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Uccidete l’orso siberiano: luci e ombre dell'attentato al CCH e dei suoi effetti sulla società russa

Checché se ne dica, il massacro avvenuto a Mosca il 22/03 riguarda noi europei più di quanto immaginiamo. In queste settimane, tra speculazioni e propaganda, si sono sprecate le teorie in merito, soprattutto, alla longa manus che ha manovrato i terroristi per realizzare il proprio disegno. 



In assenza, per il momento, di prove certe possiamo comunque indagare insieme partendo dal principio: dei terroristi di nazionalità tagika, arrestati alcune ore dopo l’attentato, a parte uno, noto per crimini sessuali, nessuno aveva legami diretti con l’Islam radicale. Si trattava di lavoratori stagionali del settore agricolo che vagavano da mesi per i diversi stati della Russia in cerca ogni volta di condizioni migliori.

 

Uno di loro, tale Shamsidin Fariduni, durante l’interrogatorio degli agenti dell’FSB, ha dichiarato di essere stato reclutato su Telegram, circa un mese prima, da un predicatore ignoto che gli avrebbe commissionato la strage e il reclutamento di altri complici in Turchia per l’equivalente di 5000 euro. Non c’erano obiettivi specifici, l’ordine era solo causare più morti possibili.

 

Tuttavia, questa sarebbe stata una confessione plausibile se gli attentatori non fossero stati ripresi da alcune delle vittime: nei video ci saremmo dovuti aspettare, come accaduto tra il 2015 e 2016 in Europa, un comportamento da terroristi principianti. Buona parte dei foreign fighters legati all’Isis o ad al Al Qaeda, durante il loro “erasmus“ in Medio Oriente, ricevono giusto i rudimenti per maneggiare un’arma per essere poi vomitati nei loro paesi d’origine pronti all’uso: da un lato addestrare qualcuno al combattimento costa caro in termini di tempo e risorse, dall’altro è molto difficile trovare personale specializzato e disponibile a formarlo.

 

Quel venerdì sera, invece, abbiamo assistito a un film completamente diverso. Se osserviamo con attenzione è evidente come i terroristi siano stati addestrati con uno schema preciso: hanno neutralizzato prima le guardie, bloccato le vie di fuga e dato fuoco ai punti sensibili del teatro con munizioni incendiare; la fluidità dei movimenti, la posizione stabile in puntamento, il cambio caricatore tattico, il gibernaggio, niente blue on blue (fuoco amico)e nessun settore incrociato. Questo tipo di abilità richiedono una preparazione tecnica e un’oculata pianificazione strategica per annichilire le difese di un obiettivo. Parliamo di mesi.

 

È difficile concentrare questa formazione in poche settimane soprattutto per imparare da zero a muoversi in un contesto urbano, pieno di incognite e ostacoli. Nonostante l’adrenalina, può essere poi complesso gestire l’ansia e lo stress del momento mentre loro, al contrario, erano freddi, veloci e implacabili. Non proprio quattro illetterati morti di fame anche se alla fine sono fuggiti tutti nella stessa auto in maniera quasi fantozziana.

 

I russi hanno subito accusato l’Ucraina di essere complice se non addirittura la mente dell’operazione per due particolari coincidenze: in anzi tutto i terroristi sono stati intercettati e arrestati nella regione di Brjansk, mentre si dirigevano verso il confine tra Ucraina e Bielorussia; in secondo luogo, pochi giorni prima, in quella stessa zona, era stato fotografato, durante una ricognizione, Abdhulakhim Shishani, leader della frangia cecena di Isis-k, veterano della battaglia di Grozny, della guerra in Siria e oggi punto di contatto tra i servizi ucraini SBU e i combattenti ceceni in Donbass in funzione anti-russa, dei quali tra l’altro Shishani si occupa di gestire proprio l’addestramento. I ceceni hanno fatto scuola, infatti, nel combattimento urbano e nelle tecniche di sabotaggio.

