania-Russia e fanno di tutto per ingabbiare la potenza teutonica. Plausibilmente, rientrano in questa strategia tanto gli infiniti pacchetti di sanzioni europei ai danni dello “Zar” quanto il sabotaggio del gasdotto North Stream, avvolto tuttora da mille interrogativi.

 

Ancora una volta nella guerra gli statunitensi hanno tutto da guadagnare: se prima del conflitto la Germania poteva contare sulle forniture energetiche russe, ora i rapporti sono sospesi a tempo indeterminato e il traffico di mercantili nell’Atlantico si è fatto più fitto.

 

Le analisi di Friedman e dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) sono inclementi, l’analista ammette che: «La Norvegia e gli Stati Uniti sono diventati le principali nuove fonti, fornendo rispettivamente gas naturale e gas naturale liquefatto» e che nel 2023 gli USA si sono accaparrati quasi la metà del mercato. [4]

 

L’ISPI riporta nel 2022 che: «è indubbio che ciò che sta succedendo nel mercato del GNL non sia un aiuto disinteressato da parte di un’amministrazione americana che sa di stare combattendo una guerra in prima linea, ma una semplice reazione alle forze di mercato». [5]

 

Nel 2023 l’Istituto rincara la dose ascrivendo anche ai trader europei (per intenderci, i privati che distribuivano il gas) buona parte dei guadagni, frutto di una tremenda speculazione.

 

L’Europa è stretta in una morsa internazionale che la rende ogni giorno più dipendente, ma c’è da dire che porsi sotto l’egida russa non è un’alternativa valida: dal momento che il peso delle singole nazioni europee sul panorama globale si fa sempre più trascurabile, ci si aspetterebbe delle politiche più audaci per puntare a una reale integrazione dell’orizzonte nazionale con quello continentale.

 

Ci si chiede perché non sia una priorità impellente dei governi quella di cercare un’alternativa all’Unione Europea attuale che troppo spesso è accomodante nei confronti di interessi alieni, cercando di evitare il collasso generale dell’istituzione.


Mentre nel settore economico la situazione è gravosa, nel settore culturale è divenuta penosa: a partire da una tradizione ormai consolidata di atlantismo acritico, pochi sono gli intellettuali che rifiutano la logica da tifo da stadio, che criminalizza la Russia putiniana e glorifica gli yankees; complice la linea tenuta dai governi europei.


Uno degli spettacoli più grotteschi ai quali si assiste ultimamente è la presunta proclamazione di un’informe identità occidentale, sintomo di una conformazione ai costumi del conquistatore che spaventa tutti gli sguardi più indiscreti.

 

Nell'indotto culturale di spicco mancano davvero quelle voci che sappiano plasmare una forte e viva identità europea: definirsi occidentali non significa che sdoganare il proprio asservimento. È sconsolante ricordare quanti cuori ha saputo muovere la prospettiva di un’Unione Europea libera e indipendente: non è tuttavia il momento di scoraggiarsi… perché è anche nostro il compito di suonare la sveglia alla Vecchia Europa, la Bella addormentata.


Gabriele Pannofino


[1] Tutte le dichiarazioni del prof. Mottale provengono da L. Steinmann, "L'Unione Europea? Un Prodotto americano", intervista a Morris Mottale, Il Giornale, 12 gennaio, 2021, https://www.ilgiornale.it/news/economia/l-unione-europea-prodotto-americano-1201218.html.

[2] E. Jünger, Il trattato del ribelle, Milano, Adelphi, 1990, p. 40.

[3] G. Friedman, Obama and the European Union, Geopolitical Futures, 27 aprile, 2016, https://geopoliticalfutures.com/obama-and-the-european-union/.

[4] Redazione, Europe almost replaces russian gas, Geopolitical Futures, 15 dicembre, 2023 https://geopoliticalfutures.com/europe-almost-replaces-russian-gas/.

[5] M. Villa, Crisi del gas: quella special relationship tra Europa e USA, ISPI Online, 23 settembre, 2022, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/crisi-del-gas-quella-special-relationship-tra-europa-e-usa-36232.

[6] M. Villa,  GNL USA: chi ci ha guadagnato?, ISPI Online, 23 giunio, 2023, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/gnl-usa-chi-ci-ha-guadagnato-133368.


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