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Un uomo onesto: Sangiuliano è lo Stato

La difesa d’ufficio del Governo Meloni non ci interessa, ma è vero, se qualcosa non ci piace, può capitare, per opportunità ideale, che si scelga di tacere. Non siamo gente imparziale, se scriviamo - di certo - scriviamo quello che riteniamo vero, alle volte, però, riteniamo che non scrivere possa far più bene all’idea.



Ecco, se il Ministro Sangiuliano avesse sbagliato noi avremmo taciuto, gli errori e i sotterfugi, in politica, fino e non oltre un certo limite, vanno pesati insieme alle opere e alle idee. Ma il Ministro Sangiuliano è un uomo di Stato onesto, onesto come non se ne vedono quasi mai, e questo va celebrato.


Sangiuliano è hegeliano. In altre occasioni, detta dal sottoscritto, questa affermazione potrebbe essere qualcosa di molto vicino a un insulto, qui, invece, definisce un modo di comprendersi: Sangiuliano è Ministro, non più Sangiuliano, il Ministro è lo Stato, Sangiuliano è lo Stato.


Solo così si capisce il Libro di oggi (la rassegna libraria quotidiana del Ministro), dove, in un unico contenitore, si trovano, insieme, il reazionario – che parola tremenda – Nicolás Gómez Dávila e il giustificatore positivista d’ogni capriccio dell’ideologia liberal-democratica, Hans Kelsen; dove, in un unico contenitore, si trovano, insieme, Antonio Gramsci e Friedrich VOn Hayek o Giovanni Guareschi e Friedrich Nietzsche.


Solo così si capiscono le mostre nazionali, promosse con enfasi risorgimentale dal Ministro: Tolkien, Berlinguer, le riviste del ‘900, la memoria dei poveri italiani giuliano dalmati, il Futurismo. Tutti insieme. Solo così si capisce il licenziamento in tronco di quel povero collaboratore colpevole di aver sbagliato una data in un post di Instagram.


All’inizio non lo avevo capito. L’ecumenismo di Sangiuliano mi dava i nervi, io al Ministero volevo Veneziani, io con la destra al governo volevo un Ministero della Cultura di destra, per combattere – sia chiaro – decenni di cultura infame, non la cultura di sinistra.


Ho sorriso quando, durante questi anni, qualcuno ha accennato al MinCulPop, perché io il MinCulPop non lo vedevo, perché io il MinCulPop lo volevo per davvero, perché, per me, se decidiamo che il Ministero della Cultura esite, allora il Ministero della Cultura o è MinCulPop o, semplicemente, non è.


Poi, folgorato sulla via di Pompei, ho capito tutto. Il fastidio – e gli amici sanno che era fastidio vero – è passato e mi trovo qui a scrivere un’apologia del Ministro. Sangiuliano ha chiamato Rai 1 e si è fatto intervistare e nell’intervista ha raccontato tutto. Chi altro nella storia della Repubblica? Nessuno.


Ferito nell’orgoglio, perché per mezzo suo si attaccava lo Stato, non già il Governo, il Ministro ha parlato in diretta nazionale di una relazione affettiva extraconiugale, pur di poter dimostrare alla Nazione che nessun centesimo dei cittadini era stato speso per questa sua frequentazione, pur di tenere alto l’onore di uno Stato che di onore non ne ha più da tempo. Chi altro nella storia della Repubblica? Nessuno.


Certo, le gaffe indimenticabili. Gaffe da ridere di gusto, gaffe che passeranno alla storia – e a qualcuna ho anche assistito in diretta – ma l’eco di queste gaffe, accadute comunque, spesso, nel tentativo di pensare di più e meglio rispetto a tanti altri ministri della cultura (Dante padre della destra lo è davvero, non di quella hegeliana, ma lo è davvero), colpivano il gradimento pubblico dell’uomo più che l’integrità del Ministro e quindi che l’onore dello Stato.


Il lettore di questa brevissima apologia potrà pensarla ingenua, romantica o opportunistica, per quel che vale, vi dico che è sincera. Che ogni Ministro sia lo Stato come lo è Gennaro Sangiuliano.


Matteo Respinti

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