 

Tuttavia, ciò che stona di questa narrazione è un coinvolgimento diretto dei servizi ucraini, i quali sono specializzati sì nell’utilizzo del terrorismo per i loro scopi, ma più che altro attraverso attacchi dinamitardi destinati soprattutto a obiettivi specifici (Daria Dugina e Vladlen Tatarskij docet) e svolti sempre da professionisti. Non ci sono precedenti di personale non qualificato soprattutto nell’ottica di un piano di attacco su civili inermi di questa dimensione.

 

Le tattiche asimmetriche hanno logica e metodo, anche se quando si tratta di improvvisazione è spesso un retaggio più mediorientale.  Se vogliamo inoltre indagare il rapporto tra la Russia e la comunità musulmana si tratta di una relazione storicamente conflittuale: Mosca è considerata dispotica e imperialista nei confronti delle regioni ribelli del Caucaso e, pur essendo la minoranza maggioritaria in città, la convivenza tra musulmani e russi è spesso complicata.

 

Se negli ultimi 20 anni la Cecenia, grazie al rigido controllo di Kadyrov, non rappresenta più una reale minaccia per la sicurezza nazionale, Daghestan e Inguscezia si sentono oppresse, emarginate e reclamano l’indipendenza attraverso attentati e sabotaggi, più o meno efficaci, e rifornendo con mezzi e personale i fratelli impegnati in Medio Oriente e in Africa.

 

Con l’intervento del 2016 nel confitto in Siria, provvidenziale per Assad, la Russia si é attirata l'odio di tutte le sigle più potenti dell'estremismo islamico. Eppure, non trattandosi di episodi recenti, potrebbe essere più difficile per Isis-k reclutare fanatici per realizzare un attacco di questa portata, quando accadde a Parigi e Bruxelles c’erano conflitti molto più attuali e serie responsabilità dell’Occidente.

 

Anche se l'intenzione dei mandanti era quella di scatenare il caos, attraverso una strage dalla solida pianificazione militare, hanno peccato di ingenuità o verosimilmente ignoravano l'anima profonda dei russi. I quali, piuttosto che cedere al panico, in tutti i momenti critici della storia nazionale hanno sempre fatto quadrato stringendosi gli uni con gli altri e dimenticando differenze e conflitti, lo dimostrano in questi giorni le file per donare il sangue, le raccolte fondi o la cancellazione di mutui e prestiti a tutte le famiglie delle vittime. Avendo poi una grande considerazione di sé, non si mettono in discussione, non si pongono domande né tantomeno cercano responsabilità nelle gravi falle della sicurezza.

 

Quando accadde in Europa ognuno di quei Paesi colpiti ha indagato nel profondo sulle ragioni e il contesto che hanno portato come esito finale quegli eventi, mentre in Russia no, ed è difficile che accada.

 

Nemmeno quando nel 1999, per liberare gli ostaggi del teatro Dubrovka, si utilizzò il gas per stanare i terroristi, causando la morte collaterale di molti civili, le inchieste successive caddero nel vuoto e l’opinione pubblica dimenticò in fretta. I russi sono terrorizzati dal caos e inconsciamente scelgono sempre ciò che può garantire loro sicurezza, anche a costo di accettare una limitazione dei loro diritti, di ignorare abusi, corruzione e violenze.

 

Putin governa incontrastato da 25 anni non per un regime di dittatura e terrore ma perché lui rappresenta il russo medio, con i suoi complessi, il suo orgoglio e lo spirito sociale. Lui pensa e agisce da russo nient’altro. È improbabile che l'attentato avrà effetti sulla sua figura di uomo forte e di difensore della Patria: c’è la seria possibilità che i russi possano perdonare questa grave negligenza e legittimare ancora di più le scelte del governo.

 

Ciò che può essere realmente grave è, se, anziché escludere le due piste autrici del massacro, SBU e Isis-k, si dimostrasse che entrambe si siano coalizzate in una partnership per colpire un nemico comune sulla pelle di civili innocenti. L’immagine dell’Ucraina ne uscirebbe gravemente danneggiata, passando da vittima a carnefice.

 

Eventualmente, starà ai popoli europei decidere se rimanere ipocriti, continuando a girarsi dall’altra parte, oppure iniziare a mettere in discussione sé stessi e la “grande vittima”.


Cesare Taddei

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